domenica 26 aprile 2015

L'Ermitage , ovvero l'eremitaggio di post-impressionisti e Avanguardie

I legami tra la Russia e la Francia sono antichi; il francese era la lingua delle corti e dei salotti ( le prime pagine di Guerra e Pace riportano conversazioni in francese.
Architetti e pittori francesi lavorarono presso la corte degli zar e l'Ermitage acquisì tante tele di artisti francesi.
Poi scoppiò la moda dell'Impressionismo, che conquistò forse prima la Russia che Parigi.

Gli artisti dell'associazione Mir iskusstva (il mondo dell'arte) , attraverso le pagine della rivista Zolotoe runo (il vello d'oro) , riproducevano le opere degli Impressionisti.

Sergei Schukin giunse a Parigi nel 1897 e acquistò il suo primo Monet e fu amore !

Claude Monet, Donna in giardino, olio su tela, 1867
Forse questa tela aveva colpito il mercante per la tanta luce e la quiete del verde .
Seguirono altri Monet, tre Renoir, otto Cézanne, quattro Van Gogh, sedici Gauguin....
E anche Ivan Morozov non fu da meno

Questa splendida  natura morta è un suo acquisto
Paul Cézanne, Natura morta, olio su tela, 1894-95
La composizione è tutta giocata sull'armonia dei colori e l'equilibrio delle parti; le arance risaltano come semplici sfere ("dipingere la natura secondo sfera , cilindro e cono") sul piatto bianco, leggermente inclinato.

Ecco Gauguin

Paul Gauguin, Dove vai? ,olio su tela, 1893
Opera del primo periodo polinesiano, qui si ritrae una splendida donna, forse la compagna dell'artista , che tiene in mano una zucca, contenitore per l'acqua, simbolo di fertilità. E così la madre con il figlio in secondo piano a destra esplicita il concetto di maternità. I colori, stesi per ampie campiture saranno punto di partenza per i fauves.

Ed eccole le Belve!
Quali sono le opere "cult" di Matisse ?
Henry Matisse, Armonia in rosso, olio su tela, 1908
Partiamo da questa. Matisse undici anni prima aveva dipinto un soggetto simile ( La "Tavola imbandita ") ma qui niente dell'interno "alla Degas" è rimasto.
Il pittore avrebbe dovuto presentare questa opera come "Armonia blu" ; Schukin l'aveva richiesta per la sua sala dai divani verdi. 
Effettivamente al Salon d'Automne  del 1908 l'opera era tutta giocata su una gamma di azzurri, una foto in bianco e nero d'epoca testimonia questa scelta.
Poi però Matisse ci ripensa; chiese al mercante russo di lasciargli per un po' il quadro.
E lo trasformò.
Gli omaggi a tutti gli artisti importanti per Matisse sono qui presenti :la sedia è per Van Gogh, l'alzata di frutta è un Cézanne sputato, gli alberi  puntinisti sono un grazie all'amico Signac, il rosso è quello di Gauguin, l'arte come decorazione (vedi la tappezzeria e la tovaglia) ammicca al suo maestro simbolista Gustave Moreau.
E poi tutti i generi pittorici - dal ritratto alla natura morta, dai paesaggi alla scena di genere- sono presenti.
Il profilo della donna poi mostra la risposta "dolce" al cubismo di Picasso; Matisse aveva visto Les demoiselles d'Avignon e non condivideva la rudezza della forma picassiana.

