martedì 31 ottobre 2017

Il Trittico Mérode ovvero ogni particolare porterà alla conoscenza



Robert Campin, Trittico Mérode, 1427-32 olio su tavola, cm:118 x 64,5, New York,  Metropolitan Museum of Art

Questo dipinto di dimensioni raccolte ,giunse al Met di New York nel 1956, venduto dagli eredi della contessa Marie Nicolette de Merode che a sua volta lo aveva ricevuto in dono di nozze negli anni Quaranta del 1800.
Prima dove fosse non si sa.
Ma in questo piccolo altare il pittore ci racconta un mondo, quello delle floride Fiandre dei primi decenni del Quattrocento.
Non raccontiamo di Robert Campin, il misterioso Maestro di Flémalle, nato a Tournai e attivo tra il 1410 e il 1444; poco si sa di lui.
Limitiamoci a osservare il suo gioiello:
Scomparto centrale

Appena entrato nella casa, l'angelo Gabriele sta annunciando a Maria la buona novella.
Non l'ha fatto ancora, lo sta facendo in questo preciso istante: le sue labbra sono semiaperte, le sue vesti, luminose e rese ancor più preziose da un nastro ricamato con inserti di pietre dure, sono spiegazzate . Il suo repentino arrivo ha fatto spegnere la candela ; o forse la finestra aperta ha fatto riscontro?
Sul tavolo è posta una brocca di manifattura orientale con un giglio, simbolo mariano.
Un libro miniato, con le pagine svolazzanti , mostra quanto fossero preziosi e raffinati questi oggetti che, per essere conservati, avevano una borsa di stoffa riccamente decorata.
I raggi d'oro che giungono dall'oculo alle spalle dell'angelo, portano una figurina con la croce di Gesù; se seguiamo la traiettoria, vanno dritti verso Maria.
Il catino  per la toeletta è appeso ad una catena e fa ombra sul muro. L'asciugamano in lino di fiandra ha ancora le pieghe della stiratura; questi oggetti probabilmente sono sia simbolo di purezza che preannuncio al parto che allora, ovviamente, avveniva in casa
Sulla finestra , tra i vetri smerigliati, compaiono gli stemmi dei committenti, aggiunti forse successivamente; in origine la finestra era coperta da foglie d'oro .
L'azzurro del cielo venne dopo, nello stesso periodo della pittura sullo scomparto destro.

Nello scomparto di sinistra è raffigurato Giuseppe, il promesso sposo di Maria, nella sua bottega di  falegname; in quello di destra i donatori in ginocchio  , sembra osservino la scena dalla porta aperta.

Eccolo, questo tenero vecchietto intento al suo lavoro; tutti gli strumenti sono in evidenza e chiodi, tenaglie e martello sono monito a quanto accadrà a Gesù sulla croce.
E le trappole per topi, una sul banco da lavoro, l'altra sul davanzale della finestra, alludono agli scritti di sant'Agostino che identificava la croce come trappola per Satana.
I committenti?
Chi siano non si sa, certo è che queste scene intime come l'annunciazione o la bottega di Giuseppe, ben si adattavano ad un interno borghese ed erano exempla per vivere bene la propria esistenza terrena
Ogni cosa al suo posto , ogni oggetto minuziosamente descritto ( gli spilli a fermare il velo della donna!) ; tutto quello che si presenta alla vista, il particolare che si somma al tutto porterà alla conoscenza.
E perché tutto sia vero ,è necessario percepire tutti gli oggetti che la compongono ; lo spazio non è pensato con la nuova prospettiva matematica fiorentina , ma con una visione naturale dell'occhio
La luce della nuova rivoluzionaria pittura a olio è funzionale a tutto ciò e le tonalità cromatiche sono nette e livide, proprio come la luce del Nord.

