Un edificio, si sa, vive nel tempo e il tempo lo trasforma.
Così la grande chiesa di santa Sofia a Costantinopoli, oggi Istanbul.
Edificata una prima, una seconda volta. E una prima e una seconda volta distrutta.
Fino a che l'imperatore Giustiniano diede ordine di ricostruirla in altre forme nel 532.
Cinque anni dopo era terminata; la cupola però, distrutta a causa di un terremoto nel 558, fu ricostruita più aerea e leggera e terminata nel 562.
Oggi la struttura giustinianea è rimasta pressoché quella, ad eccezione dei minareti, incastonati ai quattro angoli quando, dopo il 1453, divenne moschea.
Il progetto di questo edificio che riunisce pianta centrale e longitudinale, fu di Antemio di Tralle ed Isidoro di Mileto, matematici ed esperti in statica e cinetica.
E così questo rettangolo poco allungato di 70 x 75 metri circa, preceduto un tempo da ampio quadriportico, al suo interno si dilata in un ampio vano centrale sormontato da splendida cupola, in una competizione con quella del Pantheon che è evidente.
Nonostante la mole, l'abside- all'interno semicircolare e all'esterno polilobata- è una sola: chi entrava doveva aver ben chiaro che il punto di vista privilegiato era segnato dall'asse centrale.
E al centro c'è la cupola del diametri di 31 metri, sorretta da quattro ampi pilastri che delimitano un quadrato e che sembrano aprirsi a creare altri spazi minori sui quali svettano due semicalotte.
Navata centrale e laterali sono separate da una doppia fila di colonne in porfido e in marmo verde; quelle al secondo ordine, più slanciate, delimitano il matroneo.
Ma la protagonista assoluta di questa chiesa è la luce che entra copiosa dalle finestre disposte nell'abside, nelle navate laterali, nelle finestre ad arco ricavate alla base della cupola e dalle 40 finestre della cupola a calotta che rendono ancor più leggera la costruzione di modo da far sembrare che la struttura "poggiasse" senza alcun peso.
Ed è per questo che esternamente, in corrispondenza dei quattro piloni, sono posti quattro contrafforti atti a scaricare il peso della muratura.
Il mosaico a fondo oro contribuisce all'illuminazione, tanto che lo storico greco Procopio di Cesarea nella sua opera encomiastica "Sugli edifici" del 553-55 arrivò a dire che lo spazio non sembrava illuminato dall'esterno, ma che la luminosità fosse generata dall'interno, da quella divina sapienza da cui tutto è iniziato.
La magnificenza dell'edificio venne ripresa in quegli anni per il san Vitale a Ravenna e nei secoli a venire nel San Marco di Venezia, che però, edificio romanico, non ha la leggerezza del modello costantinopolitano
Ed anche nello splendido telero (lungo più di 7 metri!) dei fratelli Bellini e raffigurante La predica di san Marco ad Alessandria d'Egitto, oggi alla Pinacoteca di Brera, lo stravagante edificio ricorda Santa Sofia e ribadisce il legame fortissimo di Venezia con l'Oriente
Ma anche questa è altra storia...
giovedì 27 marzo 2014
domenica 23 marzo 2014
"Originale è tornare alle origini" Antoni Gaudì
La Sagrada Familia impegnò Gaudì tutta la vita.
I lavori iniziarono nel 1880 per opera dell'architetto Francisco de Villar, architetto neogotico presso cui Gaudì aveva iniziato il suo apprendistato.
Nato come tempio espiatorio dopo i disordini politici degli anni Sessanta dell'Ottocento e dopo carestie e epidemie, sin dall'inizio fu finanziata attraverso le elemosina dei catalani.
Nel 1883 subentrò in cantiere Gaudì e per 43 anni questo fu il suo pensiero dominante.
Sin da subito Gaudì cambiò il progetto di de Villar (che aveva a quella data costruito solo parte della cripta) e da chiesa a tre divenne a cinque navate, con ampio transetto a tre e abside polilobata.
Insomma una vera e propria cattedrale gotica, pronta ad innalzarsi, come le preghiere, a Dio.
Sin da subito Gaudì sapeva benissimo che mai l'avrebbe vista terminata; anzi aveva previsto 200 anni di cantiere: Fissò dunque in un modello il simbolismo religioso che doveva ispirare l'opera, lasciando in pratica liberi i futuri architetti di realizzarla secondo la tecnica costruttiva che avrebbero ritenuto più opportuna.
La pianta di questa immensa cattedrale di sabbia prevede l'entrata a sud (di conseguenza l'altare a nord) , scenograficamente illuminata dall'unica luce possibile, quella del sole, emanazione della luce divina.
A est, in corrispondenza del transetto, vi è la facciata della Natività, l'unica che alla morte dell'architetto fosse compiuta. La rigogliosa decorazione scultorea, curata nei minimi dettagli , prevede un complesso programma iconografico che sfocia nei quattro portali ( il portale della navata centrale del transetto è doppio) dedicati a Carità, Speranza, Fede e all'albero della vita. In questi le sculture narrano la storia di Cristo fatto uomo e le fonti raccontano che i modelli per le sculture fossero ottenuti attraverso calchi di semplici cittadini di Barcellona per far sì che non un elemento fosse uguale all'altro.
Del resto in natura non esistono forme identiche.
Sagrada Familia, portale della Carità
A ovest l'altra facciata del transetto era dedicata alla Passione di Cristo e fu terminata negli anni Trenta del Novecento, in forme più spigolose e geometriche, legate al cubismo imperante. L'art Nouveau non era più moda.
La facciata vera e propria, ancora in costruzione , è dedicata alla Gloria.
Tutte e tre hanno come coronamento, come preghiere tese verso il cielo, quattro torri, dedicate ai dodici apostoli.
Nel punto di congiunzione tra transetto e corpo longitudinale l'architetto di Reus aveva previsto l'innalzamento di altre quattro torri simbolo degli evangelisti.
Al centro, altissima , deve ergersi quella dedicata a Cristo e dietro di essa, sopra l'altare, quella più bassa per la Vergine Maria.
Questi enormi termitai hanno all'interno base quadrata, per poi assottigliarsi e smussarsi in pareti circolari, tutte di spessore diverso, tutte di grandezza diversa; le campane che qui in cima dovrebbero alloggiare, e che sarebbero mosse solo dal vento,avrebbero suoni differenti...
Chiaro che i modelli per questo edificio siano le cattedrali gotiche, però Gaudì opera scelte moderne; invece di utilizzare gli archi rampanti - che lui considerava stampelle e quindi antiestetiche , prevedeva che le colonne si "piegassero" con un'inclinazione pari alla risultante delle forze dinamiche ( come aveva già fatto nella cripta della colonia Guell)
Cripta della colonia Guell
E poi tanti simboli, tenti numeri, tanta fede. La chiesa non si costruisce dall'altare alla facciata in senso orizzontale, ma dal basso verso l'alto quasi a simboleggiare il processo di purificazione dell'uomo e il desiderio di avvicinamento alla perfezione divina.
