mercoledì 28 novembre 2018

Apollo! Apollo! è un bel vedere...

Roma, fine del 1400
Il Cardinale Giuliano della Rovere entra in possesso di una splendida statua ritrovata ad Anzio qualche anno prima.
Rappresenta Apollo arciere ; Giuliano decide di custodirla nel giardino del suo palazzo, presso san Pietro in Vincoli.
Ma quando nel 1503 sale al soglio pontificio e diventa papa Giulio II , ecco che il della Rovere porta a compimento il processo di rinnovamento della città che il suo parente Sisto IV aveva iniziato qualche decennio prima.
E l'Apollo farà bella mostra di sé nei giardini del Belvedere, insieme al Laocoonte appena riportato alla luce.
Copia adrianea dell'originale bronzeo perduto di Apollo, attribuito a Leochares, 
trovato alla fine del XV sec. forse ad Anzio, Vaticano, Musei


Da allora divenne una delle statue antiche più apprezzate, tanto che Winckelmann nella sua Storia dell'arte presso gli Antichi del 1763 descrisse in maniera appassionata l'opera come  ".. il più alto ideale dell'arte fra tutte le opere antiche " e rilevò nella mancanza di vene e tendini  il segno di uno spirito divino.
Cortile ottagono dei Musei Vaticani
E nel Cortile ottagono, dove papa Giulio II allestì la sua straordinaria raccolta di marmi antichi , l'Apollo campeggia in tutta la sua bellezza spavalda ; l'archeologo Giovanni Becatti lo descrive come un bellissimo attore dalla lussureggiante chioma ricciuta che recita con enfasi la parte del terribile giustiziere.

Tutta la sua grazia esposta- anzi potremmo dire ostentata- ci fa capire -anche se siamo in presenza di una copia- come mai Leochares fosse richiestissimo come ritrattista di fine IV secolo a. C. 
Inoltre il dinamismo "sospeso" - un mannequin challenge d'annata- anche un po' enfatico e elaborato, ha messo in relazione questo Apollo con la statua di Artemide di Versailles, attribuita anche questa a Leochares
Diana di Versailles, copia romana del II sec. d.C. da un originale in bronzo 
attribuito a Leochares , Parigi, Louvre
Oggi forse , questa freddezza accademica, che tanto aveva colpito Winckelmann, poco ci emoziona
Ma sono le mode, mettiamole in conto 

domenica 30 settembre 2018

Cristo e l'adultera di Alessandro Allori uguale glamour

Alessandro Allori, Cristo e l'adultera, 1577, olio su tavola
cm. 380 x 263, Firenze, Basilica di santo Spirito


La donna adultera

 Gesù andò al monte degli Ulivi.  All'alba tornò nel tempio, e tutto il popolo andò da lui; ed egli, sedutosi, li istruiva.
Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna colta in adulterio; e, fattala stare in mezzo,  gli dissero: «Maestro, questa donna è stata colta in flagrante adulterio. Or Mosè, nella legge, ci ha comandato di lapidare tali donne; tu che ne dici?»  Dicevano questo per metterlo alla prova, per poterlo accusare. Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere con il dito in terra. E, siccome continuavano a interrogarlo, egli, alzato il capo, disse loro: «Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva in terra. Essi, udito ciò, e accusati dalla loro coscienza, uscirono a uno a uno, cominciando dai più vecchi fino agli ultimi; e Gesù fu lasciato solo con la donna che stava là in mezzo. Gesù, alzatosi e non vedendo altri che la donna, le disse: «Donna, dove sono quei tuoi accusatori? Nessuno ti ha condannata?» Ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù le disse: «Neppure io ti condanno; va' e non peccare più».

Questo il Vangelo di Giovanni
Tanti pittori prima di Allori avevano illustrato l'episodio -da Tiziano a Cranach - e altri - da Luca Giordano a Rembrandt , lo faranno.
Però l'adultera più bella, quella con vestiti e accessori degni dell'alta moda , è questa 
Procediamo con ordine

Intanto due notizie su Alessandro Allori  (Firenze , 1535 - ivi 1607 )
Il papà di professione spadaio, affida il bimbo a Agnolo Bronzino, suo amico e nella sua bottega cresce. Collabora col maestro a diverse opere e questo gli permette di entrare nella prestigiosa cerchia di Francesco I de Medici .
 Proprio per lo studiolo di Francesco a Palazzo Vecchio dipinge nel 1570 questa mirabile Pesca delle perle ; il soggetto, pensato dal filologo Vincenzo Borghini e commissionato a Giorgio Vasari (che, come si vede , lo "subappalta" ad Alessandro Allori) doveva rappresentare l'acqua , uno dei quattro elementi naturali. Terra aria e fuoco spettavano a Vasari
Alessandro Allori, La pesca delle perle, 1570-72, olio su lavagna
Firenze, Palazzo Vecchio

