sabato 8 agosto 2020

"Nel particolare si rivela Dio" Francesco Borromini e il suo San Carlo alle quattro fontane

 Ordine della Santissima Trinità...

Fondato agli inizi del Duecento dal provenzale san Giovanni de Matha ( la missione era liberare i cristiani soggetti alla schiavitù) , fu riformato dopo il Concilio di Trento e divenne Ordine dei Trinitari scalzi per approvazione di papa Clemente VIII

Quattro frati spagnoli furono inviati a Roma nel 1609 per aprire una casa procura. Trovarono un luogo tra un crocicchio di vie ( tra la via Pia e la via Felice , oggi via del Quirinale) , a pochi passi dal Palazzo pontificio.

Con i mezzi, pochi, che possedevano, costruirono alcune celle e una piccola chiesa dedicata- prima al mondo- a san Carlo, canonizzato nel 1610.

E qui arriva Francesco Borromini

Francesco Borromini , San Carlo alle quattro fontane, 1634- 1660, Roma

Era nato vicino Lugano - a Bissone - nel 1599 ma poi si era subito trasferito a Milano ( il Canton Ticino, ancora oggi, fa parte della Diocesi di Milano)  e come scalpellino aveva lavorato alla Fabbrica del Duomo

Poi nel 1620 giunse a Roma, cambia il nome, non più Francesco Castelli ma Borromino, forse per devozione a Carlo Borromeo

Qui lavorò presso il cantiere di san Pietro , che era in mano al ticinese Carlo Maderno ma  alla  sua morte nel 1629 ,prese  la direzione dei lavori Gian Lorenzo Bernini .

Borromini e Bernini avevano già lavorato insieme sia a Palazzo Barberini sia nel progetto per il Baldacchino di san Pietro ma la loro concezione del fare artistico era totalmente diversa ; artigiano consumato, Borromini disprezzava le lacune tecniche di Bernini che considerava gli arzigogoli del rivale degni ( quindi indegni) dei modi gotici

Così nel 1633 Borromini,  rescinde il contratto e finalmente nel 1634 progetta la sua "opera prima" , San Carlino.

Quali i problemi da affrontare ? 

Lo spazio ristretto

Il desiderio della committenza di avere convento ( celle, refettorio, biblioteca) e chiesa

Pochi soldi a disposizione

Bella sfida: pensare in piccolo per fare qualcosa di grande !

Il primo intervento fu il chiostro, iniziato nel 1638.


Francesco Borromini, il Chiostro di San Carlo alle quattro fontane ,1638
Un cortile rettangolare con al centro un pozzo , è circondato da colonne binate  sormontate da un sistema alternato di arcate e architravi ; gli angoli smussati dilatano lo spazio. Niente è lasciato al caso: la semplicità delle colonne tuscaniche è specchio della semplicità dei Trinitari scalzi ma no deve trarre in inganno. Borromini prevede delle varianti : nel loggiato i capitelli diventano ottagonali e la balaustra presenta un alternarsi e un rovesciamento dei pilastrini . persino il coronamento in ferro del pozzo al centro del cortile fu pensato più e più volte dall'architetto, come mostra il foglio con le varianti ( e nessuna di queste fu poi utilizzata ...)
Francesco Borromini, schizzi per il coronamento del pozzo di san Carlino
Lo stesso gioco di spazi dilatati è presente, ma in maniera molto più scenografica ,nell'interno , iniziato nel 1641



Pianta di san Carlo alle quattro fontane

La pianta è qualcosa di nuovo , centrale ottenuta dal ribaltamento di un triangolo equilatero che forma un rombo dagli angoli smussati e se le pareti danno ritmo allo spazio , grazie alle membrature che si incurvano, la cupola è da lasciare letteralmente a bocca aperta

Francesco Borromini, Interno di san Carlo alle quattro fontane, 1641

 La simbologia trinitaria è evidente sia dalla pianta ma anche in ogni pilastro che ha tre nicchie e ogni nicchia tre conchiglie, e al centro della cupola la Trinità è simboleggiata dalla colomba dello Spirito santo all'interno del triangolo equilatero

Cupola di San Carlo alle quattro fontane

Qui tutto l'ingegno di Borromini si nota nelle strutture portanti e nei dettagli , nel grande e nell piccolo insomma

La cupola ovale si raccorda alle quattro arcate absidali tramite pennacchi che mostrano anch'essi rientranze e sporgenze e la decorazione interna della cupola , fatta di ottagoni, croci, esagoni simili alle celle di un alveare , riesce a dare l'illusione di uno spazio dilatato . A questo concorre anche il colore .

