martedì 2 dicembre 2014

"El quadreto de san Ieronimo" ovvero Antonello , sintesi tra sud e nord

Esiste un corrispettivo visivo ad un'opera letteraria?
O meglio, perché questo è il caso, esiste un corrispettivo letterario ad un dipinto?
Ecco confezionata l'analogia!

Venuta la sera, mi ritorno a casa ed entro nel mio scrittoio; e in sull'uscio mi spoglio quella veste cotidiana, piena di fango e di loto, e mi metto panni reali e curiali; e rivestito condecentemente, entro nelle antique corti delli antiqui huomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di quel cibo che solum è mio e ch’io nacqui per lui; dove io non mi vergogno parlare con loro e domandarli della ragione delle loro azioni; e quelli per loro humanità mi rispondono; e non sento per quattro hore di tempo alcuna noia, sdimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte: tutto mi transferisco in loro
Niccolò Machiavelli, lettera a Francesco Vettori, 1513

Quando al liceo mi ero imbattuta in questa splendida lettera, associavo lo studio di Machiavelli a quello magistralmente dipinto da Antonello nel 1475, una quarantina di anni prima.

Questo piccolo olio su tavola (cm. 46 x 36,5) , acquistato nel 1894 da lord Northbrook ed oggi alla National Gallery, un tempo fu visto  a  casa di Antonio Pasqualino a Venezia dal mercante Marcantonio Michiel. Era il 1529 e  la cronaca del Michiel  lo descrive nei minimi dettagli.

Il pittore che dal Sud era giunto a Venezia, portò nella città lagunare la sintesi tra il realismo fiammingo- perfettamente rappresentato grazie alla nuova tecnica ad olio- e lo spazio geometrico ed ordinato, nuova scoperta toscana.
I colori? Caldi, brillanti, così luminosi da rendere visibili anche i dettagli più impensabili, come le venature del legno del mobile, come la veste purpurea che nelle pieghe si tinge di viola, come le upupe che intravediamo posate ed in volo tra le bifore.

Solitamente il santo non veniva raffigurato nello studio, ma eremita nel deserto.
La prima volta che san Girolamo è in un interno - e senza barba come qui- è nel piccolissimo olio su carta trasportata su tavola , del maestro van Eyck

Jan van Eyck, San Girolamo, cm.20,6 x 13,3, Detroit Institute of Arts
Proprio queste caratteristiche hanno fatto supporre che l'uomo qui raffigurato  sia il ritratto di un uomo illustre nei panni del santo, e chissà che non sia anche il caso della tavoletta di Antonello...

Prima di osservarla più da vicino, vale la pena dare un rapido sguardo all'opera di Colantonio, maestro di Antonello a Napoli
 Colantonio, san Girolamo ,1444 tecnica mista su tavola, cm. 125x150, Napoli, Museo di Capodimonte
Qui Colantonio ritrae il santo con l'aureola, mentre il cappello cardinalizio è ordinatamente posizionato sullo sgabello a sinistra. Il santo ha lasciato il libro aperto sul leggio, probabilmente la Vulgata e sta togliendo la spina dalla zampa del leone che, mansueto, guarda verso di noi.
I tanti oggetti disseminati sugli scaffali - nature morte fiamminghe- mostrano lo status del santo intellettuale.

E adesso...dentro l'opera di Antonello!

La scena è ambientata all'interno di una chiesa  gotica dalle volte a sesto acuto; a destra però le arcate rinascimentali, quasi una citazione della biblioteca di san Marco a Firenze dell'architetto Michelozzo, rendono lo spazio una sorta di "pastiche".
E noi osserviamo quello che accade all'interno da una sorta di porta finestra con un arco ribassato, che attesta la conoscenza da parte di Antonello dell'architettura catalana presente nella Napoli del Quattrocento.

In primo piano compaiono una pernice, un pavone, un bacile, "espressamente"dipinti (come il Michiel ci segnala).
I simboli? complicati ed ambivalenti.
La pernice è simbolo di verità : nei bestiari medievali la madre abbandona le uova deposte alla cova di altra pernice, ma una volta nati, i piccoli riconoscono la vera madre.
Il pavone è simbolo di Cristo: sempre nel medioevo si pensava che la carne dell'animale morto fosse immarcescibile, dunque legata alla morte e resurrezione.
Il bacile che contiene l'acqua è simbolo di purificazione.
Ma questi tre oggetti potrebbero avere un doppio: la pernice, secondo il profeta Geremia  è incarnazione diabolica  e rimanda alle tentazioni, il pavone alla vanità , così come il bacile usato come specchio.

E le piantine? Ecco il bosso, pianta funeraria e sempreverde (quindi l'immortalità) e il garofano, simbolo del divino amore.Sopra un cartiglio, finta firma del pittore.
Fuori lo spazio sacro a sinistra dalla finestra si apre un paesaggio fluviale con figurine ed un complesso architettonico, forse rimando alla città abbandonata dal santo per dedicarsi alle sacre Scritture.
 E dalle bifore si intravedono forse delle upupe, anche queste nei Bestiari medievali considerate uccelli sporchi perché compiaciuti delle immonde sozzure.
Ecco, le brutture del mondo restano fuori, come ai piedi degli scalini che portano alla scrivania il santo lascia le scarpe; per avvicinarsi al mondo "alto" delle Lettere, bisogna essere "puri" e nettarsi le mani con il telo appeso in alto a sinistra.
Proprio come faceva Machiavelli, che si spoglia di quella veste "cotidiana piena di fango e di loto"
Le analogie sono così stringenti che sarebbe bello pensare a  Nicolò Machiavelli perso davanti a questo piccolo dipinto privato.....