In un suggestivo paesaggio marino al tramonto, nife, putti e cavalli marini in pose ardite , raccolgono preziose perle entro conchiglie e già bracciali e collane sono indossati dalle donne.
E' evidente come Allori prenda spunto dalla grande pittura di Michelangelo ma qui, con un colpo di spugna , tutta la drammaticità è cancellata.
Si vive in un ambiente felice, poetico, lieve e la bella Maniera  è "... spogliata da ogni enfasi per un più sottile, quasi melodrammatico lirismo" (M.Luisa Becherucci, voce Alessandro Allori in Dizionario biografico degli Italiani)

Come la moda
In vita infatti Allori si occupò anche di decorare  apparati scenici per le feste di corte ; suoi probabilmente alcuni interventi pittorici  per i festeggiamenti in occasione delle nozze di Francesco I con Giovanna d'Austria nel 1565
In questo contesto  , Allori conosce il committente della nostra tavola Cristo e l'adultera, il letterato Giovan Battista Cini che aveva acquistato in Santo Spirito una cappella dietro l'altare .
E l'opera è ancora lì
Allori non l'aveva pensata in questo modo; un disegno preparatorio  conservato al Louvre mostra come la prima idea fosse quella di dare  molto più spazio all'architettura

Alessandro Allori, Cristo e l'adultera, disegno preparatorio, Louvre (département 
des art graphiques, inv.10111 r)
In questo disegno la scena è molto più affollata, soprattutto dalla parte della donna e lo sfondo è una basilica con colonne tortili rivestite da fogliame "all'antica" 
La prospettiva taglia diagonalmente l'opera e verso la sinistra in alto si intravede l'altare.
I gesti dei due protagonisti sono vicini al definitivo ; nel disegno la donna china leggermente lo sguardo e la mano destra di Cristo indica in modo perentorio , la peccatrice.

Ma ecco il definitivo
Allori decide di concentrare tutta l'attenzione su protagonista ed antagonista: Cristo e l'adultera
Molti personaggi sono scomparsi , soprattutto dalla parte della donna , così che spicca , solitaria , nel suo morbido profilo e nelle sue vesti ricercate.
La scena non ha più nell'architettura rimandi antichizzanti , anzi la finestra posta in alto a sinistra è quella che i fiorentini chiamano " finestra inginocchiata" (dai sostegni sporgenti simili a gambe in ginocchio)
Michelozzo, Palazzo Medici Riccardi , particolare della finestra, 1450 ca
Insomma, siamo nella Firenze del Cinquecento e tanti i dettagli ce lo confermano
E le stoffe? 
Meravigliose!
Pizzi sottili che sfiorano il pavimento, un manto di broccato d'oro con cui la donna vergognosa si copre..
E l'abito verde ! Ricami preziosi in oro e in nero richiamano la decorazione dei sandali in un perfetto accessorio coordinato

I grandi stilisti Ferragamo e Gucci  (entrambi  fiorentini) hanno dimostrato di saper attingere a piene mani dall'arte manierista
Salvatore Ferragamo. Foulard in seta

Gucci, infradito
Sono solo esempi, sono cose lievi
Ogni tanto l'arte si prende delle pause
Quasi sempre la pittura sceglie bei colori e  forme armoniche

mercoledì 19 settembre 2018

Il Re dei vasi ovvero il grande Cratere François


Vaso François , di Ergotimos e Kleitias, ceramica attica a figure nere
565 a.C., Firenze, Museo Archeologico

E' il 1844 , siamo in Toscana. Governa il Granduca Leopoldo II

Alessandro François, notissimo esploratore fiorentino di tombe etrusche, dà il via a scavi in località  Fonte Rotella, poco distante da Chiusi.
E qui i suoi scavini trovano alcuni pezzi di questo grande cratere.
Avvisano subito il François il quale, resosi conto dell'alto  valore di questi "cocci" , decide di approntare una vera e propria campagna di scavo: ben 100 scavini su un'unica fila cominciano a smuovere il terreno fino al banco di roccia e sollevano un volume di terra pari al Colosseo , cambiando addirittura l'assetto del territorio che da collinare diventa qui pianeggiante.
Ma tali sforzi sono premiati, eccome!
Già nel 1846 il grande cratere ricomposto con pazienza dal restauratore Giovanni Franceschi , è esposto nell'allora Gabinetto dei vasi etruschi agli Uffizi e solo nel 1881, con l'inaugurazione del Museo Archeologico di Firenze ,   questo vaso che serviva a mescolare vino con acqua, diventa la star del posto, dividendo il primato con la Chimera di Arezzo o con l'Arringatore.
Oggi, dopo alterne vicissitudini (per questo si rimanda all'esauriente scheda del Museo) , il Cratere François  gode di nuovo spazio, nuove luci e della compagnia di altri manufatti.
Ma tutti gli occhi sono puntati su di lui