Se nelle chiese barocche coeve ha la meglio l'oro, qui domina la purezza del bianco che amplifica col suo chiarore uno spazio in altezza di soli 56 metri !

E' un'opera quasi astratta nelle sue decorazioni , quasi a voler sottolineare la forza di una fede che non necessita di icone e di una religiosità che ha bisogno di tornare alle origini

Forse non è solo una comunanza "di territorio" che fa scegliere a Borromini dei rimandi  lombardi come l'interno della Basilica di san Lorenzo a Milano, chiesa paleocristiana per eccellenza

Basilica di San Lorenzo a Milano, Interno


E poi la facciata iniziata dopo il 1660 , quasi testamento artistico di Borromini che non ne vide il completamento

 

E qui tutto il gioco che nel chiostro, all'intero della chiesa mostrava questo spazio fluido, è celebrato grazie alle colonne giganti che sporgono e alle nicchie che arretrano; la sua triplice flessione già ci fa presagire lo spazio all'interno.

Insomma ha una funzione evocativa

Come se poi , alla fine della sua vita, Borromini avesse voluto riappropriarsi dei ricordi architettonici della sua Lombardia ; ecco che le tante facciate a cartone ondulato che poi saranno una hit del barocchetto lombardo prendono spunto da qui ma a sua volta dalla facciata del Collegio Elvetico (oggi archivio di Stato) di Milano, voluto dal Cardinale Federico Borromeo e realizzato da Fabio Mangone , capomastro del Duomo di Milano, presso cui Francesco ragazzino aveva mosso i primi passi


Fabio Mangone,  Collegio Elvetico (palazzo del Senato), 1613, Milano

E' un cerchio che si chiude 



sabato 1 agosto 2020

La rivoluzione realista di Annibale Carracci : La bottega del macellaio

La famiglia Carracci tanto deve alla professione del macellaio .
Ludovico (1555- 1619) era figlio di un macellaio, Vincenzo che sicuramente contribuì economicamente a quello "scatto sociale" che permise  a lui e ai suoi cugini Agostino (1557 - 1602) e Annibale  (1560 - 1609) di fondare la prestigiosa  Accademia degli Incamminati a Bologna.

Annibale Carracci, Autoritratto con altre figure ,1593 ca. , olio su tela,
cm.60 x 48, Milano Pinacoteca di Brera
E se  Ludovico e Agostino  si vergognavano della professione dei loro parenti, Annibale invece da lì partì e cercò di nobilitare attraverso due sue opere il mestiere dei beccai.

Procediamo con ordine.

Uno dei primi a dipingere una scena chiaramente di genere legata alla macelleria  fu il pittore bolognese Bartolomeo Passerotti (1529- 1592) presso la cui bottega si formò proprio Annibale

Bartolomeo Passerotti, La macelleria , 1577 , olio su tela,
cm. 112 x 152, Roma , Galleria Nazionale di Arte Antica 

Due macellai, in pose sbilenche , sono rappresentati tra pezzi di carne e attrezzi del mestiere . I loro volti mostrano difetti fisici ( si veda soprattutto il beccaio sulla destra) e vogliono indurre alla risata, 
La figura dei macellai era oggetto di dileggio perché erano lavoratori che curavano poco il loro vestiario e erano sporchi.
Il bianco , nell'opera di Passerotti , è quello della carne; le camicie dei due sono di un colore spento e compaiono qua e là _ sul coltello, sul bancone- macchie di sangue.
Orrore! il sangue nei dipinti era esibito solo per il martirio dei santi o per la morte di Cristo !