Matisse però doveva farsi perdonare il cambio di colore ; il salotto di Schukin in stile neorococò , coi sui divani verdi era in attesa di un'altra armonia. Eccola

Henry Matisse, La conversazione, 1909, olio su tela
In un interno definito dall'apertura della finestra, delineata dall'arabesco lineare della ringhiera, due simmetriche figure conversano con gli sguardi; i loro profili "assiri" hanno un che di antico e nuovo. L'eleganza preannuncia La danza
Henry Matisse, La danza II, Olio su tela, 1910
L'opera era posizionata insieme alla Musica , sempre di Matisse e sempre all' Ermitage, sullo scalone d'ingresso della casa moscovita di Schukin ed entrambe dovevano essere un meraviglioso effetto cromatico. 
Il "metodo Matisse" - sostanzialmente basato prima sull'armonia e poi sulla composizione, ci viene raccontato dallo stesso artista:
« Il primo elemento della costruzione fu il ritmo, il secondo una vasta superficie blu scuro (allusione al cielo mediterraneo nel mese di agosto); il terzo un verde scuro (il verde dei pini mediterranei). Partendo da questi elementi, i personaggi non potevano che essere rossi, per ottenere un accordo luminoso. »

I tre colori primari sono dosati, come nella ricetta di un grande chef, in egual misura; un terzo, un terzo, in terzo.
L'armonia cui deve tendere il mondo è compiere gesti lievi, è l'antitesi del combattimento, è l'essere pronti ad accogliere nel cerchio chi vuole partecipare ; le due figure in primo piano non stringono le mani ma le lasciano aperte all'accoglienza.
Inoltre Matisse, con questa opera che è diventata un caposaldo dell'arte dell'Occidente, è come se con garbo rispondesse alla veemenza del collega Picasso.
Il quale però era capace di forme plastiche che avevano poco da invidiare a quelle di Michelangelo!
Pablo Picasso, Tre donne, olio su tela, 1908
Questa grande tela -2 metri per 178 cm- mostra come la strada intrapresa dall'artista di Malaga sia quella della supremazia della forma. C'era stata la meditazione sulla retrospettiva dedicata a Cézanne nel 1907, c'era stata la presa di coscienza dell'arte "sintetica" africana, ammirata al museo etnografico del Trocadero a Parigi, c'era l'amore per l'opera di Seurat Le modelle.
Il risultato è sotto i nostri occhi: Picasso è il nuovo classicismo e ancora una volta, se ci avviciniamo alla tela, restiamo ammaliati dalla tecnica di stesura del colore che è perfetta ed accademica.

Ultima opera del mio percorso: l'amato blu

Pablo Picasso, Ritratto di Jose Maria Soler, olio su tela, 1903
Qui si torna indietro di qualche anno.
Soler, sarto alla moda, era uno dei frequentatori abituali del caffè Els 4 Gats, ritrovo abituale dei giovani artisti di Barcellona. 
Picasso , spavaldo e squattrinato ma molto attento alla cura della propria immagine esegue questo malinconico ritratto in cambio di abiti. Grazie a questa immagine un sarto della sua epoca, noto solo nella sua città (magari neanche in tutta!) vive dei nostri sguardi, della nostra ammirazione.
Quando si dice "il potere delle immagini"!

sabato 25 aprile 2015

L' Ermitage di san Pietroburgo ,ovvero il Buen Retiro, Quello che dentro piace a me

Scegliere tra i 60.000 pezzi esposti (dei 2.938.638 posseduti) è da folli.
Ma per dirla alla Nick Hornby, è bello fare delle classifiche.
Intanto un dato di fatto; l'idea del museo balenò a Caterina di Russia- su consiglio però di Diderot- che a metà Settecento decise di accumulare opere d'arte , visto che lei stessa amava dire :"Sono solo una golosa, non una conoscitrice"
La Zarina aveva persino stilato un elenco di norme per accedere alla Collezione: si entrava senza spada e senza cappello, si lasciavano fuori rango e  presunzione, si doveva parlare a bassa voce ed era vietatissimo sbadigliare!
Nel corso dei secoli , L'Ermitage si è arricchito di capolavori e nel Novecento, grazie all'acume di due collezionisti  , Sergei Scukin e Ivan Morozov, il Museo di san Pietroburgo contiene alcune tra le opere più celebri delle Avangiardie.
Questi due collezionisti furono persone  di elevata cultura, strettamente legate ai circoli artistici parigini. Scukin e Morozov avevano rapporti  con le case  di mercanti d'arte quali Durand -Ruel, Bernheim- Jeune e soprattutto Vollard e Kahnweiler.