 Guardiamolo da vicino e diamo un po' di numeri

  • fu  prodotto ad Atene intorno al 565 a.C.
  • fu esportato a Chiusi e doveva essere all'interno di una tomba etrusca principesca con ben sette camere
  • abbiamo il nome - anzi la firma- del vasaio Ergotimos
  • e pure il nome - anzi la firma- del pittore Kleitias
  • è alto 66 cm ed ha una circonferenza  di ben 181 cm !
  • presenta ben 270 figure e 131 iscrizioni

Insomma... un signor vaso
Ma perché è così importante?
Intanto perché è uno dei pochi crateri attici di così grandi dimensioni che è giunto più o meno "intero" (sono più di 600 i frammenti ricomposti)  fino ai nostri giorni
Ma poi perché questa "Bibbia dell'archeologia" raffigura in fasce orizzontali  tanti e tanti miti su tutta la superficie.

Il cratere è realizzato nella tecnica a figure nere, cioè con figure in nero sul fondo rosso del vaso.
I particolari interni delle figure sono ottenuti grazie a linee incise e all'inserimento di altri colori come il bianco  (per l'incarnato femminile) e il rosso delle vesti

Partiamo dal lato A (quello nella prima immagine)
Sull'orlo del vaso è riportata la caccia al cinghiale Calidonio
Artemide, dea della caccia, infuriata con il re Oineo, che l'aveva dimenticata in alcuni riti, invia un enorme cinghiale che distrugge tutto ciò che capita sotto i suoi zoccoli
Nessuno poteva ucciderlo, se non l'unione di tanti eroi .
In questo dettaglio è raffigurato Anceo che soccombe alla furia dell'animale
E qui in basso invece   Meleagro , con l'aiuto di Peleo- padre di Achille - e della spartana Atalanta è rappresentato nell'atto di sferrare il colpo mortale alla bestia
Ogni nome è fedelmente riportato da Kleitias e immaginiamo che durante i banchetti il padrone di casa o un cantore raccontasse questo e d altri miti, aiutato dalle scritte esplicative

Sul collo compaiono i giochi  funebri in onore di Patroclo ; in occasione di queste manifestazioni, i doni ai vincitori delle corse di cavalli erano tra i più vari.
Qui è presente un tripode

E poi ancora la morte di Troilo, la zoomachia e sul piede la ieranomachia, ossia la lotta tra pigmei e gru
Sul lato B la storia di Arianna e Teseo sull'orlo , mentre sul collo c'è la centauromachia
E ancora il ritorno di Efesto sull'Olimpo, la zoomachia e i pigmei e le gru

Ho tralasciato la decorazione più evidente, quella nella pancia del vaso , che si sviluppa su tutta la parte più larga, su tutti e due i lati e cioè la rappresentazione delle nozze tra Peleo e Teti, nel matrimonio più celebre del mito greco, visto che tutte le divinità erano state invitate.
Tranne una
Su Teti, dalla bellezza abbagliante, aveva posato gli occhi Zeus ma una profezia aveva predetto che il figlio nato dai loro amori sarebbe stato più forte del padre stesso
Così - a malincuore- Zeus dà in sposa Teti al suo migliore amico Peleo, che però è umano
E qui sul vaso sono presenti tutti gli invitati "regali" che giungono al palazzo di Teti sulle loro eleganti quadrighe.
Si intravede addirittura  il Tetideion , cioè il palazzo di Teti; in questo caso la festa sarebbe stata celebrata nel palazzo della donna che è di rango più elevato rispetto al marito mortale.
E nel palazzo stesso si intravede una porticina - come una gattaiola- dalla quale potevano avere libero accesso gli istrici, che dalle case greche tenevano lontani topi e serpenti
Ogni oggetto ha il suo nome iscritto, ogni personaggio pure.

Ma chi mancava al matrimonio?
Eris , la dea della discordia, la quale per vendicarsi dello "sgarbo" subito, si presenta nel bel mezzo della cerimonia e getta in mezzo alle dee il famoso pomo della discordia che tanti lutti avrebbe portato nella guerra più famosa dell'antichità.

Nonostante questo, le nozze tra Peleo e Teti erano lette come simbolo di stabilità, di armonia tra uomini e dei e di rispetto delle gerarchie olimpiche.
Nell'Atene post soloniana della metà del VI secolo a.C. , rappresentare in un vaso come questo, destinato a ricchi banchetti, un episodio del geneere era forse anche la dimostrazione di una stabilità sociale e politica raggiunta
In questo mondo quasi perfetto però c'è un'immagine che fa riflettere
Dalle nozze dei due nascerà Achille e un riferimento alla sua morte è presente nella figura centrale del dio Dioniso; sulle sue spalle porta un vaso d'oro, dono di Efesto alla coppia, che è esplicito riferimento ad un'urna funeraria e cioè a quella che Omero diceva essere il contenitore delle ceneri di Patroclo e che avrebbe contenuto , mescolate, le ceneri dello stesso Achille.