Immaginiamo nelle case di Bruges, di Gand, questi gioielli che erano il vanto di una classe mercantile che usava l'arte per una fruizione domestica, a differenza dei colleghi fiorentini che mostravano in chiese affollate ,le pale d'altare,
Nord e sud, che qui sembrano così lontani, in pochi anni saranno tanto vicini; penso a Hugo van der Goes, a Beato Angelico,a Berruguete, a Piero della Francesca.
Ma questa è altra storia.

giovedì 3 agosto 2017

Messerschmidt e Munoz :double bind?

Cosa hanno in comune Xavier Franz Messerschmidt (1736-1783) e Juan Muñoz (1953- 2001) ?
Forse niente.
Forse qualcosa.

Juan Muñoz, Double bind, 2001
Entrambi scultori, entrambi viaggiatori,entrambi sperimentatori nei materiali. 
Entrambi morti alla stessa età 

Cosa sappiamo di Messerschmidt? Dopo la mostra a lui dedicata nel 2011 al Louvre qualche tassello si è riempito con più sostanza.
Nato in Germania, studiò all'Accademia di Vienna e dal 1760 ottenne commissioni dalla corte imperiale e dalla nobiltà

Xavier Franz Messerschmidt, Busto di Maria Teresa d'Austria
Nel 1765  , come conveniva ad un artista sulla breccia, si recò a Roma e chissà se qui comprò quel " vecchio libro italiano sulle proporzioni del corpo umano"  (dal quale mai si separerà) citato dallo scrittore Friedrich Nicolai che incontrò l'artista nel 1781.
Poi Parigi, Londra, Vienna...
Poi nel 1771 le avvisaglie di un malessere che lo accompagnerà fino alla fine
Di cosa soffrisse non si sa; sappiamo che il primo ministro, conte Kaunitz, sconsigliò al sovrano l'assegnazione della cattedra regolare di scultura, descrivendo Messerschmidt come un uomo turbato e con la testa in disordine
Altri hanno associato le sue "teste di carattere" come interpretazioni della teoria di Mesmer (1734-1815) , il quale sosteneva che le condizioni psicologiche e fisiologiche dell'uomo sono governate dalle forze magnetiche del sistema nervoso. Recentemente si è ipotizzato che  lo scultore tedesco soffrisse del morbo di Krohn e che dunque le espressioni facciali fossero prova provata della sofferenza corporea 

X.F. Messerschmidt, Teste di carattere, materiali vari
Forse lo studio più attento è quello di Rudolf e Margot Wittkower, Nati sotto Saturno, prima edizione 1963.
Nel capitolo dedicato a "Genio, pazzia,melanconia" un posto privilegiato lo occupa proprio lui e Wittkower per primo cerca di svincolare dal filone "follia" , lo scultore tedesco .
Non è vero, non è corretto pensare di leggere queste "teste di carattere" come opera di un folle ; in quasi tutte le teste riconosciamo l'espressione del riso, del disprezzo, del dolore, della rabbia, della noia e e tutte conservano la loro unità organica . Le produzioni degli psicotici - ci avverte Wittkower- invece comunicano ben poco senza una chiave verbale.
E nessuno scandalo se l'artista è capace di tenere un doppio registro , ufficiale e intimista o se si diverte nell'arte della fisiognomica.
E' piena la storia dell'arte di "divertimenti" ; da Leonardo a Carracci, da Bernini a Goya .
Leonardo, Caricatura di un uomo coi ricci, 1494 ca., penna e inchiostro, Los Angeles, the J. Paul Getty Museum
Inoltre l'estro, il ghiribizzo, è caratteristica del bizzarro Barocco e del suo figlio Rococò 
Non sapremo mai cosa spinse Messerschmidt ad ideare dal 1770 fino alla sua morte questo campionario di espressioni umane e possiamo addentrarci , come è stato fatto, in letture psicanalitiche che però non hanno risposta e sono anche queste dei "divertimenti"

X.F. Messerschmidt, Teste a becco, Vienna, Osterreichische Galerie Belvedere

E Juan Muñoz?
Enciclopedico
Accademico
Storyteller
Definiamolo "solo" così
La Spagna franchista sta stretta al giovane artista che , all'età di 18 anni fugge a Londra. 
Gli si apre un mondo, fatto di antico e moderno e queste contaminazioni lo portano a mostre in cui al primo posto sono le forme e i materiali.