Ma un elenco lo devo fare.
Allora, ho poco tempo: cartina in mano, decido di dare rapida occhiata ai fiamminghi e agli italiani del Quattrocento (Campin, van der Weiden, Lippi, Leonardo)
Robert Campin, Madonna col bambino, olio su tavola, 1430 ca.

Robert Campin, Trinità, olio su tavola, 1430 ca.
In questo dittico , i due misteri dell'incarnazione e della redenzione sono dipinti in modo , il primo dolce e quotidiano , il secondo duro e tragico.
Ogni oggetto, dal fuoco nel camino alle piccole statuine -un pellicano e una leonessa- sul freddo trono hanno un loro perché.

Via veloce le sale del Cinquecento italiano (Giorgione, Raffaello, Lotto, Andrea del Sarto, Correggio, Tiziano, Veronese e Tintoretto ce li guardiamo in Italia)

Via veloce il Seicento :Caravaggio bellino ma ce ne sono di meglio,Velazquez ce lo si guarda al Prado, Rembrandt...
Rembrandt, Il ritorno del figliol prodigo, olio su tela, 1668-69
E' una delle ultime opere dell'artista che forse qui, rivive la sua esperienza. Anche lui, come il giovane, aveva accumulato ricchezze poi svanite , per ritrovarsi alla fine della vita , solo e colpito da dolorose perdite.
Il vecchio padre cieco che abbraccia il giovane dalle vesti lacere e dai piedi  escoriati, è come se vedesse la calda luce del perdono; chi è in ombra forse disapprova questa scelta.

Il Settecento lo si fa d'un soffio.
 Canova? 
Come non fermarsi davanti alle Tre grazie , magari con il ricordo delle Grazie di Foscolo...
Antonio Canova, Le tre grazie,marmo, 1813
Lo splendore , la gioia e la prosperità incarnati da Aglaia, Eufrosine e Talia, ricordano un'età dell'oro che , a quella data, tanto d'oro non era..

E ancora Friedrich
Caspar David Friedrich, Sulla vela, olio su tela, 1819
Caspar David Friedrich, Tramonto con due uomini, olio su tela, 1835
Caspar David  Friedrich, Le due sorelle, 1818-19
Tutto struggente, soprattutto l'ultima qui sopra; le due donne creano un legame affettivo con le due torri della chiesa e le due figure dolenti ai piedi della croce leggermente a destra.
La pallida luna è esattamente al centro della composizione..

La seconda puntata dell'Ermitage è per il Novecento!

sabato 14 marzo 2015

Botticelli e Boccaccio ; Nastagio degli Onesti, ovvero scene da un matrimonio fiorentino

Il matrimonio, si sa, è un contratto sociale.
Ci si sposa per amore oggi? Forse che sì , forse che no.
Un tempo no.
Nella Firenze del Quattrocento i matrimoni si celebravano solo nelle ricche casate, solo per riunire capitali.
Eccoci qui.
Siamo nel 1483, Giannozzo Pucci (è suo il palazzo qui in alto) sposa Lucrezia di Piero di Giovanni Bini e il sensale di matrimonio è Lorenzo il Magnifico. Insomma, la  Firenze che conta !
Ecco che dunque vengono commissionate quattro spalliere che avrebbero abbellito la dimora (facevano letteralmente "da spalla " agli altri mobili) ma avrebbero anche svolto la funzione di termoregolazione dell'ambiente, riparando dall'umidità dei muri.
La storia, che sembrerebbe macabra, ma un suo perché l'ha , eccome, è quella di Nastagio degli Onesti (Decameron ,giornata quinta, novella ottava).
Il succo è questo: il ricco Nastagio ama non corrisposto una ricca rampolla ravennate, Per far colpo sulla fanciulla, Nastagio sperpera il patrimonio sicché gli amici lo convincono a "cambiare aria".
Da Ravenna il giovane va al porto di Classe ed assiste, un venerdì di maggio, ad una macabra scena : l'inseguimento e la morte di una fanciulla da parte di un cavaliere oscuro che si rivela essere un suo antenato, morto suicida per amore, perché rifiutato dall'amata.