Nella gioia della festa quindi le lacrime, che tutti però avrebbero visto perché sulle anse del vaso è raffigurato con estremo realismo il cadavere di Achille sorretto dall'amico Aiace
Non sappiamo chi fossero i committenti di questo vaso prodotto ad Atene per una committenza di sicuro aristocratica di Atene stessa? di altra città della Grecia?
E quali furono le strade , i motivi per cui terminò il suo viaggio nella necropoli  di  Chiusi ?
Come leggevano il mito greco gli Etruschi?


giovedì 6 settembre 2018

Elevazione e caduta ; dalle torri medievali ai Palazzi celesti di Kiefer

Gli artisti non conoscono riposo, il settimo giorno non si dicono che l a cosa è fatta
Come riconciliare l'opera d'arte compiuta con l'infinitezza dell'essere?
Anselm Kiefer, 
Vivo a Pavia ormai da tanti anni
Quando fa freddo, in questa piccola città, si cammina -per le vie del centro- rasente i muri, con lo sguardo basso
Quando arriva maggio, lo sguardo si eleva e qui , ma potrebbe essere San Gimignano, Bologna, Ascoli o Alba , ci si accorge delle tante torri che ancora ci sono, vestigia di un panorama architettonico molto più ricco
Accade la stessa cosa in Hangar Bicocca a Milano , dove l'illuminato Anselm Kiefer ha regalato a tutti noi i suoi sette Palazzi celesti
Anselm Kiefer, I sette palazzi celesti, 2004-2015, Milano, Hangar Bicocca
Perché costruire una torre ? Mi sono sempre domandata come fosse possibile pensare in epoche passate  torri come quelle in piazza Leonardo da Vinci a Pavia 
Le torri dell'Università a Pavia, secolo XI -XII
Le casate cittadine o del contado che le avevano innalzate volevano sì difendersi ma anche e soprattutto mostrare forza, prestigio, ricchezza 

Kiefer assembla all'interno dell'enorme stanzone nero (chi dice che il nero è assenza di luce, si faccia un giro qui !) dei container armati in cemento ed utilizza altri materiali come piombo, ferro , vetro.
Niente è lasciato al caso

La prima torre Sefiroth ha neon e libri di piombo che significano ( sbagliato usare per il concettuale Kiefer il verbo "rappresentare" ) la materia stessa del creato ...saggezza, amore, bellezza maestà, intelligenza...
Anselm Kiefer, Primo palazzo celeste, Sefiroth, 2004, particolare
E' la torre più bassa, alta solo 14 metri, quasi a voler mostrare come l'inizio di ogni cosa sia un procedere per gradi di conoscenza che solo attraverso la ricerca può giungere

Sefiroth l'ho paragonata alla torre più bassa in piazza Leonardo a Pavia, quella più vicina al complesso dell'Univesità

Poi Melancholia
Anselm Kiefer, Melancholia, particolare, 2004
Tutti gli artisti hanno spirito malinconico, sono "nati sotto Saturno" e gli astri celesti sono "nominati dalle strisce di carta ai piedi della torre, corrispondenti alla classificazione numerica dei corpi celesti utilizzata dalla NASA
E ancora Ararat, Linee di campo magnetico (la più alta) ,JH&WH - le torri gemelle i cui nomi, se uniti formano la parola Dio 
... e infine la Torre dei quadri cadenti ai cui piedi giacciono una serie di cornici di ferro con lastre di vetro spezzate, quadri senza immagine

Anselm Kiefer,Torre dei quadri cadenti ,particolare, 2004
 A Kiefer il tema dell'arte figurativa è a cuore ; ai piedi dell'ultima torre il tema dell'immagine mancante e dei suoi molteplici rimandi ci fa riflettere su come il passaggio dalla figurazione all'astrazione sia un tendere verso l'infinito 
In una splendida lezione tenuta dall'artista al College de France nel 2011, così  si esprime :
" .... L'artista è naturalmente attratto dal numero PI perché è sinonimo di impossibile, è attratto da qualcosa che non può essere portato a compimento. La terra, la natura si impegna soltanto in ciò che è possibile. Un'ape non si spinge mai al di là delle sue possibilità. La legge invisibile della terra, la legge della germinazione e del decadimento, rispetta con temperanza questo fatto. Soltanto la volontà costringe la terra a uscire dal perimetro delle sue possibilità per farla entrare nel dominio dell'impossibile.
La si può chiamare Arte. il numero Pi è una metafora dell'arte. Perché non ha fine. Perché non può essere definito con precisione. Perché vi toglie il sonno. Perché è un "come se" 
Anselm Kiefer, L'arte sopravvivrà alle sue rovine" , Paris 2011, ed. cons. Feltrinelli Milano, 2018

