martedì 20 maggio 2014

Astrazione, astrattismi




L'arte non rappresenta il visibile
ma rende visibile ciò che non
sempre lo è”
Paul Klee

ARTE ASTRATTA O NON FIGURATIVA
è l'arte che NON riproduce o rappresenta
immagini riconoscibili ma ne fa
ASTRAZIONE per giungere alla forma pura

La mancanza di oggetti o temi leggibili NON significa mancanza di significati anche se questi sono espressi solo dai colori, linee, forme compositive
  • (vedi l'architettura , per esempio, che ha un valore espressivo e teorico anche se non riproduce alcun oggetto naturale)
  • (vedi la musica che può evocare sentimenti e pensieri senza riprodurre alcun dato specifico)
  • Così la pittura- per gli astrattisti- non ha bisogno di imitare la realtà.

Tanti i segnali dell'avvento dell'Astrattismo
esempio
  • Il Romanticismo, che distingue tra imitazione e creazione, predilige quest'ultima
  • il Simbolismo che asserisce che compito dell'arte è indagare ciò che è oltre il sensibile
  • il Neoimpressionismo che si sofferma sul segno, la pennellata, i rapporti tra i colori
  • o Gauguin che fa scoprire che , esempio, il mare si può dipingere rosso se si sente rosso.
Paul Gauguin, Come, sei gelosa?, olio su tela, 1892, Mosca , Museo Puskin
Ecco le basi!

Inoltre a fine Ottocento il filosofo tedesco Konrad Fiedler e lo scultore suo conterraneo elaborarono la teoria della PURA VISIBILITA'
  • L'arte è un linguaggio specifico con leggi proprie, che ha come fine la visione
  • Principio e scopo dell'attività artistica è la creazione di forme che esistono solo grazie all'arte
E poi lo scritto di Wilhelm Worringer ,Astrazione e empatia del 1907. Qui Worringer divide il fare artistico 
  • in ASTRAZIONE (vedi l'arte dei "primitivi" o il decorativismo fantasioso del Gotico
  • ed EMPATIA (un'arte che , entrando empaticamente in sintonia con la natura perché sua imitatrice corrisponde al classicismo e dunque al mondo - e al modo di pensare- dell'Occidente)
Storicamente parliamo di astrattismo con il Primo acquerello astratto di Kandinskij del 1910/11
Wassilij Kandinskij, Primo acquerello astratto ,Parigi, Centro Georges Pompidou

In realtà K. è giunto per gradi.
Uomo di legge, aveva abbandonato , dopo un viaggio nel nord della Russia, la cattedra universitaria èer dedicarsi all'arte.
Nel 1896 si trasferì nell'effervescente Monaco e prese lezioni dal simbolista Franz von Stuck.
La strada era tracciata.
Fondò nel 1901, insieme alla compagna Gabriele Munter e Alfred Kubin (tutti pittori) il gruppo Phalanx

.Già dall'illustrazione per la prima mostra, si nota l'amore di Kandinskij per il blu e per i cavalieri; i due personaggi di profilo sono la falange armata della nuova arte espressionista. L'amore per il medioevo incantato e per le favole si nota anche dalla città stilizzata sul fondo e le scelte  grafiche , sebbene con caratteri  ancora Jugendstil , preannunciano l'interesse per questo veicolo di comunicazione che si ritroverà nel periodo Bauhaus.
Insomma, dalle prime opere ancora figurative

(Coppia a cavallo, 1906, olio su tela, cm.50 x 55, Monaco,Stadtische Galerie im Lembachaus )
si passa a Paesaggio con torre del 1908, olio su cartone, 74 x 98, Parigi Centre Pompidou, opera nella quale l'allontanamento dal soggetto è ben evidente. Certo, si riconoscono ancora case, alberi e prati, ma questi sono definiti attraverso il colore fauve e non più imprigionati nei contorni del disegno

La potenza del colore è tutta cantata nell'acquerello del 1911 e descritta nel testo fondante della pittura del russo, Dello spirituale nell'arte, dato alle stampe a Monaco nel 1912
Forme e colori hanno un loro linguaggio, svincolato dal reale, inteso come figurativo. Questo è ciò che K. afferma :
«Chi ha sentito parlare di cromoterapia sa che la luce può avere effetti sull’organismo. Più volte si è tentato di adoperare la forza del colore per curare varie malattie nervose, e si è osservato che la luce rossa ha un effetto vivificante e stimolante anche sul cuore, mentre la luce azzurra può portare ad una paralisi temporanea. [....] Questi fatti dimostrano comunque che il colore ha una forza, poco studiata ma immensa, che può influenzare il corpo umano, come organismo fisico. [...] In generale il colore è un mezzo per influenzare direttamente un’anima. Il colore è il tasto. L’occhio è il martelletto. L’anima è un pianoforte con molte corde. L’artista è la mano che, toccando questo o quel tasto, fa vibrare l’anima. E’ chiaro che l’armonia dei colori è fondata solo su un principio: l’efficace contatto con l’anima. Questo fondamento si può definire principio della necessità interiore.