Botticelli e Bartolomeo di Giovanni, Nastagio, primo episodio, tempera su tavola, cm 83 x138, Madrid, Prado

Il fantasma rivela al giovane che alla morte della ragazza, mai pentita per la sua "crudeltà" , venne inflitta ai due giovani una pena da ripetere ogni venerdì ( per tanti anni quanti erano stati i mesi del suo rifiuto) ; inseguimento, assassinio , corpo  dilaniato.

Botticelli e Bartolomeo di Giovanni, Nastagio, secondo  episodio, tempera su tavola, cm 83 x 138, Madrid, Prado

 E così il giovane decide che la storia gli può essere d'aiuto; il venerdì successivo egli organizza in pineta un banchetto al cospetto della giovane e delle famiglie. La scena si ripete di fronte agli astanti atterriti.

Botticelli e Bartolomeo di Giovanni, Nastagio, terzo  episodio, tempera su tavola, cm 83 x 138,
Madrid, Prado

Il risultato è scontato; la giovane torna sui suoi passi e decide di convolare a giuste nozze


Botticelli e Bartolomeo di Giovanni, Nastagio, quarto  episodio, tempera su tavola, cm 83 x 138,
Firenze, Palazzo Pucci

Questo il racconto di Boccaccio.
 Vediamo gli episodi raccontati da Botticelli, che a quella data, 1483, era già artista affermatissimo, oberato dal lavoro, e dunque "costretto" a delegare  la conclusione del lavoro agli aiuti- in questo caso Bartolomeo di Giovanni: in fin dei conti la data delle nozze fissava termini di consegna improrogabili .

Primo episodio
In una pineta, non poi tanto dissimile stilisticamente dal bosco della più nota Primavera , Nastagio compare tre volte: la prima in lontananza a sinistra, davanti ad una tenda (in fondo era fuggito dalla città) , poi più avanti ed ancora, mentre invano cerca di cacciare con un bastone due cani, uno bianco e uno nero (e lo stemma dei Pucci, com'è?)
La ragazza nuda- e con quali artifici Botticelli vela le nudità della fanciulla- inutilmente fugge al cavaliere che qui, rispetto alla novella di Boccaccio, ha un'armatura preziosissima e non nera, segno della ricchezza della casata Pucci
Il paesaggio dolcissimo, rende ancor più drammatico l'avvenimento, ecco la grazia di Botticelli , che non a caso era il pittore più amato alla corte di Lorenzo il Magnifico!

Secondo episodio
Ecco palesata tutta la crudeltà! Il corpo della giovane è squarciato dal cavaliere che apre un solco sulla schiena sinuosa per strapparle il cuore. Il corpo è di un incarnato ormai putrefatto, la scena è ben "splatter"

Il cuore in pasto ai cani!


Terzo episodio
Il banchetto in pineta
La grazia del tempo di maggio è spezzata dalla tragedia che si ripete.
Sugli alberi che ombreggiano il banchetto compaiono tre stemmi: a sinistra quello dei Pucci (una testa di moro in campo d'argento), al centro quello dei Medici - sensali di matrimonio-, a desta quello dei Bini inquartato con quello dei Pucci ( in campo azzurro, squadro d'oro tra due rose e una piramide di sei monti d'oro. In questo particolare non è visibile, ma si può notare nella cornice coeva del secondo pannello)
La critica solitamente riconosce i ritratti di Antonio Pucci, padre dello sposo, nell'uomo vestito di nero che chiude a sinistra la tavolata degli uomini , e del consuocero Pierfrancesco Bini nell'uomo sotto lo stemma Medici. Chissà se allora non potremmo ipotizzare nel ritratto di Nastagio quello di Giannozzo e nella figlia di Paolo Traversari , Lucrezia Bini!