Juan Muñoz, Conversation piece,1996, resina, cavo di metallo, misure variabili,prima esposizione Dublino ,Museum of modern art
In Conversation piece l'artista dà vita ad una meditazione sulle tanto amate figure danzanti di Degas e le figure, ritratte in pose dinamiche o in momenti di ascolto, danno vita a una folla che interagisce con lo spettatore enfatizzando ancor di più la solitudine e la difficoltà a tendere verso gli altri; in questa e in altre opere di Muñoz, i piedi sono assenti.
Ma è in Many times che l'artista spagnolo esaspera il tema della solitudine e chiede a noi di interagire- spiazzati- con il tema dell'altro, del lontano, così uguale, così diverso.
Juan Muñoz, Many times, 1999( particolare), resina poliestere, dimensioni variabili
Questo popolo simile ai guerrieri di terracotta è formato da un centinaio di personaggi, tutti uguali - lo stesso artista ammise di aver preso spunto da un busto in ceramica Art Nouveau- tutti diversi nelle espressioni.
Cristallizzati in movimenti impossibili (i piedi sembrano inghiottiti dal pavimento) chiamano noi a"confrontarsi con un senso di solitudine e di smarrimento di fronte a ciò che percepisce come estraneo e "altro" da sè " (Vicente Teodoli,2015)
Juan Muñoz, Many times,particolare
Il colore è superfluo, quasi di impaccio, per la scultura , ma nell'opera di Munoz, le tante sfumature di grigio son dovute anche al suo daltonismo.
Questi ghigni, questo riso amaro sulla condizione umana, sono forse il doppio legame psicologico (double bind appunto) tra l'opera dell' spagnolo e quella del tedesco

Juan Muñoz, Double bind, 2001, vetroresina, metallo, legno, Tate Modern Londra


lunedì 29 maggio 2017

Bauhaus, ovvero la repubblica dello spirito


Weimar, 1919.
Nei due edifici progettati anni prima dal belga Henry van de Velde per la scuola  superiore granducale di arti figurative e per quella di arte applicata nasce il Bauhaus.
Walter Gropius , già famoso architetto, ha il compito di riformare scuola d'arte e mestieri e il "fare architettonico"
Nasce la  "casa del costruire" - questa la traduzione di Bauhaus.
Sin da subito l'intento era quello di proseguire la strada tracciata qualche anno prima da William Morris e le sue Arts and Crafts ; il nobile credo di Morris- dare a tutti la possibilità di possedere un bell'oggetto- si era scontrato con la realtà.
Tra la fase progettuale e quella realizzativa , troppi erano i passaggi e così l'oggetto- carta da parati, lampade, poltrone- alla fine non era più così a buon mercato.
Invece all'interno della scuola si pensava l'oggetto, si discuteva la sua funzionalità, si produceva l'oggetto stesso in più esemplari
Ecco il design!
Quali i corsi?

  • quello di tessitura
  • di ceramica

  • di falegnameria
  • di metalli
  • di grafica
  • di editoria
Il sistema- Gropius prevedeva la compresenza di due maestri all'interno di ciascun laboratorio, un "maestro artigiano" cui era affidata la formazione tecnica degli allievi e un "maestro della forma", cioè un artista che doveva  definire gli obiettivi artistici della ricerca degli studenti.
E i maestri erano Kandinskij, Klee, Feininger, Schlemmer, per citare i più famosi.
Ma il corso da cui tutto doveva partire era quello di Johannes Itten ; solo,dopo aver frequentato il semestre preliminare, il Consiglio dei maestri avrebbe valutato l'opportunità di ammettere gli studenti alla scuola e di assegnarli ad uno dei laboratori.
Il "sistema Itten" era rivolto a liberare le energie creative degli studenti , attraverso la sinergia di forze e capacità diverse , da quelle fisiche a quelle intellettuali e morali
E l'armonia del colore era l'ultimo passo
Johannes Itten, Cerchio cromatico