E poi colore ottenuto grazie alle ceramiche invetriate, tipiche della tradizione figurativa spagnola o grazie ai materiali dipinti , lì a simulare le forme della natura mediterranea di Barcellona. Il verde è quello delle alghe, l'azzurro quello dell'acqua.
A lungo ritenuto un visionario, solo da qualche decennio la sua opera è stata studiata e oggi la Sagrada è il monumento di Spagna più visitato.
E basta vedere la BCE Place Galleria di Toronto dell'archistar Santiago Calatrava per vedere come il seme gettato dal monaco Gaudì abbia gigliato.
Santiago Calatrava, BCE Place, Toronto
Ma qui andiamo oltre...
I lavori iniziarono nel 1880 per opera dell'architetto Francisco de Villar, architetto neogotico presso cui Gaudì aveva iniziato il suo apprendistato.
Nato come tempio espiatorio dopo i disordini politici degli anni Sessanta dell'Ottocento e dopo carestie e epidemie, sin dall'inizio fu finanziata attraverso le elemosina dei catalani.
Nel 1883 subentrò in cantiere Gaudì e per 43 anni questo fu il suo pensiero dominante.
Sin da subito Gaudì cambiò il progetto di de Villar (che aveva a quella data costruito solo parte della cripta) e da chiesa a tre divenne a cinque navate, con ampio transetto a tre e abside polilobata.
Insomma una vera e propria cattedrale gotica, pronta ad innalzarsi, come le preghiere, a Dio.
Sin da subito Gaudì sapeva benissimo che mai l'avrebbe vista terminata; anzi aveva previsto 200 anni di cantiere: Fissò dunque in un modello il simbolismo religioso che doveva ispirare l'opera, lasciando in pratica liberi i futuri architetti di realizzarla secondo la tecnica costruttiva che avrebbero ritenuto più opportuna.
La pianta di questa immensa cattedrale di sabbia prevede l'entrata a sud (di conseguenza l'altare a nord) , scenograficamente illuminata dall'unica luce possibile, quella del sole, emanazione della luce divina.
A est, in corrispondenza del transetto, vi è la facciata della Natività, l'unica che alla morte dell'architetto fosse compiuta. La rigogliosa decorazione scultorea, curata nei minimi dettagli , prevede un complesso programma iconografico che sfocia nei quattro portali ( il portale della navata centrale del transetto è doppio) dedicati a Carità, Speranza, Fede e all'albero della vita. In questi le sculture narrano la storia di Cristo fatto uomo e le fonti raccontano che i modelli per le sculture fossero ottenuti attraverso calchi di semplici cittadini di Barcellona per far sì che non un elemento fosse uguale all'altro.
Del resto in natura non esistono forme identiche.
Sagrada Familia, portale della Carità
A ovest l'altra facciata del transetto era dedicata alla Passione di Cristo e fu terminata negli anni Trenta del Novecento, in forme più spigolose e geometriche, legate al cubismo imperante. L'art Nouveau non era più moda.
La facciata vera e propria, ancora in costruzione , è dedicata alla Gloria.
Tutte e tre hanno come coronamento, come preghiere tese verso il cielo, quattro torri, dedicate ai dodici apostoli.
Nel punto di congiunzione tra transetto e corpo longitudinale l'architetto di Reus aveva previsto l'innalzamento di altre quattro torri simbolo degli evangelisti.
Al centro, altissima , deve ergersi quella dedicata a Cristo e dietro di essa, sopra l'altare, quella più bassa per la Vergine Maria.
Questi enormi termitai hanno all'interno base quadrata, per poi assottigliarsi e smussarsi in pareti circolari, tutte di spessore diverso, tutte di grandezza diversa; le campane che qui in cima dovrebbero alloggiare, e che sarebbero mosse solo dal vento,avrebbero suoni differenti...
Chiaro che i modelli per questo edificio siano le cattedrali gotiche, però Gaudì opera scelte moderne; invece di utilizzare gli archi rampanti - che lui considerava stampelle e quindi antiestetiche , prevedeva che le colonne si "piegassero" con un'inclinazione pari alla risultante delle forze dinamiche ( come aveva già fatto nella cripta della colonia Guell)
Cripta della colonia Guell
E poi tanti simboli, tenti numeri, tanta fede. La chiesa non si costruisce dall'altare alla facciata in senso orizzontale, ma dal basso verso l'alto quasi a simboleggiare il processo di purificazione dell'uomo e il desiderio di avvicinamento alla perfezione divina.
E poi colore ottenuto grazie alle ceramiche invetriate, tipiche della tradizione figurativa spagnola o grazie ai materiali dipinti , lì a simulare le forme della natura mediterranea di Barcellona. Il verde è quello delle alghe, l'azzurro quello dell'acqua.
A lungo ritenuto un visionario, solo da qualche decennio la sua opera è stata studiata e oggi la Sagrada è il monumento di Spagna più visitato.
E basta vedere la BCE Place Galleria di Toronto dell'archistar Santiago Calatrava per vedere come il seme gettato dal monaco Gaudì abbia gigliato.
Santiago Calatrava, BCE Place, Toronto
Ma qui andiamo oltre...
domenica 9 marzo 2014
La Colonna Traiana ovvero l'esaltazione del potere e le norme di comportamento dell'ottimo principe
Che la Colonna Traiana, costruita da un anonimo genio nel 113 d.C. non sia solo uno splendido esempio di arte imperiale, ma una sorta di documentario, è lì da vedere
Imponente- è alta all'incirca 40 metri- nuova (nata dalla contaminazione fra tipi già in uso come la colonna onoraria con statua sin cima e la colonna ornata da rilievi in fasce parallele) , scenografica, preziosa .
In marmo di Luni, oggi ha perso i colori di cui era dipinta , come pure gli inserti in metalli per armi e corazze.
Ai tempi dell'imperatore Traiano era posta alla fine del foro, in una piccola piazza , circondata dalla basilica Ulpia e il tempio del Divo Traiano , tra la biblioteca greca e quella latina. Nella pianta qui sotto corrisponde al numero 6
Cosa raccontasse, è risaputo: le due campagne daciche del 101-103 e del 105-106.
E il racconto si snoda, si srotola come un libro antico, dal basso verso l'alto. Le 23 fasce scolpite a doppio rilievo iniziano con un'altezza di 90 centimetri, per ampliarsi fino a 120 centimetri nelle parti in alto.