Era una moda tenersi in casa tele che ammiccavano a significati anche sconci e popolari , si vedano gli interni del pittore cremonese Vincenzo Campi, uno specialista in opere che mescolavano realismo e allegorie.

Vincenzo Campi, Pollivendoli, 1578-81, olio su tela
cm. 147 x 215, Milano, Pinacoteca di Brera

Annibale Carracci non fa così



Annibale Carracci, La macelleria, 1580, olio su tela, cm. 60 x 71 ,
Fort Worth, Kimbell Art Museum 
In questa prima opera è evidente che Annibale cerchi di entrare in relazione con l'opera del maesto Passerotti . Anche qui due sono i macellai ma a figura intera e i gesti dei due lavoranti non solo sono quelli sapienti di "addetti ai lavori" ma hanno una dignità che le figure del Passerotti non possiedono.
Le loro vesti sono pulite , non c'è traccia di sangue ,sulla trave in altro a sinistra  compare il listino prezzi e il gesto del beccaio è molto simile a quello di un cavaliere pronto a sfoderare la spada.
E' un'opera simmetrica, ordinata, la gamma cromatica è misurata e la bravura di Annibale si nota soprattutto nella figura a sinistra, aggiunta senza disegno preparatorio quando il bancone era già stato dipinto e completato.
L'attenzione al "vivo" , per usare proprio un'espressione di Annibale, si nota nella precisione dei tagli di carne ( così non è nell'opera di Passerotti ) e nelle screpolature dell'intonaco che fanno vedere i mattoni.

Sappiamo dall'opera di Cesare Malvasia che i rapporti tra maestro - Bartolomeo Passerotti- e allievo - Annibale- si erano guastati 

Cesare Malvasia , frontespizio del libro   Felsina pittrice, 1678

Due sostanzialmente i motivi di "fastidio" nei confronti di Carracci: sicuramente la concorrenza ma anche  l'aver "copiato" alcune invenzioni del maestro

Se così può essere per la Piccola macelleria di Fort Worth, così non  è per la seconda e più famosa opera 

Annibale Carracci, La bottega del macellaio,1585, olio su tela, 
cm. 190 x 272, Oxford, Christ church
I committenti di questa grande tela? Un enigma
Forse l'opera era per una nota famiglia bolognese - i Canobi- proprietaria dei locali di una delle grandi macellerie della città
Ma le ricerche d'archivio non hanno ad oggi dato risultati

Quattro i momenti fondamentali qui raffigurati
Dal centro in basso è come se l'opera si "avvitasse"a cerchio da destra a sinistra

Al centro è rappresentato il momento cruciale, l'attimo prima di sferrare il colpo per l'uccisione dell'animale.
Il giovane macellaio chinato gira la testa verso l'alto  e ci offre il verso di lettura dell'opera
La capra è ancora viva, il sangue non c'è, i grembiuli sono lindi.
Il gesto del giovane beccaio  non è per nulla scomposto, anzi molti hanno notato come sia simile al Sacrificio di Noè  di Raffaello alle Logge vaticane  che Carracci conosceva attraverso l'incisione di Marco Dente 

Marco Dente, Il sacrificio di Noè , incisione da Raffaello

Dietro il ragazzo fa capolino un cane . Aspetta qualche osso
Il secondo macellaio è intento ad appendere a un gancio una mezzena di vitello.
I suoi gesti sono studiatissimi e molto più riosciti e meno "ingessati" rispetto al macellaio della prima opera.
E' come se Annibale avesse ormai acquisito esperienza e bravura e si fosse "corretto" delle imperfezioni presenti nella prima Macelleria.

