sabato 8 agosto 2020

"Nel particolare si rivela Dio" Francesco Borromini e il suo San Carlo alle quattro fontane

 Ordine della Santissima Trinità...

Fondato agli inizi del Duecento dal provenzale san Giovanni de Matha ( la missione era liberare i cristiani soggetti alla schiavitù) , fu riformato dopo il Concilio di Trento e divenne Ordine dei Trinitari scalzi per approvazione di papa Clemente VIII

Quattro frati spagnoli furono inviati a Roma nel 1609 per aprire una casa procura. Trovarono un luogo tra un crocicchio di vie ( tra la via Pia e la via Felice , oggi via del Quirinale) , a pochi passi dal Palazzo pontificio.

Con i mezzi, pochi, che possedevano, costruirono alcune celle e una piccola chiesa dedicata- prima al mondo- a san Carlo, canonizzato nel 1610.

E qui arriva Francesco Borromini

Francesco Borromini , San Carlo alle quattro fontane, 1634- 1660, Roma

Era nato vicino Lugano - a Bissone - nel 1599 ma poi si era subito trasferito a Milano ( il Canton Ticino, ancora oggi, fa parte della Diocesi di Milano)  e come scalpellino aveva lavorato alla Fabbrica del Duomo

Poi nel 1620 giunse a Roma, cambia il nome, non più Francesco Castelli ma Borromino, forse per devozione a Carlo Borromeo

Qui lavorò presso il cantiere di san Pietro , che era in mano al ticinese Carlo Maderno ma  alla  sua morte nel 1629 ,prese  la direzione dei lavori Gian Lorenzo Bernini .

Borromini e Bernini avevano già lavorato insieme sia a Palazzo Barberini sia nel progetto per il Baldacchino di san Pietro ma la loro concezione del fare artistico era totalmente diversa ; artigiano consumato, Borromini disprezzava le lacune tecniche di Bernini che considerava gli arzigogoli del rivale degni ( quindi indegni) dei modi gotici

Così nel 1633 Borromini,  rescinde il contratto e finalmente nel 1634 progetta la sua "opera prima" , San Carlino.

Quali i problemi da affrontare ? 

Lo spazio ristretto

Il desiderio della committenza di avere convento ( celle, refettorio, biblioteca) e chiesa

Pochi soldi a disposizione

Bella sfida: pensare in piccolo per fare qualcosa di grande !

Il primo intervento fu il chiostro, iniziato nel 1638.


Francesco Borromini, il Chiostro di San Carlo alle quattro fontane ,1638
Un cortile rettangolare con al centro un pozzo , è circondato da colonne binate  sormontate da un sistema alternato di arcate e architravi ; gli angoli smussati dilatano lo spazio. Niente è lasciato al caso: la semplicità delle colonne tuscaniche è specchio della semplicità dei Trinitari scalzi ma no deve trarre in inganno. Borromini prevede delle varianti : nel loggiato i capitelli diventano ottagonali e la balaustra presenta un alternarsi e un rovesciamento dei pilastrini . persino il coronamento in ferro del pozzo al centro del cortile fu pensato più e più volte dall'architetto, come mostra il foglio con le varianti ( e nessuna di queste fu poi utilizzata ...)
Francesco Borromini, schizzi per il coronamento del pozzo di san Carlino
Lo stesso gioco di spazi dilatati è presente, ma in maniera molto più scenografica ,nell'interno , iniziato nel 1641



Pianta di san Carlo alle quattro fontane

La pianta è qualcosa di nuovo , centrale ottenuta dal ribaltamento di un triangolo equilatero che forma un rombo dagli angoli smussati e se le pareti danno ritmo allo spazio , grazie alle membrature che si incurvano, la cupola è da lasciare letteralmente a bocca aperta

Francesco Borromini, Interno di san Carlo alle quattro fontane, 1641

 La simbologia trinitaria è evidente sia dalla pianta ma anche in ogni pilastro che ha tre nicchie e ogni nicchia tre conchiglie, e al centro della cupola la Trinità è simboleggiata dalla colomba dello Spirito santo all'interno del triangolo equilatero

Cupola di San Carlo alle quattro fontane

Qui tutto l'ingegno di Borromini si nota nelle strutture portanti e nei dettagli , nel grande e nell piccolo insomma

La cupola ovale si raccorda alle quattro arcate absidali tramite pennacchi che mostrano anch'essi rientranze e sporgenze e la decorazione interna della cupola , fatta di ottagoni, croci, esagoni simili alle celle di un alveare , riesce a dare l'illusione di uno spazio dilatato . A questo concorre anche il colore .