Certo non era possibile godere di tutti i particolari, ma forse dalle finestre delle due biblioteche alcuni dettagli erano ben in mostra.
Le campagne militari vengono narrate con molti particolari, ma anche queste (come le pitture trionfali, oggi perdute, che narravano nei fori le gesta dell'esercito romano, così lontano da Roma) per sequenze figurative che apparentemente si riferiscono ai fatti storici e che scandiscono le campagne militari secondo precisi rituali, che si ripetono sempre uguali a se stessi.
Insomma, non sono dei veri e propri reportage di guerra.
Dopo l'alto basamento che conteneva in una teca d'oro le ceneri dell'imperatore, la colonna vera e propria si rivela a noi attraverso un dettagliato racconto che parte con l'attraversamento del Danubio e che termina lassù in cima con la Notte che stende un velo su tutto.
Molte delle scene possono intendersi come istituzioni e regole di comportamento per il perfetto generale
E così si va dalla
Uno degli episodi più toccanti è quello della morte di Decebalo, re dei Daci, che , pur di non cadere prigioniero, decide di uccidersi ai piedi di un albero
La natura, qui come altrove, è solo pretesto per rendere ancor più incisiva la narrazione. E qui, come in altri episodi, l'esercito romano è ordinato, a differenza di quello barbaro
Come per esempio qui, dove inoltre, in alto a sinistra compare la Notte che col suo manto porta il buio sugli eserciti.
Traiano, la cui immagine compare più di 50 volte, è sempre raffigurato come l'optimus princeps, alla stessa altezza degli altri soldati, anche se sempre in posizione centrale.
E poi, costruzione di accampamenti, rappresentazione di città o di ponti sul Danubio, insomma un documentario scolpito mirabilmente che ci permette di ricostruire la vita dell'esercito romano.
Le immagini devono comunicare l'affermazione di alcuni valori "forti"
o ripresa nelle forme tortili da Bernini nello scenografico Baldacchino di san Pietro
Ma questa è, come al solito , altra storia.
Imponente- è alta all'incirca 40 metri- nuova (nata dalla contaminazione fra tipi già in uso come la colonna onoraria con statua sin cima e la colonna ornata da rilievi in fasce parallele) , scenografica, preziosa .
In marmo di Luni, oggi ha perso i colori di cui era dipinta , come pure gli inserti in metalli per armi e corazze.
Ai tempi dell'imperatore Traiano era posta alla fine del foro, in una piccola piazza , circondata dalla basilica Ulpia e il tempio del Divo Traiano , tra la biblioteca greca e quella latina. Nella pianta qui sotto corrisponde al numero 6
Cosa raccontasse, è risaputo: le due campagne daciche del 101-103 e del 105-106.
E il racconto si snoda, si srotola come un libro antico, dal basso verso l'alto. Le 23 fasce scolpite a doppio rilievo iniziano con un'altezza di 90 centimetri, per ampliarsi fino a 120 centimetri nelle parti in alto.
Certo non era possibile godere di tutti i particolari, ma forse dalle finestre delle due biblioteche alcuni dettagli erano ben in mostra.
Le campagne militari vengono narrate con molti particolari, ma anche queste (come le pitture trionfali, oggi perdute, che narravano nei fori le gesta dell'esercito romano, così lontano da Roma) per sequenze figurative che apparentemente si riferiscono ai fatti storici e che scandiscono le campagne militari secondo precisi rituali, che si ripetono sempre uguali a se stessi.
Insomma, non sono dei veri e propri reportage di guerra.
Dopo l'alto basamento che conteneva in una teca d'oro le ceneri dell'imperatore, la colonna vera e propria si rivela a noi attraverso un dettagliato racconto che parte con l'attraversamento del Danubio e che termina lassù in cima con la Notte che stende un velo su tutto.
Molte delle scene possono intendersi come istituzioni e regole di comportamento per il perfetto generale
E così si va dalla
- Adlocutio in cui Traiano tiene discorso alle truppe mentre una delegazione di Daci arriva
- Pietas (il sacrificio agli dei)
- Omen (il presagio favorevole)
- Submissio e clementia (la presentazione dei prigionieri che fanno atto di sottomissione nei confronti dell'imperatore il quale accoglie le suppliche e risparmia i prigionieri)
- Consilium (il consiglio di guerra in cui Traiano insieme al suo entourage prende decisioni sulla battaglia)
Uno degli episodi più toccanti è quello della morte di Decebalo, re dei Daci, che , pur di non cadere prigioniero, decide di uccidersi ai piedi di un albero
La natura, qui come altrove, è solo pretesto per rendere ancor più incisiva la narrazione. E qui, come in altri episodi, l'esercito romano è ordinato, a differenza di quello barbaro
Come per esempio qui, dove inoltre, in alto a sinistra compare la Notte che col suo manto porta il buio sugli eserciti.
Traiano, la cui immagine compare più di 50 volte, è sempre raffigurato come l'optimus princeps, alla stessa altezza degli altri soldati, anche se sempre in posizione centrale.
E poi, costruzione di accampamenti, rappresentazione di città o di ponti sul Danubio, insomma un documentario scolpito mirabilmente che ci permette di ricostruire la vita dell'esercito romano.
Le immagini devono comunicare l'affermazione di alcuni valori "forti"
- la superiorità assoluta dei romani
- la sicurezza
- l'ordine
Per quanto forti siano i barbari, non c'è romano che soccomba
E' come se i rilievi fossero un dettagliato registro in cui il Senato romano abbia fissato per l'eternità le imprese dell'esercito e dell'imperatore, come una conferma dei resoconti di guerra ufficiali presentati al Senato e depositati all'Archivio di Stato.
A differenza di altre opere architettoniche romane, la Colonna non subì rimaneggiamenti nel corso dei secoli , ad eccezione della statua dell'imperatore tolta e sostituita nel Cinquecento da quella di san Pietro
Eccola lì in fondo, nel paesaggio di una Gerusalemme mai vista da Mantegna e immaginata come Roma antica nella splendida Orazione nell'orto del Louvre
o ripresa nelle forme tortili da Bernini nello scenografico Baldacchino di san Pietro
Ma questa è, come al solito , altra storia.
martedì 11 febbraio 2014
L'Ara pacis, ovvero quando l'arte è al servizio del potere
A lungo sotterrata, l'Ara Pacis venne ritrovata parzialmente nel Cinquecento presso Montecitorio, l'antico Campo Marzio.
Iniziata nel 13 a. C., dopo quattro anni venne inaugurata; rimase visibile fino al II secolo d.C., quando l'area fu innalzata e così l'altare, seppur protetto da un muro in mattoni, scomparve.
Sopra di essa alla fine del 1200 si costruì un palazzo cardinalizio.
