martedì 29 ottobre 2013

Brunelleschi uomo nuovo

Quando nel 1401 l'arte di Calimala bandì il concorso per la seconda porta del Battistero di Firenze (il bel san Giovanni) e diede un anno di tempo agli artisti per produrre il tema  del Sacrificio di Isacco , chissà se si era resa conto che sarebbe iniziata una stagione incredibile per Firenze!
Le due formelle, di Filippo Brunelleschi e Lorenzo Ghiberti - a cui andò la vittoria- raccontano la stessa vicenda con linguaggi diversi
La prima, di Filippo, inserisce le figure realistiche in uno spazio funzionale all'azione : c'è un primo , un secondo e un piano di fondo, ma la natura è ininfluente. Il nostro occhio deve essere carpito dalla forza quasi erculea di Abramo pronto a sgozzare il figlio e l'angelo non è una creatura eterea ma con altrettanta forza afferra la destra di Abramo.
Tutto il resto- asino, servitori (in basso a sinistra il cavaspino di ellenistica memoria) , montone fuoriescono dai bordi

La seconda, più elegante e con una lettura lineare , ferma con grazia i gesti studiati dei protagonisti, il panneggio è classico, il nudo di Isacco statuario.

Entrambe attestano un rapporto nuovo con l'Antico.
Ma...
Ma se Ghiberti  si sentiva l'erede di Giotto e Nicola Pisano e il continuatore del tardo Trecento, Brunelleschi sa che quest'ultima fase della storia della sua città è di involuzione e solo Roma può permettergli di ritrovare una naturalità espressiva  che era andata perduta nei rigori liturgici ed iconografici dell'arte bizantina e negli arzigogoli gotici.

E così dal 1402 Brunelleschi intraprende viaggi, chiamiamoli pure di formazione, a Roma e torna a Firenze con la consapevolezza di essere un uomo nuovo .
Cosa significa? Difendere la professionalità dell'architetto contro il vago "magistero" dell'artefice e affermare la priorità della tecnica sulla perizia del mestiere ( e tutto questo passa ad Alberti che progetta e quasi non si cura delle realizzazioni delle sue opere)

Dal 1418 a Firenze è un fiorire di capolavori brunelleschiani
Dalla armoniosa facciata per lo Spedale degli Innocenti , dove tutto è misurato secondo il quadrato (altezza della colonna uguale intercolumnio uguale distanza tra colonna e muro uguale altezza della comoda scalinata )
a San Lorenzo e la Sagrestia vecchia, Santo Spirito e la cupole di santa Maria del Fiore (e ne abbiamo dimenticati tanti ...)
Il rapporto di vuoti e di pieni che deve ingentilire il volto  di questa istituzione tanto cara ai fiorentini ( lo Spedale era ed è un brefotrofio) ben è misurato dalle arcate ariose tra le quali i tondi coi bimbi in fasce , opera di Andrea della Robbia, creano una bella macchia di colore insieme al nitido intonaco e alla pietra serena



La stessa armonia si misura negli interni spaziosi e luminosi si San Lorenzo e Santo Spirito.
La luce entra nelle chiese in modo uniforme, non ci sono più zone il penombra come nelle chiese romaniche o luoghi in cui la luce si rifrange in mille colori, riflessa dalle vetrate gotiche.
La luce compiuta, solare, quasi allegra e "ariosa" ricorda che alla preghiera e a Dio ci si accosta per scelta e per gioia

E addirittura questo slancio "positivo" verso l'alto è reso ancor più evidente nella creazione del "dado brunelleschiano" , sorta di pulvino, elemento di raccordo tra il capitello delle colonne e le arcate.
E la luce ancora dall'alto si irradia ad ombrello nella cupola a dodici spicchi della Sagrestia nuova di San Lorenzo
Qui,  Filippo prende le misure per il suo capolavoro.
La chiesa di santa Maria del Fiore necessitava di copertura e Brunelleschi NON si pone il problema di continuare il progetto di Arnolfo ,ma di CONCLUDERLO
Sappiamo che fu una sfida; le maestranze in grado di costruire un ponteggio che partisse da terra non c'erano più, quindi Brunelleschi deve PENSARE DIVERSO e dovrà sostituire ad un'esperienza collettiva- il cantiere medievale- un'esperienza individuale, la sua.

