domenica 16 giugno 2019

Qualcosa di vecchio e qualcosa di nuovo : la Madonna della neve di Sassetta

Siena, anno di grazia 1432
Ludovica Bertini, ricca vedova del senese Turino di Matteo, operaio della Cattedrale( era carica importante nella Fabbrica )  commissiona a Sassetta una pala d'altare da collocare nella cappella di san Bonifacio nel Duomo di Siena
Eccola
Stefano di Giovanni (detto il Sassetta), Pala della Madonna della neve, 
1432, tempera su tavola, cm.240 x 256, Firenze, Uffizi

E' una Madonna in maestà , come tante ce ne sono in quegli anni e in quei luoghi.
Ma la data e il tema ci dicono che qualcosa di nuovo sta accadendo in pittura.

Nell'enorme scomparto centrale di una pala con ancora cuspidi gotiche ma non più a forma di trittico bensì quadrata, sono raffigurati la Vergine e il bambino in trono tra angeli e i santi Pietro, Paolo, Giovanni Battista e Francesco.

 Il trono posto in prospettiva è impreziosito da un tessuto decorato con il motivo a occhi di pavone . 
La ricercatezza si vede anche nel pavimento ricoperto da un tappeto con motivi zoomorfi 
Ma .... " il colore e la luce artificiosa dell'oro filtrato dalle tinte trasparenti di cui si sostanzia la pittura, e che rozzamente chiamiamo 'decorazione' o 'ornato', lo smalto del  modellato che si purifica nella verità della luce senza smentire la sua attenzione all'astrazione della linea, sono alcune delle ragioni per le quali il dettato  dell'incredibile testo nasce a tratti antico, come un capolavoro di Simone o Ambrogio , e finisce a tratti moderno come un Domenico Veneziano"  (Carlo Volpe, 1982) 
Il vecchio e il nuovo...
Tutte le figure occupano lo spazio senza seguire però le regole matematiche ma quella tridimensionalità  trecentesca che si trovava in Giotto o Simone Martini
Un po' quello che negli stessi  anni avevano provato Masolino e Masaccio nella Sant'Anna metterza 
Masaccio e Masolino, Madonna col bambino e sant'Anna , 1423-25
tempera su tavola, cm. 175 x 103, Firenze, Uffizi
La ricchezza dell'oreficeria senese è presente nell'oro a profusione  e nell'argento oggi scurito posto sul piatto a destra , sul trono. Il biancore della foglia d'argento rimandava alla neve del miracolo e persino l'angelo gode di questo evento miracoloso, visto che con le mani affusolate sta forgiando una palla di neve 

Sassetta, Madonna della neve, insieme e particolari
E nella parte bassa del trono, ben in evidenza sono rappresentati gli stemmi delle famiglie committenti, come probabilmente la figura di san Francesco, leggermente in scorcio, fa riferimento a Ludovica Bertini che  entrò nell'ordine francescano alla morte del marito.

Nella predella Sassetta dipinge il racconto della fondazione della basilica di santa Maria Maggiore a Roma , nata secondo leggenda dopo un sogno premonitore fatto da due ricchi patrizi romani e contemporaneamente da papa Liberio nella notte del 5 agosto 356.
Dopo un periodo di siccità nevicò in agosto sull ' Esquilino e la superficie occupata dalla candida neve indicò il tracciato e le dimensioni della chiesa .

Sassetta, predella con episodio della fondazione della Basilica
di santa Maria Maggiore 

Un racconto romano ha la sua ragione d'essere a Siena, città che si considerava sorella di  Roma in quanto fondata secondo la tradizione da Senio, figlio di Remo in fuga dallo zio Romolo.
E' proprio negli episodi della predella che si colgono meglio le novità pittoriche che Sassetta ha recepito dalla lezione di Masaccio . Niente più fondo oro ma un cielo dalle tante sfumature celesti e carico di bianche nubi , reso ancor più reale dallo stormo di rondini
Sassetta qui riesce ad essere molto più innovativo di Masolino che si era cimentato pochi anni prima sullo stesso tema.

Nel pannello centrale della Pala Colonna - posta sull'altare maggiore della chiesa romana -Masolino raffigura lo stesso episodio ma il cielo è oro e le nuvole cariche di neve sono un timido espediente per dare l'idea di spazio 
Masolino , Fondazione di santa Maria Maggiore , 1428, tempera su 
tavola, cm.144 x 76, Museo Nazionale di Capodimonte, Napoli

La lezione prospettica di Masaccio è quel "qualcosa di nuovo" che persino un raffinato pittore come Sassetta non può ignorare

 * Per un ricco repertorio di immagini e per la storia della Pala  si rimanda a Sassetta’s Madonna della Neve: An Image of Patronage. Leiden: Primavera Press, 2003.






mercoledì 12 giugno 2019

Tutti pazzi per santa Cecilia !

