Andrea Orcagna , San Matteo e storie della sua vita.
tempera su tavola, cm. 291 x 265, Firenze, Uffizi
Nella città di Firenze, che sempre di nuovi uomeni è stata doviziosa, furono già certi dipintori e altri maestri, li quali essendo a un luogo fuori della città, che si chiama San Miniato a Monte, per alcuna dipintura e lavorío che alla chiesa si dovea fare; quando ebbono desinato con l'Abate e ben pasciuti e bene avvinazzati, cominciorono a questionare; e fra l'altre questione mosse uno, che avea nome l'Orcagna, il quale fu capo maestro dell'oratorio nobile di Nostra Donna d'Orto San Michele: - Qual fu il maggior maestro di dipignere, che altro, che sia stato da Giotto in fuori? - Chi dicea che fu Cimabue, chi Stefano, chi Bernardo, e chi Buffalmacco, e chi uno e chi un altro. Taddeo Gaddi, che era nella brigata, disse: - Per certo assai valentri dipintori sono stati, e che hanno dipinto per forma ch'è impossibile a natura umana poterlo fare -; ma questa arte è venuta e viene mancando tutto dí.
Franco Sacchetti, Dal Trecentonovelle, novella 136
In questa novella scritta intorno al 1390, Franco Sacchetti descrive la situazione artistica di Firenze a metà Trecento.
Sono gli anni a ridosso della peste nera del 1348 e i protagonisti artistici son tutti lì : Andrea di Cione , detto Orcagna, Bernardo Daddi, Taddeo Gaddi. E alla domanda sullo stato dell'arte posta proprio da Orcagna al consesso, Taddeo Gaddi risponde che dopo Giotto l'arte della pittura è venuta e viene a mancare.
Il perché di tale giudizio ha un nome : la peste del 1348
Giotto, il grande Giotto, muore nel 1336 e lascia molti seguaci che portano la pittura nuova oltre i confini toscani ; tutto farebbe pensare ad una strada spianata alle novità pittoriche , ma...
Tra il 1340 e il 1350 , Firenze e Siena furono colpite da una grave carestia e quando all'improvviso, nei mesi estivi del 1348 scoppiò la peste bubbonica, più della metà degli abitanti delle due città morì. Firenze aveva una popolazione stimata intorno ai 90.000 abitanti; a settembre dello stesso anno ne sopravvissero 45.000 e Siena passò da 42.000 a 15.000 abitanti. Molti artisti trovarono la morte e chi rimase - come Orcagna- cambiò il proprio stile.
Alcune notizie su di lui. Nacque a Firenze nel 1308 , fu immatricolato tra i pittori nel 1343 , ebbe il periodo più noto tra il 1350 e il 1368, anno della sua morte. La sua opera più nota è il Tabernacolo di Orsanmichele , mix di scultura e architettura, che mostra l'adesione al gotico fiammeggiante .
Andrea Orcagna, Tabernacolo, metà 1300 , marmo di Carrara,
Firenze , Orsanmichele
Nei tanti rilievi di cui è costellato il Tabernacolo, si nota come l'artista abbia assimilato la lezione del Giotto spazioso : i personaggi sono rappresentati di tre quarti o di profilo, costruiscono uno spazio ordinato e a misura d'uomo.
Andrea Orcagna, La nascita di Maria, particolare dal
Tabernacolo di Orsanmichele
Sempre per Orsanmichele , nel 1367 , Orcagna è incaricato dai consoli dell' Arte del cambio a dipingere tre pannelli dedicati a san Matteo e alla sua vita. L'artista non riuscirà a terminare il lavoro che verrà concluso l'anno dopo dal fratello Jacopo , il quale resterà fedele al disegno di Andrea.
La forma strana è dovuta al fatto che questo mezzo esagono doveva ricoprire un pilastro della chiesa di Orsanmichele ; l'opera fu rimossa nel 1402 come tutte le altre tavole sui pilastri della chiesa , fu spostata in altri luoghi e venne acquistata nel 1899 dagli Uffizi.
Vediamola nel dettaglio
Il pannello centrale rappresenta in maniera frontale san Matteo , protettore dei cambiavalute.