La mostra che si tenne a Weimar nel 1923 diede la possibilità alla scuola di mostrare a tutti cosa si facesse lì dentro ; e gli oggetti prodotti, che erano in vendita e davano la possibilità di finanziare la scuola stessa, erano un connubio riuscito tra arte e mondo esterno, tra la fase progettuale del disegno e quella realizzativa dell'industria.
Herbert Bayer, Manifesto per la prima mostra Bauhaus, 1923
Si andò a elezioni regionali in Turingia , vinse lo schieramento conservatore e il Bauhaus fu costretto a lasciare Weimar.
Erano indesiderati
Vennero accolti a Dessau e in pochissimo tempo sorse la scuola disegnata da Gropius
Semplice, moderna, con una palafitta che sopraelevava aule e laboratori per far passare la strada: la scuola deve aprirsi alle nuove esigenze
Inoltre le tre elle che si intersecano ,danno l'idea di un'elica, sempre in movimento.
Ecco alcuni oggetti Bauhaus
Marcel Breuer, Poltrona Wassily, 1925
Ci credereste che ha cent'anni e vive grandi fasti ancora oggi?
Il materiale è acciaio anodizzato, come quello del telaio delle bici; infatti l'idea gli venne  guardando Kandinskij che si spostava in bicicletta. Niente imbottitura ma solo cuoio facile da pulire, seduta inclinata per costringere il fruitore alla corretta postura, facile da impilare e trasportare.
L'oggetto moderno della vita moderna.
Oppure 
Marienne Brandt, teiera, 1924

l'elegante teiera prevista dalla designer in due esemplari di materiali diversi. in argento nichelato e avorio o in acciaio e altro legno; ecco l'attenzione al target.
La vita di questa fucina di idee fu breve
Gropius lasciò la direzione della scuola nel 1927; a lui subentrò Hannes Meyer che aprì le porte della scuola senza selezione. Il sovraffollamente, l'impostazione fortemente politicizzata e filocomunista in una Germania che stava prendendo altra direzione, portò l'allontanamento di Meyer che fu sostituito da Ludwig Mies van der Rohe , direttore a Dessau dal 1930 al 1932 e poi a Berlino nel 1932 e 33.
La salita al potere di Hitler e del nazionalsocialismo sancì la definitiva chiusura della scuola. 
Tutti furono costretti a fuggire
Gropius, Mies van der Rohe, Meyer andarono in America e gettarono le solide basi del Movimento Moderno; Kandinskij andò in Francia, Itten e Klee tornarono in Svizzera, dove li raggiunse anche Schlemmer
Il Bauhaus non si era dissolto come neve al sole; ci ha regalato capolavori di modernità e il credo fortissimo della forza della cultura. 
Che passa a volte attraverso l'utopia
Mies van der Rohe e Philip Johnson, seagram Building, New York, 1958



sabato 29 aprile 2017

Una "Tempesta" che squarcia le mura : Giorgione a Palazzo Vendramin


Una piccola tela - e il piccolo formato gioca parte importante- dipinta per Gabriele Vendramin.
E' La tempesta di Giorgione.
In questo spazio ne avevo riassunto i temi nel novembre 2013, oggi ne do un'interpretazione che è un "capriccio" e dunque lieve. non ripercorro né la storia -lunghissima- del ginepraio dei significati e neppure quello della tecnica.
Partiamo dal contesto