Nel Cinquecento, grazie alla politica di riscoperta dell'Antico perpetrata da alcuni papi, riapparvero alcuni rilievi del monumento e, smembrati, arricchirono le collezioni medicee a Firenze, a Roma a Villa Medici.
Qualcosa andò perfino al Louvre.Di questo periodo sono le teste, rifatte, dei personaggi del corteo che si snoda sui lati sud e nord.
Bisogna aspettare però l'archeologo tedesco Carl von Duhn per tentare una ricostruzione- e una riunione dei vari pezzi- finalmente attribuiti all'Ara Pacis.
Bisogna aspettare il 1938 e un pretestuoso bimillenario augusteo creato ad hoc per Mussolini, per estrarre dalle fondamenta del palazzo duecentesco il manufatto che per ovvie ragioni venne spostato e ricomposto in altro luogo, tra il Tevere e il Mausoleo di Augusto.
Infine il progetto di Richard Meier (1996/2006) che ha dato lustro nuovo all'Ara ed ha creato un interessante rapporto tra antico e moderno, tra contenitore bianco e trasparente e contenuto, anch'esso bianco e però massiccio.
Oggi in posizione diversa.
Dove era dunque l'Ara?
"Quando tornai a Roma dalla Gallia e dalla Spagna, sotto il consolato di Tiberio Nerone e Publio Quintilio, portate felicemente a termine le imprese in quelle province, il Senato decretò che si dovesse consacrare un'ara alla Pace augustea nel Campo Marzio e ordinò che in essa i magistrati, i sacerdoti e le vergini vestali celebrassero ogni anno un sacrificio". (Augusto,Res Gesta)
Eccola in Campo Marzio , "segnalata" da un solarium, inaugurato anch'esso nel 9 a.C. e sorta di gnomone che in occasione del compleanno di Augusto, 23 settembre, segnalava con la sua ombra l'entrata all'altare.
E questo orologio solare altro non era che un enorme obelisco fatto arrivare dall'Egitto ed oggi in piazza Montecitorio.
A ovest della piazza, (il tramonto, la morte) ,con base circolare,trovava posto il Mausoleo di Augusto.
E le decorazioni? Cerchiamo di descriverle
L'altare vero e proprio è quello all'interno, ma già Nerone, e poi Domiziano, in monete considera il recinto l'Ara vera e propria, come lo attesta la moneta qui sotto
Il recinto ha due porte, una ad ovest, con la scalinata, l'altra ad est.
1) Il registro inferiore esterno è scolpito con motivi eleganti di girali di acanto; sono espressione dell'abbondanza che la pace augustea avrebbe portato al mondo.
Animali di diverso genere popolano gli intrecci di foglie; i cigni posti in alto , come se fossero su candelabri, forse permettono di istituire un legame con Apollo, poi lucertole, una rana, un nido di uccelli. Tutto sembra vario, in realtà il disegno è simmetrico ed elegante.
Tra i due registri , come un architrave, è presente un motivo a meandri.
2) Il registro superiore esterno presenta rilievi, non tutti in buone condizioni.
A ovest, a fianco della scalinata che permetteva al sacerdote di entrare nell'area sacra, vi erano da una parte Romolo e Remo tra il pastore Faustolo e Marte (rovinato)
dall'altra Enea che sacrifica ai Penati, assistito da due ragazzi (i camilli) che reggono offerte e da Iulo. Chiaro era il parallelismo tra il mitico fondatore di Roma e i due gemelli.
Il principe troiano, composto in un mantello che accresce sacralità alla scena, è raffigurato frontalmente,velato e con una curata barba. Il sacrificio è rappresentato dal tempietto a edicola, di etrusca memoria, e dalla patera colma di frutti di uno dei due camilli. L'altro conduce sull'altare un suino.
A est in corrispondenza della seconda porta c'è forse il rilievo più noto, la Saturnia tellus e dalla parte opposta (oggi illeggibile) la personificazione di Roma seduta su un cumulo di armi.
Eccola qua, la rappresentazione dell'età dell'oro.
Al centro una madre giovane e bella con in braccio due gemelli, è seduta su di un trono roccioso.
Dietro di lei germogliano spighe e papaveri, sotto di lei scorrono corsi d'acqua e ai suoi piedi pascolano tranquilli alcuni animali addomesticati dall'uomo.
A fianco due ancelle, eleganti nei loro mantelli che creano arditi svolazzi ( e che fanno pensare, stilisticamente a maestranze di scuola neoattica o pergamena) personificano , a destra una divinità marina, seduta su un drago e a sinistra una divinità eterea, che sta staccando i piedi da terra grazie al cigno che la sostiene.
La madre ha in grembo frutti tra i più vari, anche questi simbolo di opulenza.
A nord e a sud invece si svolge la lunga processione per il voto dell'ara. Da una partevi è il sacerdote, dall'altra il corteo con Augusto e i suoi familiari. Tutti si dirigono verso ovest, dove vi è l'entrata e questa semplice processione non può non ricordare quella solenne delle Panatenee.
(ricordiamoci che le teste , grosse e troppo sporgenti, furono aggiunta cinquecentesca)
L'interno invece presenta nella parte inferiore un semplice motivo a lesene e rientranze, che forse ricordava quell'altare di legno, struttura effimera, eretto in poco tempo dal Senato romano per il ritorno di Augusto.
Nella parte superiore , bellissime ghirlande sorrette da bucrani ingentiliti da festoni, alludono ai concetti di abbondanza e prosperità
I frutti che qui sono presenti, maturano però in tempi diversi; si vedono grappoli d'uva, spighe, mele, pere, noci, olive, tutti resi con le proprie foglie e i propri rami.( l'archeologo Bianchi Bandinelli arrivò a dire che forse la parte "più romana" e meno debitrice dell'arte greca fosse proprio questa)
Tra le ghirlande spiccano i piatti sacrificali, le pàtere.
E ricordiamoci che anche l'Ara Pacis presentava tracce di colore ; nel 2009, grazie alla tecnologia virtuale, l'Altare fu illuminato per alcune ore per far rivivere la cromia originaria.
certo non un'opera "bella" nell'accezione che di solito usiamo, ma interessante.
Iniziata nel 13 a. C., dopo quattro anni venne inaugurata; rimase visibile fino al II secolo d.C., quando l'area fu innalzata e così l'altare, seppur protetto da un muro in mattoni, scomparve.
Sopra di essa alla fine del 1200 si costruì un palazzo cardinalizio.
Nel Cinquecento, grazie alla politica di riscoperta dell'Antico perpetrata da alcuni papi, riapparvero alcuni rilievi del monumento e, smembrati, arricchirono le collezioni medicee a Firenze, a Roma a Villa Medici.