Le torri svettano verso il cielo
Le torri hanno salde fondamenta nel cuore della terra
E' non molto differente dal livello di massima tensione spirituale -l'alto, il giallo, il triangolo- e di massima concentrazione spirituale - il basso, il blu , il cerchio- 
E Kandinskij ha aperto all'astrazione




giovedì 30 agosto 2018

Con gli occhi in basso : il pavimento del Duomo di Siena

"Remember: on man's ceiling is another man's floor"
Paul Simon

In alto
Gli sguardi in alto .....
Eppure chinare lo sguardo a volte - tante volte- ci riserva sorprese.
Nelle sue "Vite" Giorgio Vasari definì il pavimento del duomo di Siena "il più bello... grande et magnifico ... che mai fusse stato fatto" 
Esagera Vasari, ma lo fa con spirito campanilista: la Toscana aveva il primato dell'arte , secondo l'aretino e non possiamo poi dargli contro più di tanto.
Però questo pavimento a commesso marmoreo ( cioè marmo di reimpiego , proveniente da antichi monumenti romani) ha una bellezza strana e travolgente.
Qui nel Duomo di Siena ( ma lo stesso discorso varrebbe per il mosaico pavimentale della Basilica di Aquileia - per me il  più bello in assoluto - o per quello del duomo di Otranto ) , il fedele non ha la possibilità di vedere davanti ai propri occhi tutto l'insieme.
Lo scopre - se vuole- passo dopo passo, campata dopo campata
Intanto la tecnica.
E' sempre Vasari nell'introduzione alle sue Vite  (Introduzione, Pittura, cap. XXX De le Istorie e de le figure, che si fanno di commesso ne' pavimenti, ad imitazione delle cose di chiaro e scuro) che descrive  minuziosamente la tecnica marmorea.
Qui a Siena il pavimento è diviso in 56 riquadri con rappresentazioni a graffito (le più antiche, risalenti al 1369 ) o a tarsie in marmo nero, bianco o colorato ; un programma così vasto e ambizioso si protrasse nei secoli - fino a fine Ottocento- ma ebbe la sua età dell'oro a cavallo tra Quattro e Cinquecento e i disegni furono elaborati da Sassetta, Pinturicchio (unico non senese), Domenico di Bartolo, Matteo di Giovanni e il Beccafumi.
Questo patchwork mirabile , costruisce un percorso  anche doloroso di salvezza  che si interrompe proprio là dove si eleva l'altare.
Ecco, si entra e subito una scritta ci ammonisce : RICORDATI DI ENTRARE CASTAMENTE NEL CASTISSIMO TEMPIO DELLA VERGINE 
La scritta , in capitali romane, ricorda a noi distratti visitatori che Siena ha origini antiche tanto quanto Roma 
Fu fondata secondo la leggenda ,dai figli di Remo , Aschio e Senio 
Ignoto, La Lupa senese che allatta i gemelli tra  i simboli delle città che gravitano attorno a Siena,  1373 circa
In questo riquadro che è il secondo della navata centrale, c'è tutto l'orgoglio della città : Siena è raffigurata al centro- caput mundi-  e ben 12 città del centro Italia, riconoscono tale supremazia.

Del resto sul sagrato,  vi è proprio la lupa che guarda avanti /guardia della città

Sempre con gli occhi bassi ,  ( la sapienza è umile..) si dipana il percorso di conoscenza ; è Ermete Trismegisto che ci introduce e ci invita al colle della sapienza
Giovanni di Stefano, Ermete Trismegisto, 1488, particolare , navata centrale

L'allora rettore della Fabbrica del Duomo di Siena, Alberto Aringhieri, commissionò proprio al già famoso Pinturicchio , i disegni per questa complessa favola 
Pinturicchio, Allegoria del colle della sapienza,1505 , navata centrale

Con la grazia pittorica degli artisti toscani di fine Quattrocento, qui l'artista raffigura la erta strada per giungere al cospetto di Sapienza ; la Fortuna è una sensuale donna nuda in equilibrio precario . Un piede è su una barca dall'albero spezzato per il mare in tempesta e l'altro su una sfera. 
Sopra la testa ha una vela gonfia di vento, con la quale sembra fare scudo ai gioielli buttati in mare da un saggio.
Il messaggio è chiaro: le fatiche e la rinuncia alle ricchezze saranno ricompensate per gli uomini di buona volontà,  dalla  quiete di un luogo felice , dove piante e fiori hanno preso il posto di pietre 
Dal punto di vista tecnico, l'inserimento di marmi gialli e rossi , rende ancora più preziosi quei monili che a piovono a cascata e che ricordano i pavimenti a mosaico  ( l' asarotos oikos )delle ville romane che Pinturicchio ben aveva a mente.
Del resto , anche la cornice a palmette corinzie, trasuda amore per l'Antico...