Nessuno ha mai messo in dubbio il passo di Marcantonio Michiel tratto dalla Notizia d'opere di disegno in cui si cita e l'opera di Giorgione (il paeseto ) e il committente che aveva La Tempesta nella sua residenza , il Palazzo di santa Fosca o meglio Palazzo Vendramin.
Palazzo Vendramin, Fondamenta di ca' Vendramin n° 2400

Il ricco veneziano che qui aveva dimora, era ricordato "amantissimo della pittura, della scultura e dell'architettura" da Jacopo Sansovino (1486-1570)  nel suo libro postumo Venetia del 1581
E il palazzo in questione  (oggi riattato al albergo) aveva il "camerino delle anticaglie" che conservava opere preziosissime che andavano da Giorgione a Jacopo e Giovanni Bellini, a Tiziano.

Proprio Tiziano  dipinse questo capolavoro 
Tiziano, La famiglia Vendramin , 1540/45,cm. 206 x288, olio su tela, Londra National Gallery
Probabilmente fatto per l'interno del Palazzo (e durante l'esecuzione il dipinto fu tagliato forse perché il committente decise diversa collocazione) , ritrae al centro Andrea Vendramin (1481-1547) e al suo fianco il fratello minore Gabriele (1484-1552) circondato dai suoi sette figli.
Sull'altare fa bella mostra il reliquiario della vera croce a Venezia, tuttora conservato nella scuola di san Giovanni Evangelista .
L'oggetto sacro era vanto della famiglia , che ne era entrata in possesso in circostanze "misteriose" più di un secolo prima.
Insomma, Gabriele Vendramin amava l'arte e amava circondarsi di belle opere.
Per un attimo proviamo a ricollocare  la piccola Tempesta  in uno degli interni del palazzo 
sala di Palazzo Vendramin

Sala di Palazzo Vendramin
Sala di Palazzo Vendramin
Come si evince da queste immagini, il Palazzo ha subito nel corso dei secoli rimaneggiamenti nelle decorazioni e sicuramente negli infissi.
Una cosa non è cambiata, qui come nella stragrande maggioranza delle residenze veneziane: i soffitti sono bassi, o almeno non hanno le altezze dei palazzi coevi della terraferma; il motivo è evidente.
Venezia era città popolosa : si stima che tra il 1509 e il 1540 i residenti della Serenissima fossero tra i 115.000 e i 130.000 (fonti - da censimenti che a scadenze ravvicinate si facevano- Correr, Codice Cicogna n°3638 e Gallicciolli, Delle memorie venete antiche).
Solo Napoli era più popolosa -150.000 : Londra arrivava a 70.000
Le case dunque dovevano essere tante in poco spazio; tanti i piani, bassi i soffitti.
Immaginiamo allora il piccolo dipinto di Giorgione (ah! le sue cinquanta sfumature di verde!) come un trompe l'oeil , un'altra finestra  che mostra in lontananza uno scorcio di città sull'acqua
Giorgione , la Tempesta, 1506, cm. 82 x 73, olio su tela, Venezia , Gallerie dell'Accademia

Del resto era usanza in quegli anni nelle terre venete - e non solo- abbellire le  dimore in esterno ed interno e renderle attraverso l'artificio della pittura , ancora più ricche sia nella simulazione di materiali , sia nella dilatazione degli spazi.
La mente non può non andare alla Camera picta  di Andrea Mantegna, che ci appare così mastodontica sui libri e che in realtà è un piccolo scrigno
Andrea Mantegna, Camera picta, 1465-74, tecnica mista, Mantova, Castello di san Giorgio