Qualcosa andò perfino al Louvre.Di questo periodo sono le teste, rifatte, dei personaggi del corteo che si snoda sui lati sud e nord.
Bisogna aspettare però l'archeologo tedesco Carl von Duhn per tentare una ricostruzione- e una riunione dei vari pezzi- finalmente attribuiti all'Ara Pacis.
Bisogna aspettare il 1938 e un pretestuoso bimillenario augusteo creato ad hoc per Mussolini, per estrarre dalle fondamenta del palazzo duecentesco il manufatto che per ovvie ragioni venne spostato e ricomposto in altro luogo, tra il Tevere e il Mausoleo di Augusto.
Infine il progetto di Richard Meier (1996/2006) che ha dato lustro nuovo all'Ara ed ha creato un interessante rapporto tra antico e moderno, tra contenitore bianco e trasparente e contenuto, anch'esso bianco e però massiccio.
Oggi in posizione diversa.
Dove era dunque l'Ara?
"Quando tornai a Roma dalla Gallia e dalla Spagna, sotto il consolato di Tiberio Nerone e Publio Quintilio, portate felicemente a termine le imprese in quelle province, il Senato decretò che si dovesse consacrare un'ara alla Pace augustea nel Campo Marzio e ordinò che in essa i magistrati, i sacerdoti e le vergini vestali celebrassero ogni anno un sacrificio". (Augusto,Res Gesta)
E questo orologio solare altro non era che un enorme obelisco fatto arrivare dall'Egitto ed oggi in piazza Montecitorio.
A ovest della piazza, (il tramonto, la morte) ,con base circolare,trovava posto il Mausoleo di Augusto.
E le decorazioni? Cerchiamo di descriverle
L'altare vero e proprio è quello all'interno, ma già Nerone, e poi Domiziano, in monete considera il recinto l'Ara vera e propria, come lo attesta la moneta qui sotto
Il recinto ha due porte, una ad ovest, con la scalinata, l'altra ad est.
1) Il registro inferiore esterno è scolpito con motivi eleganti di girali di acanto; sono espressione dell'abbondanza che la pace augustea avrebbe portato al mondo.
Animali di diverso genere popolano gli intrecci di foglie; i cigni posti in alto , come se fossero su candelabri, forse permettono di istituire un legame con Apollo, poi lucertole, una rana, un nido di uccelli. Tutto sembra vario, in realtà il disegno è simmetrico ed elegante.
Tra i due registri , come un architrave, è presente un motivo a meandri.
2) Il registro superiore esterno presenta rilievi, non tutti in buone condizioni.
A ovest, a fianco della scalinata che permetteva al sacerdote di entrare nell'area sacra, vi erano da una parte Romolo e Remo tra il pastore Faustolo e Marte (rovinato)
dall'altra Enea che sacrifica ai Penati, assistito da due ragazzi (i camilli) che reggono offerte e da Iulo. Chiaro era il parallelismo tra il mitico fondatore di Roma e i due gemelli.
Il principe troiano, composto in un mantello che accresce sacralità alla scena, è raffigurato frontalmente,velato e con una curata barba. Il sacrificio è rappresentato dal tempietto a edicola, di etrusca memoria, e dalla patera colma di frutti di uno dei due camilli. L'altro conduce sull'altare un suino.
A est in corrispondenza della seconda porta c'è forse il rilievo più noto, la Saturnia tellus e dalla parte opposta (oggi illeggibile) la personificazione di Roma seduta su un cumulo di armi.
Eccola qua, la rappresentazione dell'età dell'oro.
Al centro una madre giovane e bella con in braccio due gemelli, è seduta su di un trono roccioso.
Dietro di lei germogliano spighe e papaveri, sotto di lei scorrono corsi d'acqua e ai suoi piedi pascolano tranquilli alcuni animali addomesticati dall'uomo.
A fianco due ancelle, eleganti nei loro mantelli che creano arditi svolazzi ( e che fanno pensare, stilisticamente a maestranze di scuola neoattica o pergamena) personificano , a destra una divinità marina, seduta su un drago e a sinistra una divinità eterea, che sta staccando i piedi da terra grazie al cigno che la sostiene.
La madre ha in grembo frutti tra i più vari, anche questi simbolo di opulenza.
A nord e a sud invece si svolge la lunga processione per il voto dell'ara. Da una partevi è il sacerdote, dall'altra il corteo con Augusto e i suoi familiari. Tutti si dirigono verso ovest, dove vi è l'entrata e questa semplice processione non può non ricordare quella solenne delle Panatenee.
(ricordiamoci che le teste , grosse e troppo sporgenti, furono aggiunta cinquecentesca)
L'interno invece presenta nella parte inferiore un semplice motivo a lesene e rientranze, che forse ricordava quell'altare di legno, struttura effimera, eretto in poco tempo dal Senato romano per il ritorno di Augusto.
Nella parte superiore , bellissime ghirlande sorrette da bucrani ingentiliti da festoni, alludono ai concetti di abbondanza e prosperità
I frutti che qui sono presenti, maturano però in tempi diversi; si vedono grappoli d'uva, spighe, mele, pere, noci, olive, tutti resi con le proprie foglie e i propri rami.( l'archeologo Bianchi Bandinelli arrivò a dire che forse la parte "più romana" e meno debitrice dell'arte greca fosse proprio questa)
Tra le ghirlande spiccano i piatti sacrificali, le pàtere.
E ricordiamoci che anche l'Ara Pacis presentava tracce di colore ; nel 2009, grazie alla tecnologia virtuale, l'Altare fu illuminato per alcune ore per far rivivere la cromia originaria.
certo non un'opera "bella" nell'accezione che di solito usiamo, ma interessante.
« Non è una grande opera d'arte, ma è una testimonianza estremamente tipica del suo tempo. » |
(Ranuccio Bianchi Bandinelli, Roma - L'arte romana nel centro del potere, 1969) E se lo dice lui, sarà vero! |
martedì 28 gennaio 2014
Tre gioielli augustei: il vaso Portland e due camei
Ecco l'età dell'oro, vera o presunta che sia !
E così l'arte , ai tempi di Augusto ( che si vantò di aver trasformato una città di laterizi in una di marmo) divenne elegante, preziosa, pregiata.
Tre esempi
Il primo è il Vaso Portland degli inizi del I sec. d.C. , oggi al British Museum a Londra. E' alto 24,5 cm.
Realizzato in una pasta vitrea blu scura, materiale di per sé già prezioso, fu immerso in un bagno di vetro bianco fuso e, dopo il raffreddamento, la parte esterna bianca fu scolpita come fosse un cameo.
Le prime testimonianze di questo vaso si hanno nel 1600 a casa del cardinal del Monte (grande esperto d'arte e "scopritore" del talento di Caravaggio) in Roma.