Il terzo macellaio è al centro ma dietro il bancone, pronto a steccare la carne con rametti aromatici . La vecchia al suo fianco attende la consegna
Infine il quarto lavorante  pesa sulla stadera il pezzo di carne che la guardia svizzera -Bologna era nello Stato della Chiesa- sta per acquistare. Il soldato sta per prendere dalla scarsella il denaro .
Avrà sicuramente controllato i prezzi riportati meticolosamente sul foglietto posto sulla trave in alto a destra 
Tutto qui  è realtà, a differenza dell'opera del Passerotti  e se l'attenzione al vivo non permetteva ad Annibale di dipingere i macellai con abiti pretenziosi, tutto doveva essere pulito e gradevole alla vista
C'è inoltre un ribaltamento del "comico" che non è nei macellai che svolgono con  professionalità il loro lavoro ma nelle figure di contorno : la vecchia, timorosa di essere "fregata" nella spesa e la guardia che controlla il peso.
Inoltre è probabile che queste scene avessero un significato morale : il Discorso sulle immagini sacre e profane del cardinale Paleotti dava rigorose indicazioni ai pittori . Dopo il Concilio di Trento tutto doveva essere vagliato dalle autorità ecclesiastiche.

Forse nelle pose ritorte dei personaggi  Annibale è ancora in debito con quelle "serpentinate" tanto care al Manierismo ma la novità è tutta nell'orgoglio di rappresentare chi bene svolge un mestiere .
Guardando queste opere, come anche il Mangiafagioli della Galleria Colonna , uno rimane stupito dalla svolta "alta" che il giovane Carracci avrà quando, entrato nelle grazie del cardinale Odoardo Farnese , dipingerà in un tripudio di colori la volta della Galleria 

Annibale Carracci, Volta della Galleria Farnese a Roma, 1598 1601
Ma questa è un'altra storia...

giovedì 30 luglio 2020

Filippino Lippi e la Pala Nerli a Santo Spirito a Firenze



Come fai a mostrare alla tua comunità di essere ricco, importante e praticamente intoccabile? 
Acquisendo spazi - cappelle- all'interno delle chiese della tua città 
A volte, come per i Medici, ti fai costruire un'intera chiesa come è il caso della Basilica di san Lorenzo  a Firenze  (e l'architetto non è proprio uno sconosciuto ...)
 Nel Quattrocento si faceva così

Ma qui si parla di un'altra magnifica chiesa , sempre di Filippo Brunelleschi : Santo Spirito 

Filippo Brunelleschi , Basilica di santo Spirito , Firenze

Fu iniziata nel 1444 e Filippo Brunelleschi non ne vide la fine; i lavori procedettero a rilento e nel 1472 un violento incendio distrusse buona parte dell'opera eseguita.
I frati agostiniani per accelerare i lavori diedero la possibilità di ripristinare le antiche cappelle proprietà di alcune ricche famiglie fiorentine e chi ne avesse fatto richiesta per la prima volta, avrebbe avuto la possibilità di uno spazio nelle nuova chiesa.

Un cantiere che vede la presenza di Botticelli, Neri di Bicci, Cosimo Rosselli, un giovanissimo Michelangelo, Raffaellino del Garbo, Francesco Botticini , Rosso Fiorentino. 
E Filippino Lippi 
Filippino Lippi, Pala Nerli, 1493- 96, olio su tavola, Firenze, 
Basilica di Santo Spirito, transetto destro


Ecco che entra nella nostra storia la famiglia  Nerli , ricchissima e di antico lignaggio
 Possedeva una cappella in santa Croce, dedicata a santa Caterina d'Alessandria , una in san Francesco, fuori porta san Miniato ed un'altra edificata nel 1465 a santa Felicita..
Poker con questa di santo Spirito! 
E Filippino Lippi a fine Quattrocento pittore richiestissimo ,  celebra  mirabilmente Jacopo (detto Tanai) Nerli e la moglie Giovanna Capponi .
Vediamo l'opera nel dettaglio

All'interno di una cornice che simula un tabernacolo si svolge una sacra conversazione
La Madonna è posizionata al centro, seduta su un trono marmoreo decorato con arieti. 
Tiene in braccio il piccolo Gesù che afferra con la manina destra l'esile croce sorretta da san Giovannino . 
Gli sguardi , quasi sorridenti dei due bimbi si cercano
Filippino Lippi, Pala Nerli, particolare

