Le due formelle, di Filippo Brunelleschi e Lorenzo Ghiberti - a cui andò la vittoria- raccontano la stessa vicenda con linguaggi diversi
La prima, di Filippo, inserisce le figure realistiche in uno spazio funzionale all'azione : c'è un primo , un secondo e un piano di fondo, ma la natura è ininfluente. Il nostro occhio deve essere carpito dalla forza quasi erculea di Abramo pronto a sgozzare il figlio e l'angelo non è una creatura eterea ma con altrettanta forza afferra la destra di Abramo.
Tutto il resto- asino, servitori (in basso a sinistra il cavaspino di ellenistica memoria) , montone fuoriescono dai bordi
La seconda, più elegante e con una lettura lineare , ferma con grazia i gesti studiati dei protagonisti, il panneggio è classico, il nudo di Isacco statuario.
Entrambe attestano un rapporto nuovo con l'Antico.
Ma...
Ma se Ghiberti si sentiva l'erede di Giotto e Nicola Pisano e il continuatore del tardo Trecento, Brunelleschi sa che quest'ultima fase della storia della sua città è di involuzione e solo Roma può permettergli di ritrovare una naturalità espressiva che era andata perduta nei rigori liturgici ed iconografici dell'arte bizantina e negli arzigogoli gotici.
E così dal 1402 Brunelleschi intraprende viaggi, chiamiamoli pure di formazione, a Roma e torna a Firenze con la consapevolezza di essere un uomo nuovo .
Cosa significa? Difendere la professionalità dell'architetto contro il vago "magistero" dell'artefice e affermare la priorità della tecnica sulla perizia del mestiere ( e tutto questo passa ad Alberti che progetta e quasi non si cura delle realizzazioni delle sue opere)
Dal 1418 a Firenze è un fiorire di capolavori brunelleschiani
Dalla armoniosa facciata per lo Spedale degli Innocenti , dove tutto è misurato secondo il quadrato (altezza della colonna uguale intercolumnio uguale distanza tra colonna e muro uguale altezza della comoda scalinata )
a San Lorenzo e la Sagrestia vecchia, Santo Spirito e la cupole di santa Maria del Fiore (e ne abbiamo dimenticati tanti ...)
Il rapporto di vuoti e di pieni che deve ingentilire il volto di questa istituzione tanto cara ai fiorentini ( lo Spedale era ed è un brefotrofio) ben è misurato dalle arcate ariose tra le quali i tondi coi bimbi in fasce , opera di Andrea della Robbia, creano una bella macchia di colore insieme al nitido intonaco e alla pietra serena
La luce entra nelle chiese in modo uniforme, non ci sono più zone il penombra come nelle chiese romaniche o luoghi in cui la luce si rifrange in mille colori, riflessa dalle vetrate gotiche.
La luce compiuta, solare, quasi allegra e "ariosa" ricorda che alla preghiera e a Dio ci si accosta per scelta e per gioia
E addirittura questo slancio "positivo" verso l'alto è reso ancor più evidente nella creazione del "dado brunelleschiano" , sorta di pulvino, elemento di raccordo tra il capitello delle colonne e le arcate.
E la luce ancora dall'alto si irradia ad ombrello nella cupola a dodici spicchi della Sagrestia nuova di San Lorenzo
Qui, Filippo prende le misure per il suo capolavoro.
La chiesa di santa Maria del Fiore necessitava di copertura e Brunelleschi NON si pone il problema di continuare il progetto di Arnolfo ,ma di CONCLUDERLO
Sappiamo che fu una sfida; le maestranze in grado di costruire un ponteggio che partisse da terra non c'erano più, quindi Brunelleschi deve PENSARE DIVERSO e dovrà sostituire ad un'esperienza collettiva- il cantiere medievale- un'esperienza individuale, la sua.
Come costruirla senza centine? Coi mattoni a spinapesce di romana memoria e con la doppia calotta (chissà se di spunto fu per lui la doppia calotta del Battistero..)
E la doppia calotta - la cupola interna che sostiene quella esterna- , le scale concentriche che partono dall'enorme tamburo e che si costruiscono insieme alla cupola che a poco a poco sale, servono a suddividere il peso della massa muraria ma anche a differenziare la forma
Sappiamo infatti che all'inizio, nel 1420, Filippo aveva previsto una calotta a tutto sesto.
In fase di costruzione cambia idea.
La cupola autoportante sarebbe stata meno pesante con gli otto spicchi a sesto acuto , raccordati alla lanterna , non elemento decorativo ma "chiave di volta" , che raccoglie tutti i costoloni della cupola stessa
L'hai trovata