Se nelle chiese barocche coeve ha la meglio l'oro, qui domina la purezza del bianco che amplifica col suo chiarore uno spazio in altezza di soli 56 metri !

E' un'opera quasi astratta nelle sue decorazioni , quasi a voler sottolineare la forza di una fede che non necessita di icone e di una religiosità che ha bisogno di tornare alle origini

Forse non è solo una comunanza "di territorio" che fa scegliere a Borromini dei rimandi  lombardi come l'interno della Basilica di san Lorenzo a Milano, chiesa paleocristiana per eccellenza

Basilica di San Lorenzo a Milano, Interno


E poi la facciata iniziata dopo il 1660 , quasi testamento artistico di Borromini che non ne vide il completamento

 

E qui tutto il gioco che nel chiostro, all'intero della chiesa mostrava questo spazio fluido, è celebrato grazie alle colonne giganti che sporgono e alle nicchie che arretrano; la sua triplice flessione già ci fa presagire lo spazio all'interno.

Insomma ha una funzione evocativa

Come se poi , alla fine della sua vita, Borromini avesse voluto riappropriarsi dei ricordi architettonici della sua Lombardia ; ecco che le tante facciate a cartone ondulato che poi saranno una hit del barocchetto lombardo prendono spunto da qui ma a sua volta dalla facciata del Collegio Elvetico (oggi archivio di Stato) di Milano, voluto dal Cardinale Federico Borromeo e realizzato da Fabio Mangone , capomastro del Duomo di Milano, presso cui Francesco ragazzino aveva mosso i primi passi


Fabio Mangone,  Collegio Elvetico (palazzo del Senato), 1613, Milano

E' un cerchio che si chiude 



sabato 1 agosto 2020

La rivoluzione realista di Annibale Carracci : La bottega del macellaio

La famiglia Carracci tanto deve alla professione del macellaio .
Ludovico (1555- 1619) era figlio di un macellaio, Vincenzo che sicuramente contribuì economicamente a quello "scatto sociale" che permise  a lui e ai suoi cugini Agostino (1557 - 1602) e Annibale  (1560 - 1609) di fondare la prestigiosa  Accademia degli Incamminati a Bologna.

Annibale Carracci, Autoritratto con altre figure ,1593 ca. , olio su tela,
cm.60 x 48, Milano Pinacoteca di Brera
E se  Ludovico e Agostino  si vergognavano della professione dei loro parenti, Annibale invece da lì partì e cercò di nobilitare attraverso due sue opere il mestiere dei beccai.

Procediamo con ordine.

Uno dei primi a dipingere una scena chiaramente di genere legata alla macelleria  fu il pittore bolognese Bartolomeo Passerotti (1529- 1592) presso la cui bottega si formò proprio Annibale

Bartolomeo Passerotti, La macelleria , 1577 , olio su tela,
cm. 112 x 152, Roma , Galleria Nazionale di Arte Antica 

Due macellai, in pose sbilenche , sono rappresentati tra pezzi di carne e attrezzi del mestiere . I loro volti mostrano difetti fisici ( si veda soprattutto il beccaio sulla destra) e vogliono indurre alla risata, 
La figura dei macellai era oggetto di dileggio perché erano lavoratori che curavano poco il loro vestiario e erano sporchi.
Il bianco , nell'opera di Passerotti , è quello della carne; le camicie dei due sono di un colore spento e compaiono qua e là _ sul coltello, sul bancone- macchie di sangue.
Orrore! il sangue nei dipinti era esibito solo per il martirio dei santi o per la morte di Cristo !

Era una moda tenersi in casa tele che ammiccavano a significati anche sconci e popolari , si vedano gli interni del pittore cremonese Vincenzo Campi, uno specialista in opere che mescolavano realismo e allegorie.

Vincenzo Campi, Pollivendoli, 1578-81, olio su tela
cm. 147 x 215, Milano, Pinacoteca di Brera

Annibale Carracci non fa così



Annibale Carracci, La macelleria, 1580, olio su tela, cm. 60 x 71 ,
Fort Worth, Kimbell Art Museum 
In questa prima opera è evidente che Annibale cerchi di entrare in relazione con l'opera del maesto Passerotti . Anche qui due sono i macellai ma a figura intera e i gesti dei due lavoranti non solo sono quelli sapienti di "addetti ai lavori" ma hanno una dignità che le figure del Passerotti non possiedono.
Le loro vesti sono pulite , non c'è traccia di sangue ,sulla trave in altro a sinistra  compare il listino prezzi e il gesto del beccaio è molto simile a quello di un cavaliere pronto a sfoderare la spada.
E' un'opera simmetrica, ordinata, la gamma cromatica è misurata e la bravura di Annibale si nota soprattutto nella figura a sinistra, aggiunta senza disegno preparatorio quando il bancone era già stato dipinto e completato.
L'attenzione al "vivo" , per usare proprio un'espressione di Annibale, si nota nella precisione dei tagli di carne ( così non è nell'opera di Passerotti ) e nelle screpolature dell'intonaco che fanno vedere i mattoni.