Come costruirla senza centine? Coi mattoni a spinapesce di romana memoria e con la doppia calotta (chissà se di spunto  fu per lui la doppia calotta del Battistero..)
E la doppia calotta - la cupola interna che sostiene quella esterna- , le scale concentriche che partono dall'enorme tamburo e che si costruiscono insieme alla cupola che a poco a poco sale, servono a suddividere il peso della massa muraria ma anche a differenziare la forma
Sappiamo infatti che all'inizio, nel 1420, Filippo aveva previsto una calotta a tutto sesto.
In fase di costruzione cambia idea.
La cupola autoportante sarebbe stata  meno pesante  con gli otto spicchi a sesto acuto , raccordati alla lanterna , non elemento decorativo ma "chiave di volta" , che raccoglie tutti i costoloni della cupola stessa


Il risultato finale è sotto gli occhi di tutti i fiorentini. Non puoi perderti a Firenze nel dedalo delle viuzze medievali. Basta alzare gli occhi e, eccola lì.
L'hai trovata

giovedì 24 ottobre 2013

L'erotico Bronzino

Agnolo di Cosimo, detto il Bronzino (forse per il colore della sua zazzera) è il manierismo.
Nacque vicino Firenze nel 1503 e qui vi morì nel 1572.
Di umili origini, mostrò grande talento nella pittura, tanto che non ancora quindicenne andò a lavorare nella bottega del "folle" (e grandioso!) Pontormo.
Proprio con lui lavorò alla Cappella Capponi in Santa Felicita a Firenze (mi riprometto, la inserirò...) ; suo è il tondo sulla volta che ritrae san Matteo, sensualissimo e dagli occhi spiritati
E' un santo quello che ci si para davanti agli occhi? oppure un efebo ? E quello che ha in mano è il Vangelo ? Deduciamo che sia una figura sacra per la presenza dell'angelo il cui sguardo sale verso il giovane
Di talento Bronzino ne aveva eccome, così Cosimo I de' Medici lo chiama per la decorazione della Cappella della Duchessa Eleonora di Toledo e il sodalizio artistico con Cosimo sarà segnato.
Qui, siamo negli anni dal 1540 al 46, Bronzino raffigura alle pareti le Storie di Mosè  nelle quali il patriarca biblico, salvatore del suo popolo, viene raffigurato come "prefigurazione" di Cosimo, restauratore dello Stato fiorentino
(veduta zenitale della volta della Cappella di Eleonora di Toledo in Palazzo Vecchio)

Elegante, raffinato, il pittore ormai è l'arma di propaganda del signore di Firenze
Nella sua opera più nota ,l'Allegoria  con Venere, Cupido e il Tempo (1545) oggi alla National Gallery, Bronzino si diverte a elaborare un linguaggio iconografico complesso,

Fu donata da Cosimo al re di Francia Francesco I e al centro una nivea Venere è abbracciata lascivamente da Cupido che poggia le ginocchia su un sontuoso cuscino rosso e che schiaccia col piede destro una colomba bianca , simbolo di un candore represso.
Le altre figure? di difficile interpretazione.
Il putto ridente che sparge petali di rosa è forse la Gioia ; dietro di lei la ragazza con le mani scambiate ha in realtà corpo leonino e di rettile e tiene in mano un dolce favo di miele. E' l'Inganno a cui fan riferimento anche le  maschere ai suoi piedi.
Dalla parte opposta la Disperazione è la anziana che porta le mani ai capelli e sopra di lei una donna coi capelli di tre colori diversi raffigura forse le tre età dell'uomo.
La scena è svelata da Crono, l'aitante anziano che sorregge il velo azzurro e il tempo che scorre è simboleggiato dalla clessidra posta dietro di lui.
Forse è allegoria dell'amore sensuale che è sottomesso all'inganno e che dunque genera disperazione ; il tempo passa su tutto (che aggiusti o lenisca i dolori, è da vedere)
Ma l'ultima opera che voglio mostrare, non tra le più famose, è la Resurrezione della Santissima Annunziata.

Opera del 1557, mostra come anche Bronzino, artista di Maniera, avesse meditato sulla lezione di Raffaello (i rimandi alla Trasfigurazione  di Raffaello del 1518 sono evidenti)
 
Ma soprattutto questa opera (quella di Bronzino intendo) , rimase indelebile nella memoria di Theodore Géricault che la vide nel 1816 a Firenze e che la fece sua due anni dopo nella sua Zattera della Medusa .I corpi riversi per terra  dei poveri naufraghi raffigurati da Géricault sono gli stessi, sensuali, colmi di phatos reso ancor più ridondante dai colori, nell'opera dell'artista italiano

giovedì 17 ottobre 2013

Carte su Velazquez (per fare il verso a Ortega y Gasset..)