Alla sinistra della Vergine san Martino di Tours in piedi presenta con gesto eloquente Tanai Nerli inginocchiato. 
Alla destra invece santa Caterina d'Alessandria intercede per Giovanna Capponi, anche lei in atto di preghiera.
Le figure occupano uno spazio porticato che mostra a volo d'uccello una via cittadina popolata da figurine  ed un palazzo sulla destra.
Le arcate del portico sono ingentilite da motivi a grottesche e da tre angioletti : quello posto in asse con Maria tiene tra le mani una colomba, riferimento allo Spirito santo , gli altri due sorreggono lo stemma della casata Nerli , uno scudo addogato con sei bande verticali (bianche e rosse) attraversate al centro da una banda dorata 
Tre angeli uguale la Trinità

In che occasione fu dipinta quest'opera? Cosa avrebbe dovuto celebrare Filippino e ricordare ancora a noi le gesta  della casata?
Si è detto che Jacopo Nerli nato in Francia  (1427 - 1498) era ricco mercante della potentissima Arte della Lana . Sposò nel 1445 Giovanna Capponi (1429- 1508) da cui ebbe ben quindici figli.
 L'episodio forse più eclatante della sua vita fu l'ambasceria del 1494 per conto del governo fiorentino per trattare la pace con Carlo VIII di Francia, in procinto di invadere l'Italia 
Rientrò a Firenze l'11 novembre dello stesso anno , giorno dedicato a san Martino di Tours , mentre l'accordo col re di Francia fu firmato dalla Repubblica  fiorentina il 25 novembre , giorno dedicato a santa Caterina d'Alessandria.
E proprio tra la Madonna e la santa si apre con una veduta a cannocchiale, memore della lezione fiamminga a Firenze di Hugo van der Goes un paesaggio urbano sicuramente non casuale 

 Filippino Lippi, pala Nerli, particolare
Il palazzo che si vede, vivo e animato da figure che si affacciano alla finestra , probabilmente è proprio la dimora della famiglia, in Borgo san Jacopo e al portone si svolge una scena toccante e realistica : un padre che abbraccia la piccola figlia che reclina all'indietro la testolina per prendersi tutte le coccole , mentre la madre assiste all'incontro.
L'uomo che indossa una veste color porpora - segno, insieme alle vesti nere di ricchezza- è accompagnato da un servitore in armatura e da un cavallo dalle ricche bardature d'oro.
La presenza dei due santi , san Martino e la bellissima santa Caterina dalle ardite vesti azzurre e arancioni, preludio dei colori forti della Maniera attesta il legame con la famiglia , devota a questi due santi (si ricordi che Jacopo Nerli era nato in Francia) 
E così  le date dell'ambasceria ribadiscono e giustificano la presenza  dei due santi  all'interno dell'opera che è creata per esaltare l'impresa politica di Jacopo che qui forse è raffigurato al rientro in città 


Filippino Lippi, Pala Nerli, particolare

Come nell'arte fiamminga, possiamo perderci nei dettagli di vita reale: due cani che si azzuffano , una donna che fila , una porta di città e il via vai operoso dei fiorentini...


 Filippino Lippi, Pala Nerli , particolare

Hugo van der Goes, Trittico Portinari, 1478, olio su tavola, cm. 253 x 608 .Firenze Uffizi

del resto l'opera di van der Goes per la famiglia fiorentina Portinari giunse dal Belgio a Firenze nel 1483 e fu visibile a tutti nella chiesa di sant'Egidio : il realismo che già la pittura fiorentina aveva conosciuto nel dramma esibito di Masaccio e Donatello, qui si colorava di caldi colori.

Il primo a menzionare l'opera fu Vasari , nella Vita dedicata a Filippino : l'opera era a Santo Spirito e lì è rimasta  .
 La datazione 1493- 96 è da mettere in relazione sì ai fatti della vita di Jacopo Nerli ma stilisticamente è da collegare alla meditazione sull'Antico che Lippi fece dopo il lungo soggiorno romano (dal 1488 al 1493).
Filippino Lippi fu il primo a dipingere motivi a grottesche che aveva visto durante gli scavi della Domus Aurea : nella Pala Nerli li ripropone nei sottili pilastri che sorreggono le arcate

Il volto malinconico e idealizzato della Madonna è da mettere in relazione con altre due opere del Lippi 