Sappiamo dall'opera di Cesare Malvasia che i rapporti tra maestro - Bartolomeo Passerotti- e allievo - Annibale- si erano guastati 

Cesare Malvasia , frontespizio del libro   Felsina pittrice, 1678

Due sostanzialmente i motivi di "fastidio" nei confronti di Carracci: sicuramente la concorrenza ma anche  l'aver "copiato" alcune invenzioni del maestro

Se così può essere per la Piccola macelleria di Fort Worth, così non  è per la seconda e più famosa opera 

Annibale Carracci, La bottega del macellaio,1585, olio su tela, 
cm. 190 x 272, Oxford, Christ church
I committenti di questa grande tela? Un enigma
Forse l'opera era per una nota famiglia bolognese - i Canobi- proprietaria dei locali di una delle grandi macellerie della città
Ma le ricerche d'archivio non hanno ad oggi dato risultati

Quattro i momenti fondamentali qui raffigurati
Dal centro in basso è come se l'opera si "avvitasse"a cerchio da destra a sinistra

Al centro è rappresentato il momento cruciale, l'attimo prima di sferrare il colpo per l'uccisione dell'animale.
Il giovane macellaio chinato gira la testa verso l'alto  e ci offre il verso di lettura dell'opera
La capra è ancora viva, il sangue non c'è, i grembiuli sono lindi.
Il gesto del giovane beccaio  non è per nulla scomposto, anzi molti hanno notato come sia simile al Sacrificio di Noè  di Raffaello alle Logge vaticane  che Carracci conosceva attraverso l'incisione di Marco Dente 

Marco Dente, Il sacrificio di Noè , incisione da Raffaello

Dietro il ragazzo fa capolino un cane . Aspetta qualche osso
Il secondo macellaio è intento ad appendere a un gancio una mezzena di vitello.
I suoi gesti sono studiatissimi e molto più riosciti e meno "ingessati" rispetto al macellaio della prima opera.
E' come se Annibale avesse ormai acquisito esperienza e bravura e si fosse "corretto" delle imperfezioni presenti nella prima Macelleria.

Il terzo macellaio è al centro ma dietro il bancone, pronto a steccare la carne con rametti aromatici . La vecchia al suo fianco attende la consegna
Infine il quarto lavorante  pesa sulla stadera il pezzo di carne che la guardia svizzera -Bologna era nello Stato della Chiesa- sta per acquistare. Il soldato sta per prendere dalla scarsella il denaro .
Avrà sicuramente controllato i prezzi riportati meticolosamente sul foglietto posto sulla trave in alto a destra 
Tutto qui  è realtà, a differenza dell'opera del Passerotti  e se l'attenzione al vivo non permetteva ad Annibale di dipingere i macellai con abiti pretenziosi, tutto doveva essere pulito e gradevole alla vista
C'è inoltre un ribaltamento del "comico" che non è nei macellai che svolgono con  professionalità il loro lavoro ma nelle figure di contorno : la vecchia, timorosa di essere "fregata" nella spesa e la guardia che controlla il peso.
Inoltre è probabile che queste scene avessero un significato morale : il Discorso sulle immagini sacre e profane del cardinale Paleotti dava rigorose indicazioni ai pittori . Dopo il Concilio di Trento tutto doveva essere vagliato dalle autorità ecclesiastiche.

Forse nelle pose ritorte dei personaggi  Annibale è ancora in debito con quelle "serpentinate" tanto care al Manierismo ma la novità è tutta nell'orgoglio di rappresentare chi bene svolge un mestiere .
Guardando queste opere, come anche il Mangiafagioli della Galleria Colonna , uno rimane stupito dalla svolta "alta" che il giovane Carracci avrà quando, entrato nelle grazie del cardinale Odoardo Farnese , dipingerà in un tripudio di colori la volta della Galleria 

Annibale Carracci, Volta della Galleria Farnese a Roma, 1598 1601
Ma questa è un'altra storia...