domenica 8 giugno 2014

Le Muse inquietanti

L'ingegnere ferroviario  Evaristo de Chirico era, ovviamente, sempre in viaggio, e con sè aveva portato la sua famiglia.
In Grecia, a Volos, nel 1888 nacque Giorgio, tre anni dopo, ad Atene, Andrea (che poi cambiò il suo cognome in Savinio)
Dunque il viaggio è stata una costante nella vita dei due pittori : l'infanzia in Grecia, la giovinezza a Monaco (nel 1906 per far studiare musica al talentuoso Andrea, considerato allora dalla famiglia quello su cui spendere aspettative..), dal 1910 al '15 a Parigi , dove Giorgio conobbe Apollinaire e dove le avanguardie imperversavano.
Poi la guerra.
Anche i de Chirico partirono volontari -era di moda, suvvia!- 
Anche loro si accorsero ben presto che un conto era cantarla, la guerra, altro era farla.
E così i due fratelli si fecero ricoverare a Ferrara, nell'ospedale militare, nel 1916 e lì trovarono anche l'ormai ex futurista Carrà.
Boccioni in quell'anno aveva trovato la morte, il giovane architetto Antonio Sant'Elia idem.
Giorgio de Chirico, Le muse inquietanti, 1916, olio su tela, cm 97 x 66, Milano, collezione privata.

Ed ecco il capolavoro di de Chirico, considerato il punto d'inizio della metafisica e una delle radici del Surrealismo.

In una piazza assolata, bagnata da una luce direzionata e netta (luci ed ombre marcatissime) , strane presenze si rivelano a noi grazie anche ad una sorta di piano inclinato di certo memore degli spazi di Cézanne.
In primo piano due manichini - l'uomo , in questa fase pittorica non è mai presente- , uno in piedi di spalle, un altro , acefalo, seduto.
Il richiamo all'amata Grecia è evidente in queste due presenze; la prima molto simile alle Korai arcaiche (qui sotto è proposta la famosa Hera di Samo del 570/60 a.C. che de Chirico aveva sicuramente ammirato al Louvre) , la seconda dalla postura delle Matres matutae di cui la Sicilia, terra d'origine dei de Chirico, è piena.
Capua , Matres Matutae con bambini in grembo, V sec. a.C., Museo campano di Capua
Tra i due manichini sono presenti uno strano bastone cilindrico, simile ad un metro per sartoria, una scatola colorata e una forma ovale, come una testina usata dalle modiste.
Insomma, sono presenti oggetti tolti dal loro contesto abituale, in un'operazione vicina a quella dei Dada di quegli anni.
Questo è ciò che de Chirico scriverà nel 1919 nel saggio Sull'arte metafisica
 “Pigliamo un esempio: io entro in una stanza, vedo pendere una gabbia con dentro un canarino, sul muro scorgo dei quadri, in una biblioteca dei libri; tutto ciò che mi colpisce non mi stupisce, poiché la collana dei ricordi che si allacciano l’un l'altro mi spiega la logica di ciò che vedo; ma ammettiamo che per un momento e per cause inspiegabili ed indipendenti dalla mia volontà si spezzi il filo di tale collana, chissà come vedrei l’uomo seduto, la gabbia, i quadri, la biblioteca; chissà allora quale stupore, quale terrore o forse anche quale dolcezza e quale consolazione proverei io mirando quella scena.
La scena però non sarebbe cambiata, sono io che non la vedrei sotto un altro angolo.
Eccoci all'aspetto metafisico delle cose.
Deduco, sì può concludere che ogni cosa abbia due aspetti: uno corrente, quello che vediamo quasi sempre e che vedono gli uomini in generale, l’altro lo spettrale o metafisico che non possono vedere che rari individui in momenti di chiaroveggenza e di astrazione metafisica, così come certi corpi occultati da materia impenetrabile ai raggi solari non possono apparire che sotto la potenza di luci artificiali quali sarebbero raggi x”. 
( dal passo riportato si può dedurre come la filosofia di Nietzche , studiata a Monaco, sia stata assimilata)

In secondo piano, sulla destra ed all'ombra di un anonimo edificio è rappresentata un'altra statua  ed infine sullo sfondo, sotto un cielo plumbeo, chiudono la composizione il Castello Estense di Ferrara ed una fabbrica.

"Ferrara è la città delle sorprese; oltre che l'offrire in alcuni punti, come quella ineffabile piazza ariostea, splendide apparizioni di spettralità e bellezza sottile, quella città offre pure il vantaggio di conservare in modo affatto particolare lembi della grande notte medievale, lembi che sussistono ancora misteriosamente per un certo senso indefinibile ed inspiegabile che alita sulla città" 
Così de Chirico vedeva la città estense.
E cosa c'è di inquietante in quelle muse? 
Forse il fatto che  siano inserite in un contesto urbano a loro alieno.
Forse sono inquietanti come certi sogni che sembrano a noi terribilmente reali ed invece sono creazioni del nostro inconscio.
Il risultato, ottenuto con una tecnica magistrale ed una pittura da "ritorno all'ordine" , è sotto i nostri occhi ed ha influito , e tanto, sulla pittura di Magritte.
Ma anche questa è altra storia.