 
Filippino Lippi, i santi Benedetto e Apollonia, 1483, tempera e olio su tavola
cm. 157 x 60, Pasadena, Norton Simon Museum
Una è quella mostrata sopra che raffigura sant'Apollonia triste e raccolta dignitosamente nel dolore
L'altra è la Madonna Strozzi del Met

Filippino Lippi, Madonna con bambino, 1484,tempera, olio e oro su legno, cm 81,3 x 60
Metropolitan Museum, New York

In questa piccola tavola, sicuramente dal carattere privato e di proprietà della famiglia Strozzi (come attesta lo stemma Strozzi con le tre lune) non solo il volto triste e il nodo che chiude la veste rossa saranno ripresi da Lippi nella Pala Nerli, ma anche la scena di vita quotidiana ( una porta di città, un ponte, dei servitori ) attestano la gioia  per il dettaglio che Filippino Lippi - il figlio dell'amore tra il frate Filippo e la monaca Lucrezia Buti  - aveva imparato dal babbo, da Sandro Botticelli e dai fiamminghi......
 

Filippino Lippi, Autoritratto, particolare dell'affresco  La disputa di Simon Mago, 1483-84
dalla Cappella Brancacci, Firenze, Chiesa del Carmine
Bello era bello, altezzoso pure..
Ma questa  è altra storia

mercoledì 4 marzo 2020

Raffaello e Sebastiano del Piombo in gara : la Trasfigurazione e la Resurrezione di Lazzaro



Alcuni spunti per l'ultima opera di Raffaello
  • Il cardinale Giulio de' Medici (futuro papa Clemente VII) commissiona due grandi pale d'altare per la cattedrale di Narbonne in Francia (era lì cardinale)
  • Raffaello , Ritratto di papa Leone X tra  i cardinali Giulio de'Madici
  • (a sinistra) e Luigi de Rossi ( a destra) ,olio su tavola ,1518, 
  • cm 155 x 119, Firenze Uffizi
  • 1 Resurrezione di Lazzaro di Sebastiano del Piombo
  • Sebastiano del Piombo, Resurrezione di Lazzaro, 1516-19, 
  • cm 381 x 290, olio su tela, Londra, National gallery
  • 2 Trasfigurazione di Raffaello
  • Raffaello, Resurrezione di Lazzaro, 1518-20, cm 410 x 280, 
  • tempera grassa su tavola, Pinacoteca Vaticana
  • QUINDI OPERE IN COMPETIZIONE
  • Nell'opera di S.del Piombo (CERCATE il perchè di questo soprannome) c'è tanto Michelangelo
    (vedi plasticismo, gestualità)

  • Michelangelo, Studio per il Lazzaro,1516, sanguigna
  • cm 25 x 14,5 British museum Londra
  • Nell'opera di Raffaello che la iniziò tardi e non la concluse alla morte c'è tanto di nuovo
  • Ancora non abbiamo fatto Tiziano ma la pala Assunta dei Frari a Venezia nel 1518 era finita.

    Raffaello, proprio grazie al veneziano Sebastiano del Piombo, l'aveva vista e qui come lì l'opera è divisa in due

  • In alto Cristo trasfigurato accompagnato dai profeti Elia e Mosè e ai suoi piedi i discepoli Pietro Giacomo e Giovanni
  • In basso i discepoli che , non essendo stati scelti da Cristo per accompagnarlo, invidiosi non riescono a compiere la liberazione del bimbo indemoniato
  • Il risultato è volutamente esasperato e drammatico, in linea con quanto Raffaello aveva dipinto nell'Incendio di Borgo dell'omonima stanza

  • Raffaello, Incendio di Borgo, affresco dalla Stanza omonima,
  • esasperato verticalismo ; così si mette in luce ancora di più il Cristo trasfigurato (braccia aperte per ricordare la crocifissione)
  • Colori freddi e cangianti : quanto Michelangelo! Che vediamo anche nella donna in primo piano di spalle che ricorda la torsione della Madonna del Tondo Doni
  • emozioni intense esibite attraverso una mimica esasperata ( vedrete come il ragazzino ossesso lo ritroveremo in Caravaggio, Martirio di san Matteo)