Misurate le immagini nella navata centrale che converge verso l'altare dedicato a Maria
Drammatiche e concitate le scene invece nel transetto sinistro
Prendiamo ad esempio la Strage degli Innocenti 
Matteo di Giovanni, Strage degli Innocenti, 1482, transetto sinistro
Sotto un portico classico, decorato con rilievi che mettono in risalto la lotta tra bene e male, tra bestialità e umanità , Erode assiste all'orrore.
Il pittore, per rendere ancora di più il dramma, usa il porfido rosso reso ancor più forte dal marmo nero dello sfondo.
Le figure femminili hanno vesti svolazzanti e sensuali (quanto Botticelli qui!) che cozzano con volti deformati dall'orrore.
Matteo di Giovanni, Strage degli Innocenti, particolare
Ecco, fino a fine ottobre si potrà ammirare il pavimento in toto (tutti gli anni, da giugno ad ottobre le tarsie sono svelate al pubblico, per poi essere ricoperte
Ognuno di noi sceglierà un percorso o un'immagine e si farà catturare, ancora una volta da bellezza e/o orrore

domenica 8 luglio 2018

L'accuratezza storica di Poussin: il Riposo durante la fuga in Egitto

No, non è una delle opere più famose di Nicolas Poussin, francese di nascita, romano d'elezione.
Eppure ha un suo fascino, come molte opere patinate di questo prolifico artista
Nicolas Poussin, Sacra famiglia in Egitto, olio su tela, cm, 105x145, 1655-57
Ermitage, San Pietroburgo

Il committente era Pierre de Chantelou, ricco mecenate e vecchia conoscenza di Poussin; più volte Chantelou aveva difeso e protetto il pittore, inviso agli artisti della corte di Luigi XIII (e di Richelieu e Mazarino)
Lo schivo Poussin preferiva di gran lunga la vita romana e qui, all'età di sessanta e passa anni, dipinse questo gioiellino
L'episodio della fuga in Egitto è ripreso dal vangelo dello pseudo Matteo e solitamente la sacra famiglia è accompagnata da figure angeliche
Così l'aveva dipinta nel 1627, così la dipingerà nel 1657
Nicolas Poussin, la fuga in Egitto, olio su tela, cm 97x133, 1657, Lione, Museo di Belle Arti

Qui invece la Madonna, san Giuseppe e il Bambino sono accolti da un ragazzo e due ragazze che offrono cibo ed acqua ai fuggiaschi; la scena è ambientata in una piazza di una città egizia.
L'accuratezza storica si nota nei costumi, nelle ambientazioni che rendono abbastanza plausibile un contesto delle antiche provincie romane della Palestina e dell'Egitto.
Sullo sfondo l'artista dipinse un corteo di sacerdoti diretti al tempio di Serapide , mentre trasportano un'arca con delle reliquie.
Il tetto a spiovente dell'edificio al centro , rimanda all'architettura romana; lo stesso Poussin descrive a Chantelou l'opera, affermando di aver preso spunto dal mosaico romano del Tempio della Fortuna a Palestrina(si noti il particolare in basso a destra)
Mosaico del Nilo, II sec.a.C., cm431x585, particolare
Museo archeologico prenestino, Palestrina

In alto, sui tetti di edifici in rovina , nidificano gli ibis, uccelli sacri della tradizione egizia 

Qui Poussin ha abbandonato la natura d'Arcadia ed è come se , negli ultimi anni della sua carriera artistica, volesse cercare altri sbocchi pittorici a favore di un'adesione alla pittura di storia (che grande fortuna avrà nel Settecento) che allora era di nicchia.
Inoltre la semplicità del momento- si potrebbe addirittura dire l'umanità dell'episodio è -chissà- un riferimento a quanto a lui era accaduto.
Osteggiato in Francia, Poussin trova pace, affetti e solidarietà in Italia.
Non contano differenze di credo o di luoghi ; la gentilezza e l'accoglienza nei confronti di chi fugge sono il "luogo dei miracoli"
Una nuova Arcadia

domenica 24 giugno 2018

La bella gioventù : l' Alabardiere di Pontormo

"Ritrasse similmente, nel tempo dell'assedio 
di Fiorenza, Francesco Guardi 
in abito da soldato, che fu opera bellissima"
Vasari, Le Vite , VI
Per poco è tornato a casa.
Fino al 29 luglio il Ritratto di Francesco Guardi di Pontormo è nella sua Firenze, a Pitti.
Poi tornerà a Malibu
Pontormo,Ritratto di Francesco Guardi L'alabardiere.1529-30, tela (trasporto da tavola)
cm 92 x 72, Malibu, The Paul Getty Museum