Si noti la tavola imbandita e la si paragoni con le tante rappresentazioni dello sfarzo fiorentino (vedi quella riportata qui sotto dal duomo di Prato, con la raffigurazione del Banchetto di Erode del lezioso fra Filippo Lippi!)

Quarto episodio (l'unico rimasto in Palazzo Pucci a Firenze)
Il banchetto di nozze.
L'architettura "all'antica" denota l'interesse di Botticelli per il classicismo, accresciuto dal viaggio appena concluso a Roma ; aveva lavorato per papa Sisto IV alla Cappella Sistina nel 1481.

Perché un tema così cruento per opere che presumibilmente erano dono di nozze?
Perché fossero monito a Lucrezia; il matrimonio era un contratto stipulato tra famiglie importanti, Lucrezia era poco più che ragazzina, spaventata da un'avventura così grande. E allora qui, come in altre rappresentazioni (su cassoni nuziali, vedi La storia di Lucrezia di Filippino Lippi o Le storie di Virginia dello stesso Botticelli) si doveva calcare la mano sulla necessità delle nozze.
Del resto, anche nella Primavera , Zefiro che insegue e attenta  alla verginità di Cloris, ci racconta di altre nozze, quelle tra Lorenzo di Pierfrancesco de Medici e la sposa bambina Semiramide Appiani
Ma questa è un'altra storia.

domenica 22 febbraio 2015

Il ritratto romano

Prima o poi questo piccolo sogno di scrivere una storia dell'arte attraverso i ritratti devo realizzarlo.
E molto di questa idea parte da qui, dal ritratto nella Roma repubblicana.

Se il rilievo storico ha radici nell'arte plebea, il ritratto romano è di ambito patrizio (anche se verosimilmente i creatori del ritratto repubblicano furono artisti greci, ormai inseriti, loro malgrado, nella sfera geografica romana)

Intanto c'è da dire una cosa (non l'ho detta io, ma il grande Bianchi Bandinelli) : il ritratto realistico, con caratteristiche fisionomiche puntuali nasce dove la società è fortemente politicizzata.
In Grecia (anche se i ritratti , come le statue, non ci sono più, visto che erano in bronzo) è un genere poco usuale.
In Italia invece già nel IV sec. a.C., questo genere di ritratto si trova.

E partiamo da Polibio.
Lo storico greco giunse quarantenne  a Roma, prigioniero eccellente, nel 166 a.C. e qui rimase 17 anni ; rimase colpito dai costumi romani e il resoconto sulle esequie, lo si riporta qui sotto

"Quando qualche illustre personaggio muore, celebrandosi le esequie, è portato con ogni pompa nel Foro, presso i cosiddetti rostri ed ivi posto quasi sempre dritto e ben visibile, raramente supino.
Mentre tutto il popolo circonda il feretro, il figlio, se ne ha uno maggiorenne e se si trova presente, o in mancanza qualcuno ella famiglia, sale sulla tribuna, rammenta le virtù del morto e le imprese felicemente compiute in vita. Perciò tra la moltitudine non solo coloro che hanno preso parte a quelle imprese, ma anche gli estranei, gli uni richiamando alla memoria e raffigurandosi gli altri il passato del defunto, tutti si commuovono a tal punto che la perdita appare no limitata a coloro che sono in lutto, ma comune a tutto il popolo.
Dopo la laudatio funebris, il morto si seppellisce con gli usuali riti funebri e la sua immagine, chiusa in un reliquiario di legno, viene portata nel luogo più visibile della casa. L'immagine è una maschera di cera che raffigura con notevole fedeltà la fisionomia e il colorito del defunto. In occasione di pubblici sacrifici espongono queste immagini e le onorano con ogni cura; e quando muore qualche illustre parente le portano in processione nei funerali, applicandole a persone che sembrano maggiormente somiglianti agli originali per statura e aspetto esteriore. Costoro, se il morto è stato console o pretore, indossano le toghe  preteste (cioè orlate di porpora), se censore toghe di porpora, e ricamate in oro se ha ottenuto il trionfo o qualche altra onorificenza del genere"
                               Polibio, Storia,1 VI,53