Ah, il Siglo de Oro! Cosa doveva essere la Spagna a cavallo tra Cinque e Seicento, carica di Giovanni della Croce, Teresa d'Avila, Cervantes, Lope de Vega, Calderon de la Barca, el Greco...
E lui, Diego Velazquez, che segnò la corte spagnola dal 1623 -appena ventiquattrenne- al 1660 .
Trentasette anni al servizio del re Filippo IV, tantissime opere a lui e ai suoi familiari dedicate.
La più compiuta? certamente La famiglia di Filippo IV, meglio nota come Las meninas (le damigelle di corte)
E' il 1656
Qualche anno prima Filippo IV aveva sposato in seconde nozze la giovane e vezzosa Marianna d'Austria, più e più volte ritratta da Velazquez, come del resto l'infanta Margherita.
E così qui, in un meraviglioso gioco teatrale sono messi insieme la sintesi, l'utopia e l'eclissi di un mondo- quello del pittore, ma soprattutto quello della corte.
 Chi sono i veri fruitori dell'opera? Noi che guardiamo il dipinto, che in realtà siamo Filippo IV e Marianna riflessi allo specchio, quasi un quadro virtuale, sulla parete di fondo.
E l'interno appartiene ad una realtà misurabile solo nella scala dei valori prospettici.
Tutto è sospeso, colto nell'attimo.

  • Velazquez non sa se posare o meno il pennello, se intingerlo nei colori sulla tavolozza
  • Dona Maria Augustina sta per servire l'infanta di Spagna
  • la quale accenna ad un inchino ai sovrani giunti nella stanza, ma sta per restituire la brocchetta rossa
  • l'altra menina, dona Isabelita, risponde all'arrivo dei sovrani anche lei con un inchino
  • la nana non sa adeguarsi all'occasione
  • così anche il nano Nicolasito che infastidisce il paziente mastino
  • In penombra due personaggi, i precettori di Margherita, conversano tra loro
  • Sul fondo una luce che arriva dalla porta e i gradini varcati dal maresciallo di palazzo, alludono ad un altro spazio di questa scatola prospettica
Alle pareti diverse opere di Rubens e altri pittori  

Ogni cosa è fresca , ma nello stesso tempo cristallizzata!
Il re aveva chiesto questa opera all'amico Diego per i suoi appartamenti privati all'Alcazar. 
E questa , come altri struggenti ritratti ( vedi quello al piccolo Filippo Prospero, che morì a tre anni) 
ci racconta con pennellate maestose e un cromatismo degno di Caravaggio , come anche i sovrani si chiudessero nei loro affetti, non sempre luminosi ma , come qui sopra, mesti e "umani"

150 anni dopo, Francisco Goya, altro "pintor del rey" , dipingerà con lucido cinismo, la corte poco cristallina di Carlo IV. Il riferimento all'ineguagliabile capolavoro di Velazquez è evidente.
Ma Goya è altra storia

sabato 12 ottobre 2013

Le storie di san Francesco ad Assisi. Parlano SOLO le immagini

272 giornate
272 pezzi di intonaco a fresco stesi successivamente durante il corso dei lavori.
Tempo minimo? Due anni, un lasso compreso tra il 1290 e il 1295.
All'inizio Giotto , che prende spunto dalla Legenda maior di san Bonaventura (ma l'idea è dettata dal papa francescano Nicolò IV) , fa tutto o quasi; poi la presenza dei suoi aiuti è evidente e negli ultimi episodi di Giotto c'è ben poco. Ma il lavoro è approvato da lui, quindi è suo.
La narrazione parte da destra, quarta campata , registro mediano
  • Episodio 1 San Francesco onorato da un uomo semplice
  • Episodio 2 Il dono del mantello
  • Episodio 3 Visione  del palazzo pieno d'armi
  • Episodio 4 Preghiera in san Damiano (ma quanto è naif questa pieve scoperchiata..)

  • Episodio 5 La rinuncia agli averi
Il distacco tra padre e figlio segnato dal vuoto al centro, l'avidità del padre stesso che si riappropria degli abiti di Francesco, la ricchezza a sinistra, la povertà a destra...

  • Episodio 6 Il sogno di papa Innocenzo III
  • Episodio 7 La conferma della regola davanti a Innocenzo III
  • Episodio 8 La visione del carro di fuoco
  • Episodio 9 La visione dei troni
  • Episodio 10 La cacciata dei diavoli da Arezzo
  • Episodio 11 la prova del fuoco davanti al sultano
  • Episodio 12 L'estasi di san Francesco
  • Episodio 13 Il presepe di Greccio
che spazialità quella croce di cui noi si vede il verso! Che genialità il pulpito  rivolto verso sinistra, opposto alla croce stessa!
  • Episodio 14 Il miracolo della fonte (uno dei miei preferiti) La figura del viandante tutt'uno con la linea della montagna, rende benissimo l'idea della sete finalmente placata
  • Episodio 15 La predica agli uccelli
  • Episodio 16 La morte del cavaliere di Celano
Una delle scene  più espressive e drammatiche...
  • Episodio 17 La predica di san Francesco di fronte e papa Onorio III
  • Episodio 18 L'apparizione di Francesco davanti al Capitolo di Arles
  • Episodio 19 L'imposizione delle stimmate