Chi era questo giovane? Quale stagione di Firenze è qui celebrata? 
Dopo il sacco di Roma del 1527, i Medici abbandonano Firenze e qui si proclama la repubblica.
La peste, le truppe imperiali di ritorno da Roma, flagellano la città che , posta idealmente sotto la sovranità di Gesù Cristo, ha bisogno di nuove fortificazioni , progettate e realizzate almeno in parte da Michelangelo.
Non fu il solo artista a perorare la causa repubblicana ; anche Andrea del Sarto, Pontormo, Bronzino testimoniarono con le loro opere l'adesione al nuovo governo.
Ed ecco il nostro giovane , spavaldo e spaventato

Con ogni probabilità si tratta di Francesco Guardi, nato il 29 aprile 1514, che ereditò un cospicuo patrimonio : palazzi , terreni tra cui  una tenuta nota come La Piazzuola in prossimità di san Miniato , luogo in cui Michelangelo alacremente lavorava ai bastioni, nel punto più strategico a difesa della città.
Veduta aerea della collina di san Miniato con le fortificazioni volute da Cosimo de Medici
sulla base di quelle progettate da Michelangelo

Immaginiamo dunque che il sedicenne Francesco (della milizia  fiorentina facevano parte anche ragazzi così giovani) sia a guardia ( nomen omen) non solo della sua città ma anche dei suoi possedimenti.
Quel muro verde speranza dietro di lui è forse un angolo del terrapieno posto proprio a difesa di san Miniato ; il giovinetto è una sentinella, un angelo guardiano.L
La bellezza è un riflesso del divino e desiderio di pace

Di questo dipinto esiste un disegno preparatorio che mostra alcuni ripensamenti da parte dell'artista
Pontormo, Disegno di studio per  l'Alabardiere ,Firenze, 
Gabinetto disegni e stampe degli Uffizi, 6701 F r; a
sanguigna, mm 209 x 169. 1529-30
Se nel disegno la torsione del corpo è impercettibile e lo sguardo stralunato ricorda alcune delle figure (si veda il putto riccioluto a sinistra) della Deposizione Capponi , nel definitivo la posa di tre quarti, la mano sinistra poggiata su un fianco contribuiscono a dare dinamismo plastico all'opera
Pontormo, Deposizione , particolare, Firenze
chiesa di Santa Felicita, 1526
E anche lo sguardo spavaldo allude ad un giovane e nuovo David.
Donatello, David, 1408-09, marmo, Firenze, Bargello

Proprio col David marmoreo di Donatello -che ai tempi di Pontormo si trovava a Palazzo Vecchio, si giocano stringenti parallelismi
Entrambi paladini dei giusti valori, entrambi pronti all'azione e a sconfiggere un nemico molto più forte
Insomma : la bella gioventù...

C'è un altro dettaglio che mostra il valore del giovane.
Sulla berretta rossa c'è una medaglia
Pontormo, L'Alabardiere, particolare

Rappresenta Ercole e Anteo e il legame con gli studi di quegli anni proprio relativi alle fatiche di Ercole disegnati da Michelangelo è evidente
Il pathos perfettamente bilanciato tra Ercole e Anteo doveva trasmettere tutto il tormento della guerra civile ; come in una miniatura o in un dettaglio fiammingo  possiamo leggere tutta la sofferenza di Anteo , dal volto reclinato all'indietro come Laocoonte
Michelangelo, Ercole e Anteo, disegno a sanguigna, Firenze, casa Buonarroti

Tutta la maestria di Pontormo è utilizzata nel rendere col sottile pennello il volto ancora infantile, l'incarnato roseo, gli sbuffi candidi della camicia, l'elsa elaborata della spada  e al tempo stesso con pennellate più larghe e pastose riesce a definire  i bastioni e lo sfondo.

Pontormo coglie l'attimo fuggente dei tanti giovani fiorentini - come lui del resto- che si trovano a dover crescere in fretta.
L'assedio e altro segnerà profondamente la vita dell'artista
Ma questa è altra storia

* Sui vari passaggi di proprietà si rimanda alla scheda del Getty Museum relativa all'opera
Fondamentali  Luciano Berti, Pontormo e il suo tempo, Firenze, 1993 e 
AAVV, L'officina della Maniera-varietà e fierezza nell'arte fiorentina del Cinquecento fra le due repubbliche 1494-1530, catalogo della mostra, Firenze 1996



giovedì 21 giugno 2018

Humboldt e i Dipinti della Natura : The Heart of the Andes


"La conoscenza non può mai uccidere la forza creativa dell'immaginazione 
perché genera emozione, meraviglia, ammirazione"

Alexander von Humboldt, Cosmos

27 aprile 1859
Alla Lirique Hall di New York è esposta una grande tela del giovane pittore Frederic Edwin Church
E' un successo clamoroso
In tre settimane 12000 spettatori paganti (25 cents il biglietto) si accalcano per  assistere ad una vera e propria installazione
La star è The  Hearth of the Andes
Fredric Edwin Church,  Hearth of the Andes, 1859,olio su tela, cm 168 x 303, New York, Met Museum 

L'opera si trovava in una stanza buia e era illuminata da faretti a gas nascosti dietro riflettori d'argento ; le cronache dell'epoca attestano lo stupore per la nitidezza della rappresentazione tanto che diversi spettatori  affermavano di sentire gli schizzi d'acqua della cascata.