Nella sala XXIX della Pinacoteca di Brera , proprio di spalle alla Cena in Emmaus di Caravaggio, campeggia una maestosa pala d'altare.
Eccola
Orazio Gentileschi, I santi martiri Cecilia, Valeriano e Tiburzio 
visitati dall'angelo, cm.350 x 218 olio su tela, 1607 
Da dove arriva e cosa ci racconta?

Era nella chiesa agostiniana di santa Cecilia a Como, posta sull'altare maggiore nel 1607 ; una testimonianza documentaria attesta una visita compiuta il 25 novembre 1607 dal cardinale Paolo Sfondrato ( lo ritroveremo questo nome) che ammirò la tela e scrisse che si trovava lì da poco
Chiesa e complesso di santa Cecilia, Como, via Cesare Cantù 57 esterno
interno della chiesa di santa Cecilia a Como
Poi , come tante altre opere, prese strade diverse  e oggi è a Brera.

Nella tela è raffigurato l'esaltante episodio della gloria della santa e dei due martiri, in pieno spirito controriformato
La  romana Cecilia era - secondo una leggendaria Passio - una cristiana che convertì alla nuova religione il marito Valeriano e il cognato Tiburzio e tutti e tre si diedero alla cura dei martiri.
La castità dei due sposi venne premiata dagli angeli con delle corone di bianchi fiori .
Ma il martirio arrivò presto. 
Prima furono incarcerati e decapitati i due fratelli Valeriano e Tiburzio, poi toccò a Cecilia . 
La ragazza si rifiutò di compiere sacrifici agli dei pagani e per questo i suoi carnefici tentarono inutilmente di annegarla. Fu uccisa con tre colpi di spada. 
La leggenda della decapitazione  risale all' VIII  secolo e un fraintendimento è anche alla base dell'iconografia che la vuole suonatrice di organo .
In una liturgia celebrata il 22 novembre, giorno della sua festa, il testo recitava :" Mentre la musica risuonava , la vergine Cecilia cantava al suo unico Dio " Poi quelle parole in corsivo divennero mentre suonava l'organo.
Poco male 
Da allora Cecilia è protettrice dei musicisti .

E qui Orazio Gentileschi , che aveva incontrato a Roma nei primi anni del Seicento Caravaggio, raffigura con una grazia armonica degna di un musico, i tre giovani in splendide vesti.
L'angelo, la luce, la cura negli abiti, mostrano una vicinanza stringente con le tele di Michelangelo Merisi a san Luigi dei Francesi, ma anche con quel capolavoro rubato nel 1969  dall'oratorio di san Lorenzo a Palermo e che studi recenti datano al 1600.

Caravaggio, Natività coi santi Lorenzo e Francesco,1600, olio su tela
cm 268 x 197, opera rubata

Ma anche il drappo verde che fa da cortina teatrale, ricorda la tenda rossa della Morte della Vergine di Caravaggio.
Caravaggio, Morte della Vergine, 1606, olio su tela, cm 369 x 245
Museo del Louvre, Parigi
Il toscano Orazio Gentileschi cambiò radicalmente la sua pittura dopo l'incontro con Caravaggio; da artista tardo manierista legato agli ambienti romani, divenne pittore di tenebre e luce , di grazia e realtà.
In anni più tardi, Gentileschi ripropose l'immagine di santa Cecilia e dell'angelo.


Orazio Gentileschi,Santa Cecilia suona la spinetta, 1618-22,olio u tela
cm 90 x 105 , Perugia, Galleria Nazionale dell'Umbria