Statua Berberini, I sec. a.C., Roma, Palazzo dei Conservatori

Insomma, il diritto di tenere le immagini (Ius imaginum) nel cortile interno della casa era solo patrizio ed era stimolo per altre più grandi imprese.
Dalle immagini di cera si passa alla riproduzione in marmo delle fattezze del morto in più esemplari, visto che ogni familiare voleva portare con sè l'albero genealogico.

A proposito di questo, sappiamo da testimonianze scritte (Plinio, Nat. hist. XXXV, 6) che le immagini erano conservate in armadietti, ognuna col nome e i titoli del defunto e legate tutte insieme da nastri rossi: ecco l'albero.
 Ecco che la statua Barberini mostra il significato di "casta": il personaggio togato- nel cui volto è leggibile una somiglianza coi due busti- esibisce con orgoglio le immagini di due suoi antenati.
Certo che questo è un ritratto privato, ma non nel senso in cui lo consideriamo noi oggi; ogni romano apparteneva alla famiglia e allo Stato.

Ed ecco che se il ritratto è espressione dell'aristocrazia senatoriale, sarà esaltato nei periodi più conservatori, come il quello di Silla, dopo le grandi paure delle riforme dei Gracchi.

Ritratto di ignoto, 80-70 a.C., marmo,h.31 cm
Osimo,Palazzo comunale
Si veda questo incredibile ed impietoso ritratto; l'uomo, certamente un patrizio romano, vuole mostrare attraverso le rughe profonde, veri e propri solchi che scavano il volto, come  la vita del patriziato romano sia dura e lontana dai piaceri. 
Un ritratto come questo, che enfatizza i "difetti" fisionomici, vuole quasi distaccarsi dalla mondana eleganza ellenistica , per celebrare l'austerità.
Ritratto di ignoto, I metà sec.a.C, marmo,h.35 cm
Roma, Museo Torlonia
Stesso vale per il ritratto qui sopra.

Ma se si è personaggi ricchi e famosi (leggi Cesare e Pompeo) , l'immagine impercettibilmente cambia. 
Ecco qui uno dei ritratti di Cesare
Ritratto di Cesare, metà I sec.a.C., narmo, h.52 cm
Roma, Musei vaticani
Il condottiero è effigiato con uno sguardo penetrante ed assorto, anche se le rughe sono appena accennate ; e , come ci racconta Svetonio Sopportava malissimo il difetto della calvizie per la quale spesso fu offeso e deriso, e per questo si era abituato a tirare giù dalla cima del capo i pochi capelli. 
                                                      (Svetonio, Cesare,44-45)
O Pompeo
Testa di Pompeo, 53 a.C, marmo, h.cm 26
Copenaghen, Ny Carlsberg Glyptothek
Immaginiamo questo ritratto posto in un luogo pubblico (del resto, anche la casa del ricco Pompeo era frequentatissima e pubblico luogo, dunque) ; e allora nel ritratto si riconoscono sì i tratti caratteristici del volto del triumviro, ma si aggiunge anche il vezzo del ciuffo al centro della fronte (l'anastolè di Alessandro di Macedonia !) per rimarcare il carattere vittorioso del personaggio.

Crasso, infine.
Uomo ricchissimo e "duro", viene così raffigurato nella testa del Louvre; non un sorriso, parti in ombra ancor più evidenziate dal plastico chiaroscuro 
Testa di Marco Licinio Crasso, metà I sec.a.C. marmo
Parigi, Museo del Louvre

Poi verranno gli imperatori.
Ma questa, anche se strettamente legata alle teste qui sopra, è altra storia.

venerdì 20 febbraio 2015

La Colonna Traiana -Appunti veloci veloci-

Colonna Traiana


Le campagne militari vengono narrate con molti particolari, ma anche queste (come le pitture trionfali ,oggi perdute, che narravano nei fori le gesta degli eserciti ) per sequenze figurative che APPARENTEMENTE si riferiscono ai fatti storici e che scandiscono le campagne militari secondo precisi rituali, che si ripetono sempre uguali a se stessi. Insomma, non sono dei veri e propri reportage di guerra.