O anche il criptico fregio che Giorgione stesso dipinse nella sua casa a Castelfranco Veneto e che, correndo in alto sotto il soffitto a travi di legno, costringe lo spettatore ad alzare lo sguardo e dunque a immaginare una dilatazione spaziale
Museo Casa di Giorgione a Castelfranco. Sala del fregio delle arti liberali e meccaniche
E lì, vicino a Palazzo Vendramin, nel 1508 Giorgione e il suo giovane allievo Tiziano avevano dato lustro in esterno e in interno al Fondaco dei Tedeschi. 
Purtroppo quasi nulla ci è rimasto dei dipinti.
Giorgione, La nuda, 1508, affresco strappato dal Fondaco dei Tedeschi, oggi alla Ca' d'oro , Venezia

Questa donna nuda, armoniosa nelle forme ,rappresentazione certa di una virtù, non può ricordarci la "zingara" della Tempesta , nella piccola tela inserita in una natura quieta a dispetto del fulmine 
Il verde, si sa,  è colore dell'equilibrio , tanto amato da Giorgione a differenza del freddo blu, da lui utilizzato col contagocce.

Insomma, qui si mostra in lontananza un polmone verde che la città lagunare mai ha avuto e questa piccola tela  allieta la residenza del giovane Gabriele poco più che ventenne, con una famiglia che sarebbe stata numerosa.
Chissà allora se quella prosperosa donna che guarda verso di noi non sia un auspicio - poi realizzato- di prosperità (auguri e figli - ben 7-maschi )
E chissà se quel soldato che posa lo sguardo verso di lei non alluda ad imprese militari della casata che avrebbe portato il vessillo del leone di san Marco anche verso terra e non solo via mare
E' un divertimento, ve l'ho detto..
Però e bello pensare allo squarcio prospettico sulle mura di palazzo Vendramin


sabato 1 aprile 2017

"Baciami con i baci di tua bocca" , ovvero Il Bacio di Klimt

Gustav Klimt , Il bacio, 1907-1908, olio e foglia d'oro su tela, cm 180 x 180, Vienna , Osterreichische                                                                       Galerie Belvedere

Che anni quegli anni!
In una Vienna che regala gli ultimi colpi -elegantissimi - di coda di quella che è davvero la finis Austriae , Klimt è il protagonista assoluto.
Nel 1908 si inaugura la Kunstschau Wien , enorme spazio espositivo all'interno del Konzerthaus nel quale si sarebbero celebrati i sessanta anni di regno dell'imperatore Francesco Giuseppe I.
E' Klimt che pronuncia il discorso inaugurale e afferma: " Noi definiamo artista  non solo chi crea ma anche chi sa godere quanto è stato creato, rivivendo con la sua sensibilità l'atto creativo e conferendo così all'opera d'arte una dignità nuova"
      (da G.Klimt,, Lettere e testimonianze, a cura di E. Pontiggia, Milano 2005)
Insomma , il pittore viennese che vive davvero  il periodo più felice, è consapevole del proprio status artistico che anche il Governo gli riconosce.

Il bacio  fu esposto per la prima volta proprio in tale occasione e fu la "stella " dell'evento, tanto che il Ministero della Cultura lo acquistò per 25.000 Corone.

In un evanescente fondo oro ottenuto con foglie del materiale prezioso, due amanti si scambiano gesti d'affetto.
L'uomo sovrasta la donna che invece si abbandona totalmente al bacio . Gli occhi sono chiusi, le mani di lei le pensiamo posate in corrispondenza del cuore dell'uomo.
Egli ha i piedi ben saldi per terra, o meglio su un prato fiorito di botticelliana memoria  ( e si ricordi che proprio qualche anno prima, nel 1893 , Aby Warburg aveva fatto scoprire all'occidente  , le opere del pittore fiorentino che fino ad allora non erano affatto note)
La donna invece è in ginocchio, coi piedi al di fuori della nuvola fiorita; è come se lei fluttuasse in un sogno a colori
I colori, ecco.
Certo, l'oro.
E sì, è vero, Klimt era stato a Ravenna e aveva ammirato i mosaici luminosi e cangianti di san Vitale, ma non è vero che questo è il periodo aureo.
Klimt ha sempre amato l'oro, sinonimo di ricchezza e misticismo; si veda per esempio
G. Klimt, L'antico Egitto, 1891-92, decorazione del salone centrale del Kunsthistorisches Museum,                                                                                 Vienna