Poi di casa in casa, di furto d'arte in furto d'arte, finì nel primi dell'Ottocento al British Museum.
Per chi fosse, non è dato saperlo, come criptica è la narrazione.
Forse dono di nozze, presenta nel fronte A, quello sopra, le nozze di Peleo e Teti , sul lato B invece la rappresentazione dell'età dell'oro e forse, secondo alcuni studiosi, proprio la nascita di Ottaviano.
Le forme pure e simmetriche attestano una ripresa di modelli classici neoattici.
Il Vaso Porland ebbe così tanta fortuna nell'Inghilterra di fine 1700 da essere preso a modello per le celebri produzioni di ceramiche di Wegwood di cui qui si danno alcuni esempi. Sembrano l'originale!
Seconda meraviglia: la Gemma Augustea , pura propaganda politica!
Risale al 10 d.C , e in onice , è largo 23 cm. ed alto 19, oggi è al Kunsthistorisches Museum di Vienna.
La decorazione è divisa in due registri; nel registro superiore al centro c'è Augusto, seduto e abbigliato come Giove capitolino. Alle sue spalle la personificazione del Mondo Abitato lo incorona di alloro. E' inoltre accompagnata da Oceano e Terra, poggiata al bracciolo dello scranno.
A fianco di Augusto vi è la dea Roma e dalla sua parte, a sinistra Tiberio scende da un carro ed è accompagnato da Germanico.
Nel registro inferiore alcuni soldati stanno innalzando un trofeo alla presenza di prigionieri, trascinati per i capelli. Si allude qui forse alle campagne militari in Dalmazia e Pannonia condotte da Tiberio.
Ultima gemma, il Gran Cammeo di Francia.
Risale al 23 d.C., è in onice e misura 31 x 26 cm. Oggi è conservato a Parigi, alla Bibliothéque National, Cabinet des medailles.
Qui è rappresentato il panegirico della casa imperiale.
Al centro è raffigurato Tiberio, che, simile a Giove, è rappresentato come sovrano trionfante. Al suo fianco, in trono anch'essa vi è la madre Livia e davanti e immediatamente dietro alle figure sul trono si trovano, verosimilmente, i figli di Germanico.
Dietro di loro e ai margini della scena , stanno tre figure femminili della casa imperiale.
In alto, in volo , il Divus Augusto e, forse i due principi ormai morti, Druso (portato dal proprio scudo) e Germanico, sul cavallo alato.
Nella fascia inferiore invece , vi sono i barbari sottomessi : l'impero, insomma , è saldo e al sicuro e l'integrazione delle popolazioni conquistate sta muovendo i primi passi (si veda la figura femminile che abbraccia , per nulla spaventata, un neonato)
L'arte, anche nelle piccole cose e non solo nei grandi monumenti che verranno , è strumento di propaganda.
E così l'arte , ai tempi di Augusto ( che si vantò di aver trasformato una città di laterizi in una di marmo) divenne elegante, preziosa, pregiata.
Tre esempi
Il primo è il Vaso Portland degli inizi del I sec. d.C. , oggi al British Museum a Londra. E' alto 24,5 cm.
Realizzato in una pasta vitrea blu scura, materiale di per sé già prezioso, fu immerso in un bagno di vetro bianco fuso e, dopo il raffreddamento, la parte esterna bianca fu scolpita come fosse un cameo.
Le prime testimonianze di questo vaso si hanno nel 1600 a casa del cardinal del Monte (grande esperto d'arte e "scopritore" del talento di Caravaggio) in Roma.
Poi di casa in casa, di furto d'arte in furto d'arte, finì nel primi dell'Ottocento al British Museum.
Per chi fosse, non è dato saperlo, come criptica è la narrazione.
Forse dono di nozze, presenta nel fronte A, quello sopra, le nozze di Peleo e Teti , sul lato B invece la rappresentazione dell'età dell'oro e forse, secondo alcuni studiosi, proprio la nascita di Ottaviano.
Le forme pure e simmetriche attestano una ripresa di modelli classici neoattici.
Il Vaso Porland ebbe così tanta fortuna nell'Inghilterra di fine 1700 da essere preso a modello per le celebri produzioni di ceramiche di Wegwood di cui qui si danno alcuni esempi. Sembrano l'originale!
Seconda meraviglia: la Gemma Augustea , pura propaganda politica!
Risale al 10 d.C , e in onice , è largo 23 cm. ed alto 19, oggi è al Kunsthistorisches Museum di Vienna.
La decorazione è divisa in due registri; nel registro superiore al centro c'è Augusto, seduto e abbigliato come Giove capitolino. Alle sue spalle la personificazione del Mondo Abitato lo incorona di alloro. E' inoltre accompagnata da Oceano e Terra, poggiata al bracciolo dello scranno.
A fianco di Augusto vi è la dea Roma e dalla sua parte, a sinistra Tiberio scende da un carro ed è accompagnato da Germanico.
Nel registro inferiore alcuni soldati stanno innalzando un trofeo alla presenza di prigionieri, trascinati per i capelli. Si allude qui forse alle campagne militari in Dalmazia e Pannonia condotte da Tiberio.
Ultima gemma, il Gran Cammeo di Francia.
Risale al 23 d.C., è in onice e misura 31 x 26 cm. Oggi è conservato a Parigi, alla Bibliothéque National, Cabinet des medailles.
Qui è rappresentato il panegirico della casa imperiale.
Al centro è raffigurato Tiberio, che, simile a Giove, è rappresentato come sovrano trionfante. Al suo fianco, in trono anch'essa vi è la madre Livia e davanti e immediatamente dietro alle figure sul trono si trovano, verosimilmente, i figli di Germanico.
Dietro di loro e ai margini della scena , stanno tre figure femminili della casa imperiale.
In alto, in volo , il Divus Augusto e, forse i due principi ormai morti, Druso (portato dal proprio scudo) e Germanico, sul cavallo alato.
Nella fascia inferiore invece , vi sono i barbari sottomessi : l'impero, insomma , è saldo e al sicuro e l'integrazione delle popolazioni conquistate sta muovendo i primi passi (si veda la figura femminile che abbraccia , per nulla spaventata, un neonato)
L'arte, anche nelle piccole cose e non solo nei grandi monumenti che verranno , è strumento di propaganda.
sabato 25 gennaio 2014
Preraffaelliti , strana gente!
Londra, 1848. La lunga era vittoriana si era aperta.
Un gruppo di artisti, capitanati da Dante Gabriel Rossetti, si costituisce in "Confraternita preraffaellita"
Del gruppo fanno parte William Holman Hunt, John Everett Millais, Ford Madox Brown.
Il mentore è John Ruskin, uomo dai mille interessi, acquarellista, architetto, critico d'arte.