Indossa sulla tunica azzurra un sontuoso mantello rosa foderato di preziosa stoffa rossa e orlato d'oro ; nella destra tiene la penna , nella sinistra il calamo e il Vangelo che riporta l'incipit con la genealogia di Cristo. Il santo poggia i piedi su un ricco tappeto che - insieme al fondo oro - appiattisce la composizione . Lo sguardo è severo e distaccato , il corpo statuario . Quella naturalezza , quel dinamismo che erano presenti nelle opere di Giotto e dei giotteschi , sono scomparse.
A fianco della cuspide in cima sono presenti due tondi con due angeli posti di tre quarti che reggono uno una corona , l'altro la palma del martirio.
Nei due pannelli laterali il linguaggio si fa più fluido e movimentato La lettura ,in senso orario, parte dal pannello in basso a sinistra e termina con quello in basso a destra .
A sinistra in basso è rappresentata la vocazione di san Matteo, in alto san Matteo che ammansisce i due draghi di Vadabar.
Andrea Orcagna, Vocazione di san Matteo, Particolare dal trittico
di san Matteo
In questa scena Andrea Orcagna ricorda la lezione giottesca e il banco dei pegni è raffigurato di scorcio.
Ricordiamo che la collocazione originaria era su un pilastro di Orsanmichele, dunque la pittura segue la tridimensionalità del supporto. Il centro della composizione è vuoto, per evidenziare come la scelta di Matteo sia stata radicale, visto che egli decide di abbandonare ricchezze e agi per seguire il Messia. Sicuramente Orcagna aveva ben in mente l'episodio della Rinuncia agli averi che Giotto aveva affrescato nella Basilica di Assisi.
Giotto, La rinuncia agli averi, affresco, 1492 ca.
Assisi, Basilica superiore di San Francesco
I due personaggi sono loro - Cristo e Matteo -, posti l'uno di tre quarti l'altro di profilo. Le altre figure son raffigurate gerarchicamente più piccole, sia i discepoli che accompagnano Gesù, sia il giovane inserviente al di là del banco. L'espressività è nei gesti e nei movimenti accennati , come quello di Matteo che si protende verso Gesù.
Il secondo pannello raffigura un episodio miracoloso ; la fonte non è più il Vangelo ma la Legenda aurea di Jacopo da Varazze
Il santo, accompagnato da san Giovanni incontra due maghi Arphascal e Zaroes , accompagnati da due draghi dall'alito pestilenziale; basta un gesto di Matteo per rendere docili i mostri, qui personificazione del male. I colori delle vesti, soprattutto quelle dei maghi, sono decisi , anche se le pieghe delle vesti sono appena accennate e non danno volume ai corpi. Anche in questo caso, il centro della scena è libero
Nella terza scena san Matteo resuscita Ifigenia ,la figlia del re Egippo in Etiopia.
E' una scena piena , tante persone assistono al miracolo appena compiuto dal santo e la ragazza riconosce il miracolo e giunge le mani in preghiera. Il re stesso indica con la mano destra la figlia salvata e , riconoscente al santo, si convertirà come Ifigenia.. Un sontuoso ziggurat merlato ricostruisce un luogo esotico, dunque di fantasia.
E poi l'ultimo episodio, il più drammatico che celebra il martirio di san Matteo
Alla morte del re Egippo sale al trono il fratello Irtaco che avrebbe voluto sposare la nipote Ifigenia, votata però a Cristo. Il re chiede l'intercessione del santo che lo invita ad assistere alla messa.
E qui si consuma il dramma. In una predica accorata , Matteo afferma che il voto di matrimonio con Cristo non poteva essere sciolto e quindi un sicario del re lo trafigge con una spada.
Il santo è al centro della scena , colto nel momento in cui il sicario lo colpisce alle spalle. Le mani del santo, intrecciate, disegnano una croce e l'ultimo sguardo di Matteo è proprio rivolto alla croce dorata posta sul desco . Il ciborio sopra l'altare ha forme gotiche e ricorda in qualche modo lo splendido tabernacolo di Orsanmichele.
Tutte le scene sono incorniciate da cornici dorate e accompagnate da didascalie in latino medievale con la descrizione dell'episodio. Inoltre, in cima ai due pannelli laterali compaiono dei tondi che raffigurano monete d'oro , cioè lo stemma dell'Arte del Cambio.
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