  • Discorso (adlocutio) all'esercito
  • Sacrificio agli dei (pietas)
  • Presagio favorevole (omen)
  • Presentazione dei prigionieri (submissio)
  • Perdono per chi si sottomette spontaneamente (clementia)
  • consiglio di guerra tra imperatore e stretti collaboratori (consilium)
  • Sconfitta dei nemici

Insomma, nella Colonna Traiana (come poi nelle altre), le scene possono intendersi per lunghi tratti come istituzioni e ergole di comportamento per il perfetto generale

le immagini devono comunicare l'affermazione di alcuni valori “forti”
  • La fiducia nella superiorità assoluta dei romani
  • la sicurezza
  • l'ordine
per quanto siano forti i barbari, non c'è romano che soccomba


E' come se i rilievi fossero un dettagliato registro in cui il Senato romano abbia fissato per l'eternità le imprese dell'esercito e dell'imperatore , come una conferma dei resoconti di guerra ufficiali presentati al Senato e depositati nel Tabularium, l'Archivio di Stato.
Ecco qui di seguito alcune immagini relative a
  • Adlocutio
  • clementia e submissio
  • omen 
  • consilium
ed in questo episodio è visibile il ponte sul Danubio, costruito da Apollodoro di Damasco

La Colonna Traiana, oltre ad essere un "libro aperto" (si ricordi la collocazione della Colonna nel Foro, tra la Biblioteca greca e quella latina) , è anche incredibile documentario sulla vita dell'esercito romano e forse era il supporto visivo- l'album , insomma!- dei Commentarii perduti scritti dall'imperatore stesso.
Ecco in questo episodio, la costruzione di un accampamento
e qui invece la visione di una città

E se Traiano, compare sulla colonna (ricordiamola policroma con addirittura inserti in bronzo là dove si raffiguravano armi) una sessantina di volte, Decebalo, il fiero rivale compare un numero ragguardevole di volte, quasi ad accrescere la fama del vincitore.
Qui sotto l'episodio della morte di Decebalo, pronto a morire per sua stessa mano , da uomo libero.









domenica 1 febbraio 2015

Memorie.... della villa di Adriano

"La Villa era la tomba dei viaggi, l'ultimo accampamento del nomade, l'equivalente , in marmo, delle tende da campo e dei padiglioni dei principi asiatici. (....) Ogni edificio sorgeva sulla pianta d'un sogno"
                     Marguerite Yourcenar, Memorie di Adriano




Adriano, l'imperatore -architetto, diede il via ai lavori dell'immenso complesso nel 118 d.C., un anno dopo la sua ascesa alla massima carica; aveva 42 anni, gliene resteranno altri venti da vivere e qui, dopo ogni viaggio nel vasto impero ereditato da Traiano, trovava riposo, ozio,  gioia. Solitudine.

L'enorme complesso, ancora oggi oggetto di campagne di scavo, si sviluppava su un'area vastissima, circa 120 ettari e sorgeva ad una trentina di chilometri da Roma, lontana dunque dal fragore ed immersa nel verde.
Immensa, il luogo più amato da Adriano, offriva panorami tra i più vari: vallette, alture, corsi d'acqua e edifici- tantissimi- e luoghi diversi funzionali a esigenze diverse

  • per il raccoglimento privato
  • per ricevere una miriade di ospiti
  • per lo studio e le biblioteche
  • per il culto

Molti dei luoghi erano collegati fra loro, oltre che da strade in superficie, anche da vie sotterranee percorribili a piedi o a cavallo.