Il pittore aveva risposto all'appello di Alexander von Humboldt ad unire arte e scienza ; nel 1840 Edwin Church rimase affascinato  dagli scritti dello scienziato prussiano, soprattutto dal racconto del viaggio che per cinque anni (dal 1799 al 1804) lo aveva portato nel nuovo mondo

Nella sua opera culminante, Cosmos (dal 1845) Humboldt stimolò e chiese agli artisti di viaggiare e dipingere
L'influenza di Humboldt fu tale su Church che nel 1853, con il suo manager e "sponsor", Cyrus Field, intraprese un primo viaggio  in Sud America, ripercorrendo in alcuni casi la strada battuta dallo scienziato e dipingendo , al suo ritorno, paesaggi mozzafiato.
Fredrich Edwin Church,le cascate di Tequendama vicino Bogotà, 1854, olio su tela
cm 153 x 122, Cincinnati Art Museum

Quattro anni dopo, nel 1857, il pittore tornò in Ecuador e riempì taccuini e tele dei paesaggi meravigliosi ; fonte di ispirazione furono per lui , gli scritti di Humboldt.
 Se osserviamo nei dettagli The Hearth of the Andes , la domanda che sorge spontanea è non cosa si vede ma cosa si può trovare.
La visione d'insieme ricostruisce una valle ai piedi del Chimborazo ; eccolo lì, maestoso , irraggiungibile e innevato nella parte alta a sinistra della tela.
Poi però ...
Immaginiamoci al buio, nelle stesse condizioni degli spettatori di 150 anni fa.
Riconosciamo, come in un trattato di botanica, anzi come in un erbario di Huboldt, viti, muschi, felci, arbusti di fiori blu, filodendri, passiflora, bromelie sfavillanti
Fredrich Edwin Church, The Hearth of the Andes, particolare

E' come se il pittore conoscesse in maniera scientifica la flora del territorio.
O meglio; è come se Church avesse fatto sue le indicazioni dello scienziato tedesco. 
Se confrontiamo una tavola illustrativa di Humboldt e Bompland Geografia delle piante equinoziali, con un dettaglio dell'opera di Church, ci accorgiamo che il desiderio di riprodurre il dettaglio equivale a conoscere nel dettaglio
Alexander von Humboldt, Aimé Bonpland, Geografia delle piante equinoziali, 1805
La "questione morale " del Paesaggio di cui parlava Hugh Honour nel suo Il Romanticismo , qui è sviluppata in modo nuovo.
C'è la scienza.
La presenza dell'uomo è tratteggiata in dettagli stupefacenti; dalla firma dell'artista posta sul tronco d'albero spezzato , in primo piano in basso a sinistra, cui fa da contraltare il piccolo quetzal dalle piume sgargianti


alle case di un villaggio posto sulle placide rive di uno specchio d'acqua che di lì a breve diviene cascata
Ma c'è qualcosa che stride o che forse Humboldt avrebbe considerato pleonastico
Nella sua opera cardine Cosmos , la parola Dio non compare mai

Nel dipinto di Church invece, se seguiamo il sentiero assolato tracciato a sinistra del dipinto , ecco che vediamo due figure di gente del posto (riusciamo a vedere le vesti, il fatto che l'uomo in piedi sia scalzo e che indossi un poncho rosso , mentre la ragazza in ginocchio ha un cappello di paglia, un'ampia gonna cremisi e un mantello blu ) che si fermano in preghiera di fronte a una croce dei pellegrini

Church non si accontenta di una rappresentazione realistica del paesaggio ; a questo vuole aggiungere la presenza di Dio
Qui l'artista ha voluto raffigurare  - come se tutto fosse ben visibile sia in primo piano che nel piano di fondo - una valle dell'Eden
Al realismo si aggiunge il simbolismo ; al dettaglio fotografico si aggiunge il "particolare " legato a Dio
Sappiamo che il pittore americano , citato dal New York Times come "l'Humboldt del nuovo mondo in veste d'artista", scrisse a un amico il 9 maggio 1859 di aver pianificato la spedizione del dipinto a Berlino, così che lo scienziato tedesco potesse rivedere quei luoghi a lui cari.

Ma Alexander von Humboldt il "più grande di tutti gli uomini dal Diluvio universale" era morto il 6 maggio, tre giorni prima.


Consiglio di Andrea Wulf ,L'invenzione della natura. le avventure di Alexander von Humboldt, l'eroe perduto della scienza, Luis University Press, 2017 ,una biografia entusiasmante di un uomo entusiasmante
e di Kevin J. Avery, The Hearth of the Andes, New York 1993 ovvero un grande museo ,il MET, pronto a condividere il sapere