Anche in questo caso il realismo di Caravaggio è addolcito " da dolcezze espressive e da una maggiore armonia compositiva" (Caterina Bon Valsassina)
Ma com'è che nel Seicento c'è tutto un pullulare di rappresentazioni di santa Cecilia?
Intanto l'accademia di musica fu fondata con bolla papale da Sisto V nel 1585 e questo diede grande impulso al fiorire di componimenti nel Seicento (si veda con quanta cura sempre Caravaggio ricopiò nel suo Riposo dalla fuga in Egitto lo spartito)  e poi nel 1599 in occasione dei lavori  per il Giubileo del 1600, fu aperto un sarcofago nella chiese di santa Cecilia in Trastevere che racchiudeva un corpo intatto, con tre dita della mano destra e uno della sinistra alzati , a simboleggiare una primitiva "teologia" della Trinità.
Chi diede il compito di riesumare il corpo fu quel cardinale Paolo Camillo Sfondrati di Como che è stato citato sopra.
L'immagine più famosa e glamour della santa è proprio quella che ci ha lasciato Stefano Maderno
Stefano Maderno, Santa Cecilia, 1600, marmo, lunghezza cm 131
Roma, Basilica di santa Cecilia in Trastevere
e che è posta scenograficamente sotto l'altare maggiore.
La linea sinuosa e morbida che segna le forme della giovane santa, il taglio sul collo da cui esce una goccia di sangue, le mani che indicano la Trinità, tutto concorre a creare un'immagine nuova . 
E gli artisti , creatori di storie per immagini , si sono buttati a capofitto nella creazione di un'immagine che facesse presa sul pubblico , ops, sui fedeli
Da Domenichino e i suoi affreschi dedicati alla santa in san Luigi dei Francesi a roma (1614) , al Guercino, da Carlo Saraceni a Guido Reni... tutti pazzi per santa Cecilia !
Guercino, Santa Cecilia, 1658, olio su tela, cm.89 x 67,5
Roma, Fondazione Sorgente
Carlo Saraceni, Santa Cecilia e l'angelo, 1610, olio su tela, 
Roma , Galleria 
Nazionale d'arte antica Palazzo Barberini

Guido Reni, Santa Cecilia , 1606, olio su tela, cm 96 x 76, 
Pasadena, Norton Simon Museum

lunedì 3 giugno 2019

Le maschere di Ensor : L'entrata di Cristo a Bruxelles nel 1889

James Ensor, L'entrata di Cristo a Bruxelles nel 1889, 1888, olio su tela
cm.253 x 430, Los Angeles , the J. Paul Getty Museum

"La mia infanzia è ricca di magnifici sogni" 
Così disse Ensor, ricordando certo il negozio di Ostenda della nonna , dove nella vetrina facevano bella (o brutta ) mostra  oggetti per turisti, da merletti a pesci imbalsamati, da armi a porcellane
Insomma ... le belle cose di pessimo gusto
E questo amore per l'eccesso gli è rimasto
James Ensor

Questa enorme tela rimase a lungo nello studio del pittore .
Persino il gruppo belga Les XX (manipolo di artisti riunitisi a Bruxelles nel 1884, sull'esempio degli Artisti indipendenti francesi lo rifiutò : era troppa la violenza cromatica!

Un minimo di descrizione
In uno spazio pieno di figure. l'artista belga rappresenta una parata carnevalesca Tutti sono stipati e vogliono apparire, come se richiedessero il loro quarto d'ora di celebrità
In primo piano al centro appare un uomo col cappello di vescovo e il bastone di capobanda : è il ritratto di Emile Littré, filosofo positivista francese che evidentemente non godeva la stima dell'artista.
Egli guida una folla scomposta e immaginiamo rumorosa  -ecco in secondo piano la banda- e sul palco le autorità locali (sicuramente il sindaco con la sua fascia di rappresentanza) sono pronti a dare il benvenuto a Cristo.
Pronti ad accoglierlo, pronti a crocifiggerlo.
La figura di Cristo , con le fattezze del pittore,è piccola cosa al centro dell'opera ed è come se l'artista sapesse già di essere misconosciuto per la propria arte.
Come il messaggio di Gesù fu ignorato, così la congerie di artisti e critici ignora l'arte di Ensor
I suoi detrattori però, non hanno il coraggio di esprimere apertamente le opinioni negative e si nascondono dietro maschere caricaturali, brutte forse come gli oggetti esposti nel negozio della zia

Le scritte che campeggiano (Vive la Sociale o Fanfares doctrinaile ) sono slogan e niente più.
Ma il segno più prorompente Ensor lo ha dato non tanto /non solo nella scelta del tema ma nella stesura del colore.
L'uso di spatole di metallo che rendono la stesura cromatica una chiara anticipazione della stagione espressionista , è una risposta totalmente diversa, più libera, al "tecnicismo " puntinista che imperava in quegli anni.
E Munch, Kirchner, i Fauves , fino a Pollock devono tantissimo all'artista belga che stratifica il colore e rende l'opera materica
Persino i generali di Enrico Baj sono figli della cinica figura con la maschera della morte, in basso a sinistra del dipinto di Ensor. Attira la nostra attenzione perché ci spaventa e perché la spessa fascia verticale verde è lì, in primo piano a guidare la nostra attenzione verso la folla scomposta e "maleducata"
Le maschere ci permettono di dare il lato peggiore di noi
Enrico Baj, Generale, 1975, acrilici e collage su tavola, cm. 125 x 97, 
collezione privata