Troppo vasta sarebbe la trattazione del Kandinskij in Russia, al Bauhaus e poi fuggiasco perchè "artista degenerato",  in Francia.
Si accenna soltanto alla seconda opera scritta Punto, linea e superficie, del 1926; le lezioni tenute al Bauhaus trovano qui pubblicazione e la pittura di questi anni diviene più rigorosa
Punte nell'arco, 1927, olio su tela, 66 x 49 cm, Parigi collezione privata
Qui, nonostante l'ordine dettato dalle tre figure geometriche chiave (il triangolo, tendente verso l'alto, il quadrato severo e materico e dunque rosso, il silenzioso blu del cerchio) , il ritmo dolcemente oscilla grazie all'arco formato dagli spigolosi triangoli

E poi tanti altri astrattismi
In Russia
  • il Suprematismo di Malevic (Alla ricerca della forma assoluta, l'essenza)
  • il Costruttivismo di Tatlin (più proiettato verso una funzione progettuale dell'opera d'arte) 
  • Kazimir Malevic, Quadrato nero e quadrato rosso, 1915, olio su tela , Wilhelm Hack Museum , Ludwigshafen
In Olanda
  • De Stijl di Mondrian (L'arte astratta come neoplasticismo -nuova forma- , come esigenza di un nuovo equilibrio tra universale e particolare)
    Attraverso la purezza degli accordi tra linee e colori, tra grandezze e quantità,e grazie alla ricerca delle strutture logiche del reale si elimina, secondo Mondrian , il dato naturale e dunque l'aspetto tragico delle cose.
Pietr Mondrian, L'albero rosso, 1908, olio su tela, L'aia, Geneentenmuseum

 Pietr Mondrian , L'albero argentato, 1911, L'aia, Geneentenmuseum
Pietr Mondrian, Quadro I, 1921; olio su tela, 96 x 60 cm, Basilea, collezione privata

O ancora in Svizzera con Paul Klee

Strada principale e strade secondarie, 1929, Colonia, Ludwigmuseum
in cui l'astrattismo a quei tempi rigoroso di Kandinskij si stempera in paesaggi fantastici ed in linee diagonali che si ricongiungono all'orizzonte.

giovedì 8 maggio 2014

Boccioni e la doppia serie degli "Stati d'animo

Ognuno di noi ha avuto, ha , avrà un anno "speciale".
Bene, quello di Umberto Boccioni è stato il 1911.
Ha ventinove anni, ha finalmente trovato la città che sente sua, Milano, ha conosciuto l'esuberante Filippo Tommaso Marinetti che è pronto a proiettarlo nel firmamento artistico internazionale.
La pittura ormai  la mastica con successo, dopo aver seguito a Roma nei primi anni del Novecento gli insegnamenti di Giacomo Balla e a Milano i preziosi consigli di Gaetano Previati.
Tutti e due, seppur in maniera diversa, divisionisti.
Vende al musicista Ferruccio Busoni, proprio nel 1911 La città che sale, policromo inno alla vita e, fiducioso per i buoni riscontri di critica, si appresta a dipingere un trittico dedicato agli stati d'animo moderni.
Ne nasce la prima versione, quella conservata al Museo del Novecento a Milano.
Il trittico era "di moda" tra i divisionisti italiani : nel 1907 Previati aveva dipinto con una pennellata sfilacciata e con colori luminosi il Trittico del giorno (qui sotto riporto il pannello centrale, tutta l'opera è a Milano alla Camera di Commercio Industria Artigianato Agricoltura)

 e il solitario Segantini aveva dipinto il Trittico delle Alpi ,conservato a Saint Moritz, nel museo a lui intitolato

Quello di Boccioni però non vuole avere nulla di simbolico e stucchevole e l'ambientazione non sarà più la Natura benigna e immaginata ma il moderno: la stazione ferroviaria.
E così nascono i tre dipinti degli Stati d'animo prima maniera  che sono Gli addii al centro e ai lati Quelli che vanno e Quelli che restano.