  • Caravaggio, Martirio di san Matteo,1600. olio si tela
  • cm.323 x 343,Roma , san Luigi dei Francesi
  • Tanti disegni preparatori (ribadiamo l'importanza del disegno da Leonardo in avanti) che testimoniano la lunga e complessa elaborazione, probabilmente terminato alla morte di Raffaello, dal suo allievo più dotato, Giulio Romano

  • Raffaello, Studio di figure per la Trasfigurazione , sanguigna su matita, 
  • cm 34 x 22, Parigi Louvre
  • i colori, le torsioni, l'esasperazione sono tutti elementi che troveremo, propri grazie agli allievi di Raffaello, nel Manierismo
  • Chi sono i due personaggi in alto a sinistra? Sono Felicissimo e Agapito, santi celebrati il 6 agosto, giorno della trasfigurazione . O Giusto e Pastore, santi patroni di Narbonne ? 

  • Raffaello, Trasfigurazione, Particolare
  • a chi si rivolgono i discepoli in basso? Chi indicano? Secondo una lettura di Ernst Gombrich, indicherebbero san Pietro ; i nove discepoli rimasti a terra, non riuscirebbero a compiere il miracolo Non solo per l'assenza di Cristo, ma anche per quella di Pietro che qui -sono proprio gli anni della Riforma di Lutero svolge il ruolo di primatus Petri e dunque primatus papae
  • l'opera alla morte di Raffaello NON fu collocata in Francia ma in San Pietro in Montorio (luogo del martirio del santo)




cit Ernst H.Gombrich, Il significato ecclesiastico della Trasfigurazione di Raffaello, da “Antichi maestri, nuove letture”, prima edizione Oxford 1986

giovedì 27 febbraio 2020

San Vitale di Ravenna , oriente e occidente si incontrano

Poco più di dieci anni per creare questa basilica  che fu consacrata il 17 maggio 548 e dedicata a Vitale, martire del III secolo: un cantiere perfetto !
Intanto la pianta ottagonale  , scelta ardita con qualcosa di antico e qualcosa di nuovo
Pianta di San Vitale di Ravenna 

E' un ottagono preceduto da un nartece (un pronao insomma, in pianta  n°1) che è disassato rispetto alla chiesa vera e propria e che era la parte terminale di un quadriportico oggi non più esistente .
Ma se l'ottagono è di memoria romana , come si può dedurre dalle piante del battistero di san Giovanni in Laterano

o da quella del cosiddetto Tempio di Minerva Medica sempre a Roma
Tempio di Minerva medica a Roma ,  primi decenni del IV secolo d. C.

qui a Ravenna le cose sono un po' diverse...
Lo spazio interno è dilatato grazie alla straordinaria sorpresa che si genera nel fedele a seconda dell'entrata : se entriamo dal portale a nord , davanti a noi abbiamo l'altare e quindi ci sembra di essere in una chiesa con impianto longitudinale.
Se invece si entra dall'altra porta, si è accolti nell'ampio deambulatorio e la percezione dello spazio cambia: siamo in una chiesa ad impianto centrale ! E' come se la chiesa pulsasse e si rivelasse in diverse forme.
L'esterno spoglio, in semplice laterizio, nasconde la grande cupola intradossata e nasconde tutte le ricchezze dei mosaici ; la prima arte cristiana così prevedeva. E' più importante la bellezza interiore -l'anima- di quella esteriore . Il corpo è semplice involucro
  •  Quindi il qualcosa di antico è la scelta della pianta centrale  ( per essere breve, citiamo anche il Pantheon, il Mausoleo di santa Costanza a Roma e la basilica di San Lorenzo a Milano
  • Il qualcosa di nuovo sono le due entrate che cambiano la percezione dello spazio
Negli stessi anni dell'edificazione di san Vitale si ricordi che a Bisanzio (Istambul ) per volere dell'imperatore Giustiniano si costruì Santa Sofia  ( si rimanda a questo blog 27 marzo 2014) che ha tanto in comune con la chiesa ravennate