Altra figura importante è quella di William Morris, architetto/arredatore con la passione del medioevo.
Le radici sono William Blake,e poi Keats, Shelley, Browning, Tennyson.
E ancora Dante, Shakespeare, Chaucer.
Intanto il nome.
Questi giovani artisti rifiutavano tutta l'arte di Raffaello che, per realizzare la bellezza aveva tradito la "verità" per prediligere l'arte "semplice e simbolica" del medioevo e per liberarsi dall'uso "sporco" del colore della pittura ottocentesca.
E poi forte era il desiderio di andare controcorrente, di una vita "spericolata" ,senza obblighi morali.
Si viveva insieme, quasi in comunità, ci si amava, ci si lasciava
Tutti antiaccademici, avevano però frequentato la Royal Academy
Dante Gabriel, figlio di un esiliato carbonaro è l'indiscusso leader e impone al movimento il carattere di setta segreta e il senso monastico dell'iniziazione.
Fonda inoltre una rivista "The Germ", che ebbe vita breve (fino al 1850) e che avrebbe dovuto gettare un germoglio nell'arte britannica
Come vennero accolti? male , ovvio.
Soprattutto un'opera di Millais , "Cristo nella casa dei genitori" suscitò le ire di Dickens sul "Times" e portò Ruskin a prendere le difese dei giovani.
John Everett Millais, Cristo nella case dei genitori, 1849-50, Londra , Tate Gallery
Con estremo realismo Millais, il più dotato dei pittori, presenta la sacra famiglia nella bottega di un falegname.
Al centro il piccolo Gesù è amorevolmente accudito da Maria , descritta da Dickens come un "essere mostruoso, avvezzo al più volgare cabaret di Francia o alla più infima mescita di gin in Inghilterra"
Eppure al pubblico non era sfuggita la maestria dell'artista nel rendere ogni particolare, grazie anche a ina linea marcata di contorno e ad un contrasto chiaroscurale accentuato dalla purezza cromatica.
E forse non erano passati inosservati neppure il simbolismo, quasi massonico, proposto dagli strumenti appesi alla parete e quello cristiano di chiodi e tenaglia in primo piano e dei colori trinitari blu bianco e rosso.
E ancora Millais
Ofelia, 1851-52. Londra, Tate Gallery
Questo dipinto non poteva passare inosservato per la rappresentazione minuziosa e suggestiva delle piante, fedelmente riprese dal testo shakespeariano di Amleto. Salice, ortica, margherite, associati all'amore abbandonato, al dolore e all'innocenza , sono accompagnati da papavero (simbolo di morte) e olmarie appassite, simbolo di inutilità , scelti da Millais per rendere più drammatico il dipinto.
La modella poi, Lizzy Siddal, vera musa ispiratrice della confraternita e futura moglie di Rossetti, fu costretta a posare immersa in una vasca colma d'acqua, malamente riscaldata da lampade sottostanti.
( parentesi, bisognerebbe fare un film su Lizzy, tenace e al tempo stesso fragile donna . Ma questa, come al solito è altra storia)
« GERTRUDE: Una disgrazia incalza alle calcagna
Curiosità. Qui si riporta un particolare dell'opera in cui molti han voluto veder riprodotto un teschio...
Altro tema particolarmente amato è quello dell'arte come possibilità di redenzione
Possiamo prendere ad esempio di ciò "Il risveglio della coscienza" di William Holman Hunt del 1853,54, oggi alla Tate gallery di Londra
La scena è ambientata in una stanza vittoriana, con arredi e stoffe disegnate nell'atelier di William Morris.
Il tema della redenzione è rappresentato dalla giovane donna, sicuramente una prostituta, che si alza e cerca di staccarsi dalla presa dell'uomo. Il suo sguardo è altrove ,rivolto tra l'altro verso la finestra - quindi la libertà- .Tempo ne ha poco, l'orologio sul pianoforte lo scandisce e la sua scelta non sarà semplice; dovrà fuggire come l'uccellino sul tappeto, sotto la sedia , deve scappare dal gatto/seduttore.
Il rosso , colore della passione,prevale sull'opera.
Qui si propone una tipica carta da parati prodotta nell'atelier di Morris
Ecco un'opera di Rossetti, forse la sua più nota
Ecce ancilla Domini, 1850, Tate gallery Londra
Il tema dell'annunciazione è quasi stilizzato (quanto Beato Angelico in questo dipinto) La stanza spoglia e stretta è occupata da un maestoso angelo che sta per donare il candido giglio a Maria, spaventata sul letto
Lo stesso Rossetti aveva scritto alcuni versi de "L'adolescenza della Vergine" :"...finchè un'alba nella casa/si scegliò nel suo letto bianco, nè ebbe timore /ma pianse fino al tramonto e si sentì tremare/poichè la pienezza del tempo era giunta."
Pochi i colori, assente la prospettiva, dolce la trattazione del miracolo, proprio come nel religioso Angelico
(dal convento di san Marco a Firenze, cella 3, 1440 circa)
Quanto durò la confraternita? pochi anni, ma ebbe importanza su artisti "maudit" come Beardsley e Wilde che , ancora una volta mostravano come la tanto osannata morigeratezza dei costumi vittoriana fosse solo un paravento.
La trasposizione in romanzo di questo periodo? Per me il suggestivo romanzo di Antonia Byatt, "Il libro dei bambini"
E non fatevi fuorviare dal titolo....
Un gruppo di artisti, capitanati da Dante Gabriel Rossetti, si costituisce in "Confraternita preraffaellita"
Del gruppo fanno parte William Holman Hunt, John Everett Millais, Ford Madox Brown.
Il mentore è John Ruskin, uomo dai mille interessi, acquarellista, architetto, critico d'arte.
Altra figura importante è quella di William Morris, architetto/arredatore con la passione del medioevo.
Le radici sono William Blake,e poi Keats, Shelley, Browning, Tennyson.
E ancora Dante, Shakespeare, Chaucer.
Intanto il nome.
Questi giovani artisti rifiutavano tutta l'arte di Raffaello che, per realizzare la bellezza aveva tradito la "verità" per prediligere l'arte "semplice e simbolica" del medioevo e per liberarsi dall'uso "sporco" del colore della pittura ottocentesca.
E poi forte era il desiderio di andare controcorrente, di una vita "spericolata" ,senza obblighi morali.
Si viveva insieme, quasi in comunità, ci si amava, ci si lasciava
Tutti antiaccademici, avevano però frequentato la Royal Academy
Dante Gabriel, figlio di un esiliato carbonaro è l'indiscusso leader e impone al movimento il carattere di setta segreta e il senso monastico dell'iniziazione.