Vediamoli.
Umberto Boccioni, Stati d'animo I.Gli addii, 1911, 58,4 x 86,4 cm, Milano Museo del Novecento
Con una pennellata memore delle tendenze espressioniste e della linea sinuosa e agitata di Munch (pittore molto amato dal Boccioni di questo periodo) , l'artista dipinge al centro dell'opera un abbraccio che a fatica si scioglie tra due persone. La visione è dall'alto e la ripetizione di altre due coppie, più piccole e decentrate rispetto alla prima, rende l'addio ancor più doloroso. Il colore, pastoso e filamentoso, contribuisce alla creazione di un clima di "angoscia da separazione".

Umberto Boccioni, Stati d'animo I. Quelli che restano, 1911, 71 x 96, Milano, Museo del Novecento
Ecco come immagina chi rimane mentre tu sei partito: fermo, piegato e chiuso nel dolore del distacco. Il colore? quello dell'equilibrio, della staticità: il verde. La pennellata? sempre "espressionista" e "fauve" (nel 1906 Boccioni era stato a Parigi ed aveva conosciuto Matisse, oltre che Picasso "rosa") con filamenti verticali, quasi lacrime copiose che annebbiano la vista.
Anche gli alberi, sagome stilizzate, sono spogli.


Umberto Boccioni, Stati d'animo I. Quelli che vanno, 1911, 71 x 95, Milano, Museo del Novecento
Il dinamismo, tema forte del futurismo, qui è reso grazie ad un'immagine vista dal finestrino di un treno in movimento: tutto sfugge veloce come le case in alto a destra ancora ben strutturate e in verticale che in alto a sinistra sono raffigurate in diagonale. Il treno acquista a poco a poco velocità ed il paesaggio diventa meno riconoscibili. Lo spettatore - noi sul treno che dal finestrino osserviamo- è rappresentato dal volto tagliato posto all'estrema sinistra del dipinto. Ecco come si fa a rappresentare la velocità!

Poi , verso fine anno Boccioni torna a Parigi.
Il giovane Picasso aveva ormai stupito il mondo col suo cubismo ; di questo periodo è il Ritratto di Ambroise Vollard (olio su tela, 92 x 65, Mosca, museo Puskin)

e Boccioni non resta insensibile alle scelte dello spagnolo. Quella "dislocazione e smembramento degli oggetti, sparpagliamento e fusione dei dettagli, liberati dalla logica comune e indipendenti gli uni dagli altri" riferiti alle opere  di Boccioni post 1911, sono esplicito riferimento alla scomposizione cubista.
Al ritorno a Milano ecco la seconda versione degli Stati d'animo , risciacquati nella Senna.

Umberto Boccioni,Stati d'animo II. Gli addii, 1912, 70,5 x 96,2, New York, MOMA
Ecco la scomposizione cubista a cui  Boccioni aggiunge il colore e il movimento.
Al centro la locomotiva, di cui riconosciamo il numero di serie, lo spoiler, i fari, sembra farsi spazio tra una mesta folla di persone che sono rimaste sulla banchina della stazione. Il colore della velocità è un'onda rossa con arcobaleni gialli e blu; il colore della staticità è il verde. L'abbraccio di nuovo ripetuto è reso grazie alla scomposizione dinamica dei volumi.
In secondo piano le arcate in ferro battuto della stazione (sicuramente quella Centrale  di Milano) ed un palo dell'elettricità delineano il nuovo paesaggio urbano.

Umberto Boccioni, Stati d'animo II. Quelli che restano, 1912, 71 x 96 cm., New York MOMA
La seconda versione è una variazione sul tema della prima: stesso colore, stessa malinconia resa da una "ferma" cascata di lacrime, stessi personaggi che si palesano a noi , dal più grande e vicino a sinistra al più piccolo e lontano in alto a destra.
Umberto Boccioni, Stati d'animo II. Quelli che vanno, 1912,  71 x 96 cm. , New York, MOMA
Stessi colori dell'opera gemella (blu e giallo, freddo e caldo per rendere con più vigore il contrasto tra chi resta e chi parte). I volti qui però sono già maschere, o per dirla "alla Boccioni" , degli Antigraziosi (simpatico neologismo per non utilizzare la parola "brutto") , mediate dalle opere cubiste di Picasso.
Umberto Boccioni, Antigrazioso 1913,Roma, galleria d'arte moderna.
La staticità, l'accademismo mascherato, l'incuranza del soggetto, tutte accuse mosse dai futuristi ai "cugini" cubisti, eccole superate.
Nel 1913 arriverà Forme uniche della continuità dello spazio.
Che è di nuovo altra storia.