Tra i tanti luoghi di cui la villa era costituita, i nuclei più insoliti erano tre: la Piazza d'oro, il Teatro marittimo e il Canopo ; spesso questi luoghi avevano i nomi suggestivi di altri luoghi lontani, ricordo dei viaggi e delle scorribande di caccia dell'imperatore.

La Piazza d'oro
Già il nome attesta i materiali preziosi con cui fu costruita . Consiste in un grande piazzale porticato- un peristilio- che sorge dietro al complesso residenziale. Da esso si accede ad un ambiente ottagono con quattro absidi circolari. Sui lati lunghi il peristilio è fiancheggiato  da criptoportici (corridoi coperti) e immette, dal suo lato di fondo, ad una serie di ambienti il cui uso è ancora oggi ignoto. Forse la destinazione non era utilitaria ma solo finalizzata al bello ":::questo virtuosismo architettonico fine a se stesso non manca di avere nel suo carattere tutto intellettualistico il proprio limite e la propria condanna. esso rimase senza seguito e senza sviluppo nel proprio tempo e ci appare quale l'equivalente delle "lodi del fumo" nelle quali si eserciterà il virtuosismo linguistico di un Frontone, il retore maestro di Marco Aurelio. Non certo classicità ma barocchismo" Questo il giudizio quasi inappellabile di Ranuccio Bianchi Bandinelli in Roma-L'arte romana nel centro del potere ,prima edizione Parigi 1969

Il Canòpo
Questa era una "valle longhissima"stretta tra due alture  (così menzionata nella biografia (autorizzata!) di Adriano stilata da Elio Sparziano. Il nome evoca luoghi di quell'Egitto tanto amato dall'imperatore.
Chiara era la volontà di riprodurre il canale egizio che congiungeva la città di Canopo , dove sorgeva un tempio dedicato a Serapide, ad Alessandria d'Egitto; qui infatti furono trovate sculture "egittizzanti" in basalto e pietra nera ed anche una statua di Iside (tutto ai Musei vaticani)
All'interno dell'ampio padiglione semicircolare , qui sopra riprodotto, fu trovato un letto a triclinio ; forse possiamo immaginarlo come un vasto spazio per banchetti all'aperto, allietato da cascatelle e giochi d'acqua.
Ma il luogo più suggestivo e "stravagante" è di sicuro il Teatro Marittimo , che teatro non è ma una graziosa villa isolata da un canale circolare con ponte girevole per interrompere l'accesso agli "indesiderati".

Deve il nome al pregiato fregio in marmo della trabeazione, nel quale sono riprodotti soggetti marini
Il gioco del colonnato esterno che si riflette sullo specchio d'acqua e che è ripetuto nel colonnato della  domus al centro dell'isolotto , accentua il carattere di luogo chiuso , dotato ti tutti i comfort. La casa , dai muri circolari, ha al suo interno tutto il mondo dell'otium : atrio, cortile, portico per passeggiare, camere da letto, terme e latrine. Un luogo da vivere in solitudine, immerso nel verde silenzioso e rilassante.
Qui nel Teatro Marittimo, come in altri edifici, la bellezza era di casa; per terra si dipanavano splendidi mosaici, alcuni in bianco e nero dai motivi d'arabesco
altri policromi che riproducevano scene mitologiche (vedi il centauro e le belve, oggi a Berlino)
o di animali (vedi le colombe qui sotto , oggi al  Museo Capitolino )

E poi, non poteva mancare il luogo destinato ad Antinoo, il giovinetto amato da Adriano e morto ventenne in Egitto, in circostanze poco chiare nel 130 d.C.
L'Antinoeion è stato rinvenuto recentemente, nel 2005 , e quasi con certezza doveva essere la tomba/tempio dedicata al ragazzo; i mattoni qui usati infatti portano i bolli da far risalire al 134 d.C. e le forme dell'ampio luogo rimandano all'Egitto, dove Antinoo trovò la morte.
Lungi dall'amarlo troppo, non avevo amato abbastanza quel fanciullo da obbligarlo a vivere
                                                                                            Marguerite Yourcenar