o la prima versione (1901) della Giuditta , conservata anche questa al Belvedere di Vienna : oro a profusione anche nella cornice a sbalzo, opera del fratello Georg
Quindi oro
Però le vesti dell'uomo e della donna sono diverse; se per l'uomo Klimt utilizza solo il bianco e il nero racchiusi in spigolose forme, per la donna al contrario , tutti i colori sono utilizzati e i ricami dell'abito disegnano linee sinuose.
E' come se Klimt ci mostrasse i due modi diversi di amare : quello della donna ,totalizzante e fortissimo nelle passioni.
Quello dell'uomo, razionale anche nel momento del bacio e dunque dell'abbandono.
E mi son sempre domandata per questo dipinto in particolare ma anche per tutte le opere famose che celebrano l'incontro delle labbra (da Amore e Psiche di Canova al Bacio di Rodin) : GLI UOMINI BACIANO CON GLI OCCHI APERTI ?



                                                               Forse la risposta è si

martedì 21 febbraio 2017

da Thonet a Magistretti . Mettiamoci comodi


Parliamo di sedie e mettiamoci comodi

Non prendiamola alla lontana, che so, dall'antica Roma o dalle sedute rinascimentali (si veda dove è seduta la Gioconda o papa Giulio II nel malinconico ritratto di Raffaello )
Mettiamoci comodi e cominciamo dal 1840, anno più , anno meno.
Siamo a Vienna e l'ebanista Michel Thonet mette a punto un nuovo modo di lavorazione del legno trattato con colla bollita e curvato tramite vapore a alte temperature ; in questo modo i mobili in legno conservavano la lucentezza del materiale naturale e acquistavano forme morbide ,nuove e sinuose.
E così grazie al principe Metternich , Thonet e figli iniziano a lavorare in palazzi nobiliari e a decorare caffè viennesi alla moda con lei
Michel Thonet, Sedia n° 14 , 1859
Materiale facilmente reperibile -legno e paglia per la seduta (la famosa decorazione in paglia di Vienna !) maneggevole, poco costosa : la piccola ditta diventa fabbrica e nel corso degli anni gli stabilimenti si moltiplicano . 
Ancora in produzione, possiamo dire che sia davvero un successo planetario che persino Picasso nel 1912 celebra nel suo famoso dipinto


Pablo Picasso , Natura morta con sedia impagliata,1912, tecnica mista, Parigi, Museo Picasso

E in Inghilterra?
William Morris, il padre del design, dà vita al movimento delle Arts and crafts e nel suo laboratorio si progettano, disegnano e poi si danno per la realizzazione mobili, stoffe, e sedie.



William Morris & co. , Sedia, 1865, legno verniciato di nero, Parigi, Museo d'Orsay

Questa Sussex chair, forse disegnata dal pittore preraffaellita Ford Madox Brown è maneggevole, dall'aspetto rustico e raccomandata per il prezzo vantaggioso.
Rimase in produzione fino alla Grande Guerra.
Sempre Inghilterra; siamo a Glasgow , luogo in cui  Charles Rennie Mackintos , architetto e designer , progetta le sue famose sedie dal lungo schienale  (ancora in produzione da Cassina )
Charles Mackintosh, Sedie, 1898-1902,legno verniciato e altri materiali

Direste che hanno più di cent'anni? Modernissime, con un concetto altrettanto nuovo: una sedia non è solo una sedia, è un'opera d'arte.
Provate a mettere solo la Hill House, la sedia al centro con la seduta rossa, in una stanza.
Basta quella per arredare.