Fonda inoltre una rivista "The Germ", che ebbe vita breve (fino al 1850) e che avrebbe dovuto gettare un germoglio nell'arte britannica
Come vennero accolti? male , ovvio.
Soprattutto un'opera di Millais , "Cristo nella casa dei genitori" suscitò le ire di Dickens sul "Times" e portò Ruskin a prendere le difese dei giovani.
John Everett Millais, Cristo nella case dei genitori, 1849-50, Londra , Tate Gallery
Con estremo realismo Millais, il più dotato dei pittori, presenta la sacra famiglia nella bottega di un falegname.
Al centro il piccolo Gesù è amorevolmente accudito da Maria , descritta da Dickens come un "essere mostruoso, avvezzo al più volgare cabaret di Francia o alla più infima mescita di gin in Inghilterra"
Eppure al pubblico non era sfuggita la maestria dell'artista nel rendere ogni particolare, grazie anche a ina linea marcata di contorno e ad un contrasto chiaroscurale accentuato dalla purezza cromatica.
E forse non erano passati inosservati neppure il simbolismo, quasi massonico, proposto dagli strumenti appesi alla parete e quello cristiano di chiodi e tenaglia in primo piano e dei colori trinitari blu bianco e rosso.
E ancora Millais
Ofelia, 1851-52. Londra, Tate Gallery
Questo dipinto non poteva passare inosservato per la rappresentazione minuziosa e suggestiva delle piante, fedelmente riprese dal testo shakespeariano di Amleto. Salice, ortica, margherite, associati all'amore abbandonato, al dolore e all'innocenza , sono accompagnati da papavero (simbolo di morte) e olmarie appassite, simbolo di inutilità , scelti da Millais per rendere più drammatico il dipinto.
La modella poi, Lizzy Siddal, vera musa ispiratrice della confraternita e futura moglie di Rossetti, fu costretta a posare immersa in una vasca colma d'acqua, malamente riscaldata da lampade sottostanti.
( parentesi, bisognerebbe fare un film su Lizzy, tenace e al tempo stesso fragile donna . Ma questa, come al solito è altra storia)
« GERTRUDE: Una disgrazia incalza alle calcagna
un'altra, tanto presto si succedono.
Laerte, tua sorella s'è annegata.
Laerte, tua sorella s'è annegata.
LAERTE: Annegata! Ah, dove?
GERTRUDE: C'è un salice che cresce di traverso
a un ruscello e specchia le sue foglie
nella vitrea corrente; qui ella venne,
il capo adorno di strane ghirlande
di ranuncoli, ortiche, margherite
e di quei lunghi fiori color porpora
che i licenziosi poeti bucolici
designano con più corrivo nome
ma che le nostre ritrose fanciulle
chiaman "dita di morto"; ella lassù,
mentre si arrampicava per appendere
l'erboree sue ghirlande ai rami penduli,
un ramo, invidioso, s'è spezzato
e gli erbosi trofei ed ella stessa
sono caduti nel piangente fiume.
Le sue vesti, gonfiandosi sull'acqua,
l'han sostenuta per un poco a galla,
nel mentre ch'ella, come una sirena,
cantava spunti d'antiche canzoni,
come incosciente della sua sciagura
o come una creatura d'altro regno
e familiare con quell'elemento.
Ma non per molto, perché le sue vesti
appesantite dall'acqua assorbita,
trascinaron la misera dal letto
del suo canto a una fangosa morte. »
Qui si riporta proprio il passo dell'Amleto per mostrare quale sia l'aderenza al testo da parte di Millaisa un ruscello e specchia le sue foglie
nella vitrea corrente; qui ella venne,
il capo adorno di strane ghirlande
di ranuncoli, ortiche, margherite
e di quei lunghi fiori color porpora
che i licenziosi poeti bucolici
designano con più corrivo nome
ma che le nostre ritrose fanciulle
chiaman "dita di morto"; ella lassù,
mentre si arrampicava per appendere
l'erboree sue ghirlande ai rami penduli,
un ramo, invidioso, s'è spezzato
e gli erbosi trofei ed ella stessa
sono caduti nel piangente fiume.
Le sue vesti, gonfiandosi sull'acqua,
l'han sostenuta per un poco a galla,
nel mentre ch'ella, come una sirena,
cantava spunti d'antiche canzoni,
come incosciente della sua sciagura
o come una creatura d'altro regno
e familiare con quell'elemento.
Ma non per molto, perché le sue vesti
appesantite dall'acqua assorbita,
trascinaron la misera dal letto
del suo canto a una fangosa morte. »
Curiosità. Qui si riporta un particolare dell'opera in cui molti han voluto veder riprodotto un teschio...
Altro tema particolarmente amato è quello dell'arte come possibilità di redenzione
Possiamo prendere ad esempio di ciò "Il risveglio della coscienza" di William Holman Hunt del 1853,54, oggi alla Tate gallery di Londra
La scena è ambientata in una stanza vittoriana, con arredi e stoffe disegnate nell'atelier di William Morris.
Il tema della redenzione è rappresentato dalla giovane donna, sicuramente una prostituta, che si alza e cerca di staccarsi dalla presa dell'uomo. Il suo sguardo è altrove ,rivolto tra l'altro verso la finestra - quindi la libertà- .Tempo ne ha poco, l'orologio sul pianoforte lo scandisce e la sua scelta non sarà semplice; dovrà fuggire come l'uccellino sul tappeto, sotto la sedia , deve scappare dal gatto/seduttore.
Il rosso , colore della passione,prevale sull'opera.
Qui si propone una tipica carta da parati prodotta nell'atelier di Morris
Ecco un'opera di Rossetti, forse la sua più nota
Ecce ancilla Domini, 1850, Tate gallery Londra
Il tema dell'annunciazione è quasi stilizzato (quanto Beato Angelico in questo dipinto) La stanza spoglia e stretta è occupata da un maestoso angelo che sta per donare il candido giglio a Maria, spaventata sul letto
Lo stesso Rossetti aveva scritto alcuni versi de "L'adolescenza della Vergine" :"...finchè un'alba nella casa/si scegliò nel suo letto bianco, nè ebbe timore /ma pianse fino al tramonto e si sentì tremare/poichè la pienezza del tempo era giunta."
Pochi i colori, assente la prospettiva, dolce la trattazione del miracolo, proprio come nel religioso Angelico
(dal convento di san Marco a Firenze, cella 3, 1440 circa)
Quanto durò la confraternita? pochi anni, ma ebbe importanza su artisti "maudit" come Beardsley e Wilde che , ancora una volta mostravano come la tanto osannata morigeratezza dei costumi vittoriana fosse solo un paravento.
La trasposizione in romanzo di questo periodo? Per me il suggestivo romanzo di Antonia Byatt, "Il libro dei bambini"
E non fatevi fuorviare dal titolo....
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