Cattedrale di Santa Sofia , 532-537 , Istambul
Pianta di Santa Sofia, Istambul
L'interno di san Vitale 
 Qui gli spazi si dilatano , si curvano, si moltiplicano e i due piani- quello a livello del piano di calpestio e il matroneo- costringono lo sguardo verso l'alto, un elevarsi come le preghiere.
Lo slancio verticale è amplificato dalla presenza , sopra le colonne , dei pulvini (dal latino pulvinus, cuscinetto) che sono tronchi di piramide rovesciata ed elemento di raccordo tra colonna ed arcata.
Eccone alcuni, policromi e lavorati come merletti col trapano a mano, tipico della scultura tardo antica .

Nel presbiterio c'è il tesoro più noto di san Vitale

  • Nel catino absidale spicca il mosaico raffigurante Cristo sul globo 


Cristo seduto sul globo, mosaico del catino absidale, metà VI secolo
E' un Cristo imberbe, vestito di porpora e oro (colori imperiali bizantini) ; in testa ha il nimbo e  in mano ha la corona del martirio offerta a san Vitale che la riceve con mani velate, segno di deferenza.
Dalla parete opposta il vescovo Ecclesio, l'iniziatore dei lavori, offre a Cristo il modellino della chiesa stessa.
I due arcangeli Michele e Gabriele accompagnano Gesù.
Lo sfondo ? Ricchissimo oro , che tanto piacerà a Gustav Klimt quando a Ravenna si fermerà nel 1903....

Sulla sommità della volta a crociera spicca l'Agnus Dei, ed è esattamente allo zenit del punto in cui l'ostia è elevata
E poi ci sono loro , Giustiniano e Teodora, imperatore e imperatrice che sponsorizzarono i lavori, che fecero giungere pezzi e maestranze da Bisanzio ma che mai vennero a Ravenna

I due mosaici famosi sono posti uno di fronte all'altro , sulla parete nord e sud del presbiterio e rappresentano la corte imperiale che offre pane e vino a Cristo
Giustiniano I e la sua corte, metà del VI secolo d.C.,pannello
musivo della fascia inferiore sinistra dell'abside di san Vitale

Al centro, più alto di tutti, con un'aureola a coronamento della sua figura, campeggia l'imperatore che ribadisce all'interno di un luogo sacro il suo ruolo politico.
Indossa splendidi gioielli (e le perle raffigurate nel mosaico sono in madreperla) , in mano ha un pane ed è accompagnato alla nostra sinistra dalle guardie del corpo e da due alti dignitari (l'uomo con la barba si dice sia il generale Belisario, poi caduto in disgrazia presso Giustiniano)

Ritratto di Giustiniano
presunto ritratto di Belisario
Alla nostra destra ci sono gli uomini di chiesa; spicca fra tutti il vescovo Massimiano, il vero "padrone " della chiesa, visto che lui ne usufruì .
La scritta posta sopra di lui e il ritratto sicuramente più realistico e meno stereotipato rispetto agli altri, ci fanno presumere che il suo ruolo qui a Ravenna non fosse solo spirituale ma anche politico: in assenza dell'imperatore era lui l'uomo più influente
  • Di fronte ecco Teodora circondata dalle dame di corte e da due inservienti; è nell'atto di portare all'altare il calice  di vino e sul suo mantello sono raffigurati i re magi che portano i doni
  • Il messaggio è chiaro: come i re Magi hanno riconosciuto l'atorità di Cristo, così anche Teodora e il marito faranno
Un'acquasantiera e una tenda scostata cercano di dare profondità ad una scena bidimensionale ( i personaggi si pestano i piedi) , gerarchica e ricchissima
Teodora e la sua corte, metà del VI sec. d.C., mosaico della fascia
inferiore destra dell'abside, san Vitale
Ritratto di Teodora
Se nell'arte tardoantica (vedi i rilievi costantiniani dell'arco medesimo) la bidimensionalità e lo schema paratattico erano tipici dell'arte plebea, qui una diversa sensibilità  culturale , legata all'oriente, impone modelli gerarchici, atemporali aulici che dureranno secoli e secoli.

Aspettando i cieli azzurri di Giotto....