La prima sedia ergonomica? l'ha progettata Antoni Gaudì per la famiglia Batllò

Antoni Gaudì , Sedia Batllò, 1907 ,rovere massiccio, in produzione
Niente linee rette ma una seduta "avvolgente " e comoda e i prolungamenti ai lati dello schienale della sedia agevolano l'impugnatura. Le forme, per questo architetto che amava il creato, non possono che essere il più vicino alla natura, dove lo spigolo vivo non esiste.

Germania uguale Bauhaus
Marcel Breuer, Poltrona Wassily B3 , 1925, tubi di acciaio nichelato e tessuto Eisengarn nero, Parigi centro Georges Pompidou
Su cosa sia stato il Bauhaus, qua non possiamo affrontarlo; ci svierebbe (anche se sarebbe una bella deviazione...) ma tutti gli oggetti nascevano dal confronto tra allievi e professori, tra maestri artigiani e maestri della forma.
Ogni essenziale elemento ha una sua ragione. Breuer disse che l'ispirazione la ebbe guardando i tubi della bicicletta con cui Kandinskij  raggiungeva la scuola ( questi erano i professori!) e così chiese alla ditta di tubi d'acciaio  Mannesmann di svelargli il segreto della piegatura dell'acciaio.
Qui dunque costruì  il prototipo : maneggevole, inclinata correttamente per permettere il riposo alla schiena e libertà alle gambe , realizzata in materiale leggero e facilmente lavabile (perché  la stoffa senza imbottitura? ma per evitare allergie!) , è ancora in produzione .
Comodissima! 
Breuer , a onor del vero aveva preso ispirazione per l'inclinazione della seduta dalla sedia Rìetveld
Gerrit Rietveld , Sedia rossa e blu,1917, legno laccato
Anche questa in produzione, riprende i dipinti di Mondrian , che insieme  a Rietveld aveva fondato De Stijl .
Ancora Bauhaus, questa volta Mies van der Rohe


Mies van der Rohe, Sedia Barcellona, 1929 ,acciaio cromato e cuoio
All'esposizione universale di Barcellona del 1929 , il padiglione tedesco, capolavoro di arte nuova, è affidato in toto a Ludwig Mies van der Rohe, e anche l'arredamento è opera sua.
La sedia confortevole e "minimalista" , presenta qualcosa di antico - il chiasmo delle gambe- e tanto moderno. Il "less is more" di Loos è ingentilito perché non esiste solo la funzionalità , prima viene la bellezza.

Stesso anno, altro architetto.
Le Corbusier, Chaise longue, 1928 , acciaio, pelle
Questo oggetto è formato da un piedistallo in acciaio nero e una culla (sì , si chiama proprio così) basculante e reclinabile a seconda delle esigenze del fortunato fruitore ; se si vuol leggere in poltrona,  la culla sarà più lata, altrimenti per un dolce sonno si fa slittare leggermente più in basso.
Inutile dire che è ancora in produzione. Inutile dire che i suoi quasi cent'anni non li dimostra affatto.

Altra aria di rivoluzione: potere all'immaginazione ! E' il 1968 e tre giovani designer , Franco Teodoro, Cesare Paolini e Piero Gatti inventano lei, la poltrona che grazie allo sketch di Paolo Villaggio, fu ribattezzata Poltrona Fracchia 

Teodoro, Paolini, Gatti , realizzazione  Zanotta, Poltrona Saccorosso, 1968, materiali diversi

Il successo fu immediato; portato a Parigi alla fine di gennaio 1968 (vuoi dire che ha preannunciato il Maggio francese?) , il sacco fece impazzire la critica 
Son passati quasi cinquant'anni, milioni gli esemplari venduti, tanti i musei che la espongono, forse grazie anche a Giandomenico Fracchia
Ultima 
Vico Magistretti, Sedia Maui, 1996, plastica e acciaio, Kartell
E siamo tornati alle linee tonde della Thonet, ma al posto del rigore austroungarico, ecco i colori- tanti- del mediterraneo
Sedetevi comodi.