  • Episodio 20 la morte del Santo
  • Episodio 21 L'apparizione al vescovo Guido
  • Episodio 22 Girolamo di Assisi accerta la presenza delle stimmate
  • Episodio 23 Il pianto delle Clarisse
  • Episodio 24 La canonizzazione
  • Episodio 25 L'apparizione a Gregorio IX
  • Episodio 26 La guarigione del ferito di Lerida
  • Episodio 27 La risuscitata che si confessa
  • Episodio 28 La liberazione dal carcere di Pietro d'Assisi
Buona visione

martedì 8 ottobre 2013

Il "problema" decorativo del frontone . Piccolo sunto dal Becatti (grazie di esistere)

Buon vecchio Giovanni Becatti, con il suo manuale L'arte dell'età classica......
VII secolo a. c. I greci hanno codificato il loro tempio e il loro ordine dorico, bello  "maschio ed eroico", ma...
Ma come arrivare alla soluzione ottimale per riempire lo spazio triangolare sopra l'entrata del  tempio a est e sopra l'opistodomos a ovest?
Lo spazio è angusto e rende difficile l'inserimento di una scena figurata con una composizione organica
La soluzione perfetta? Solo con Fidia, ovviamente
Prima di lui si procede per gradi
  • nel primi del VI sec.a.C. lo spazio è riempito da bassorilievi in poros e pietra
  • dalla metà del VI sec. ecco il marmo!
  • All'inizio sui frontoni erano posizionate maschere apotropaiche, poi finalmente arrivano le storie del mito

Al mondo favoloso dei mostri subentra quello narrativo del mito

PRIMA TAPPA :Corfù (colonia di Corinto) dove nel 585 ca a.C. sorge il Tempio di Artemide

Nel frontone l'artista ha posto al centro NON il gorgoneion (presente per es. a Selinunte, Gela, Locri) ma la Gorgone a tutta altezza accompagnata a destra e sinistra dai suoi figli nati dalla testa recisa, Pegaso e Crisaore
Poi ancora la accompagnano due felini araldici (e ci vengono in mente le leonesse di Micene) che inquadrano la scena e separano i due gruppi -piccoli- mitologici con Zeus e il gigante a destra e Neottolemo che uccide Priamo a sinistra.
Lo scultore corinzio così riempie lo spazio e nel nodo serpentino che fa da cintura a Gorgone, si coglie la raffinatezza compositiva dell'artista.

SECONDA TAPPA: frontone in poros del tempio di Atena Poliàs sull'Acropoli, del 565 a.C. , quel tempio distrutto dalla furia persiana e ritrovato nella Colmata .
Atene cosa  viveva in questo periodo?  Le riforme di Solone, lìavvento di Pisistrato  (560 a.c.) , la fondazione di feste che fanno da collante, quali le Panatenee e le feste dionisiache.
E qui il massimo tempio raffigurava la lotta tra il razionale e l'irrazionale: leoni e elonesse abbrancano e azzannano tori in uno schema araldico e una creatura a tre teste riempie lo spazio stretto del frontone e dall'altra parte un serpente si snoda in tutte le sue colorate spire

TERZA TAPPA : il Tesoro dei Sifni a Delfi (525 ca. a.C.)
Le sculture in marmo ormai si distaccano dal fondo e finalmente vi è un tema unico: la mitica contesa di Eracle e Apollo per il tripode delfico, con Zeus posto al centro, gerarchicamente svettante
Però poi le sculture a fianco, Apollo a sinistra, Eracle a destra, devono essere rimpicciolite
QUARTA TAPPA : Tempio di Atena Aphaia ad Egina, che risale , nella sua seconda costruzione - quella che qui ci interessa- agli inizi del V sec. a.C.
E' un tempio di perfetto equilibrio architettonico, dorico, periptero, esastilo. Poi arriverà il Partenone
E nei due frontoni, oggi conservati a Monaco, carpiti nel 1811 dai tedeschi e "restaurati" dallo scultore danese  neoclassico Bertel Thorvaldsen, FINALMENTE le figure sono a tutto tondo, completamente libere nello spazio e si articolano con studiate cadenze ritmiche nelle varie pose: dal guerriero morente  steso, all'arciere inginocchiato.

 
 
Al centro Atena- alla quale Aphaia era assimilata- e ai lati i combattenti  con gli angoli del frontone occupati dai guerrieri caduti e dalle armi abbandonate, rappresentanti le imprese  troiane degli eroi
locali: dalla ninfa Egina e da Zeus sarebbe nato Eaco, primo re dell'isola e padre di Telamone, padre di Aiace e Peleo, padre di Achille.
Poi verrà il Partenone