martedì 20 maggio 2014

Astrazione, astrattismi




L'arte non rappresenta il visibile
ma rende visibile ciò che non
sempre lo è”
Paul Klee

ARTE ASTRATTA O NON FIGURATIVA
è l'arte che NON riproduce o rappresenta
immagini riconoscibili ma ne fa
ASTRAZIONE per giungere alla forma pura

La mancanza di oggetti o temi leggibili NON significa mancanza di significati anche se questi sono espressi solo dai colori, linee, forme compositive
  • (vedi l'architettura , per esempio, che ha un valore espressivo e teorico anche se non riproduce alcun oggetto naturale)
  • (vedi la musica che può evocare sentimenti e pensieri senza riprodurre alcun dato specifico)
  • Così la pittura- per gli astrattisti- non ha bisogno di imitare la realtà.

Tanti i segnali dell'avvento dell'Astrattismo
esempio
  • Il Romanticismo, che distingue tra imitazione e creazione, predilige quest'ultima
  • il Simbolismo che asserisce che compito dell'arte è indagare ciò che è oltre il sensibile
  • il Neoimpressionismo che si sofferma sul segno, la pennellata, i rapporti tra i colori
  • o Gauguin che fa scoprire che , esempio, il mare si può dipingere rosso se si sente rosso.
Paul Gauguin, Come, sei gelosa?, olio su tela, 1892, Mosca , Museo Puskin
Ecco le basi!

Inoltre a fine Ottocento il filosofo tedesco Konrad Fiedler e lo scultore suo conterraneo elaborarono la teoria della PURA VISIBILITA'
  • L'arte è un linguaggio specifico con leggi proprie, che ha come fine la visione
  • Principio e scopo dell'attività artistica è la creazione di forme che esistono solo grazie all'arte
E poi lo scritto di Wilhelm Worringer ,Astrazione e empatia del 1907. Qui Worringer divide il fare artistico 
  • in ASTRAZIONE (vedi l'arte dei "primitivi" o il decorativismo fantasioso del Gotico
  • ed EMPATIA (un'arte che , entrando empaticamente in sintonia con la natura perché sua imitatrice corrisponde al classicismo e dunque al mondo - e al modo di pensare- dell'Occidente)
Storicamente parliamo di astrattismo con il Primo acquerello astratto di Kandinskij del 1910/11
Wassilij Kandinskij, Primo acquerello astratto ,Parigi, Centro Georges Pompidou

In realtà K. è giunto per gradi.
Uomo di legge, aveva abbandonato , dopo un viaggio nel nord della Russia, la cattedra universitaria èer dedicarsi all'arte.
Nel 1896 si trasferì nell'effervescente Monaco e prese lezioni dal simbolista Franz von Stuck.
La strada era tracciata.
Fondò nel 1901, insieme alla compagna Gabriele Munter e Alfred Kubin (tutti pittori) il gruppo Phalanx

.Già dall'illustrazione per la prima mostra, si nota l'amore di Kandinskij per il blu e per i cavalieri; i due personaggi di profilo sono la falange armata della nuova arte espressionista. L'amore per il medioevo incantato e per le favole si nota anche dalla città stilizzata sul fondo e le scelte  grafiche , sebbene con caratteri  ancora Jugendstil , preannunciano l'interesse per questo veicolo di comunicazione che si ritroverà nel periodo Bauhaus.
Insomma, dalle prime opere ancora figurative

(Coppia a cavallo, 1906, olio su tela, cm.50 x 55, Monaco,Stadtische Galerie im Lembachaus )
si passa a Paesaggio con torre del 1908, olio su cartone, 74 x 98, Parigi Centre Pompidou, opera nella quale l'allontanamento dal soggetto è ben evidente. Certo, si riconoscono ancora case, alberi e prati, ma questi sono definiti attraverso il colore fauve e non più imprigionati nei contorni del disegno

La potenza del colore è tutta cantata nell'acquerello del 1911 e descritta nel testo fondante della pittura del russo, Dello spirituale nell'arte, dato alle stampe a Monaco nel 1912
Forme e colori hanno un loro linguaggio, svincolato dal reale, inteso come figurativo. Questo è ciò che K. afferma :
«Chi ha sentito parlare di cromoterapia sa che la luce può avere effetti sull’organismo. Più volte si è tentato di adoperare la forza del colore per curare varie malattie nervose, e si è osservato che la luce rossa ha un effetto vivificante e stimolante anche sul cuore, mentre la luce azzurra può portare ad una paralisi temporanea. [....] Questi fatti dimostrano comunque che il colore ha una forza, poco studiata ma immensa, che può influenzare il corpo umano, come organismo fisico. [...] In generale il colore è un mezzo per influenzare direttamente un’anima. Il colore è il tasto. L’occhio è il martelletto. L’anima è un pianoforte con molte corde. L’artista è la mano che, toccando questo o quel tasto, fa vibrare l’anima. E’ chiaro che l’armonia dei colori è fondata solo su un principio: l’efficace contatto con l’anima. Questo fondamento si può definire principio della necessità interiore.

Troppo vasta sarebbe la trattazione del Kandinskij in Russia, al Bauhaus e poi fuggiasco perchè "artista degenerato",  in Francia.
Si accenna soltanto alla seconda opera scritta Punto, linea e superficie, del 1926; le lezioni tenute al Bauhaus trovano qui pubblicazione e la pittura di questi anni diviene più rigorosa
Punte nell'arco, 1927, olio su tela, 66 x 49 cm, Parigi collezione privata
Qui, nonostante l'ordine dettato dalle tre figure geometriche chiave (il triangolo, tendente verso l'alto, il quadrato severo e materico e dunque rosso, il silenzioso blu del cerchio) , il ritmo dolcemente oscilla grazie all'arco formato dagli spigolosi triangoli

E poi tanti altri astrattismi
In Russia
  • il Suprematismo di Malevic (Alla ricerca della forma assoluta, l'essenza)
  • il Costruttivismo di Tatlin (più proiettato verso una funzione progettuale dell'opera d'arte) 
  • Kazimir Malevic, Quadrato nero e quadrato rosso, 1915, olio su tela , Wilhelm Hack Museum , Ludwigshafen
In Olanda
  • De Stijl di Mondrian (L'arte astratta come neoplasticismo -nuova forma- , come esigenza di un nuovo equilibrio tra universale e particolare)
    Attraverso la purezza degli accordi tra linee e colori, tra grandezze e quantità,e grazie alla ricerca delle strutture logiche del reale si elimina, secondo Mondrian , il dato naturale e dunque l'aspetto tragico delle cose.
Pietr Mondrian, L'albero rosso, 1908, olio su tela, L'aia, Geneentenmuseum

 Pietr Mondrian , L'albero argentato, 1911, L'aia, Geneentenmuseum
Pietr Mondrian, Quadro I, 1921; olio su tela, 96 x 60 cm, Basilea, collezione privata

O ancora in Svizzera con Paul Klee

Strada principale e strade secondarie, 1929, Colonia, Ludwigmuseum
in cui l'astrattismo a quei tempi rigoroso di Kandinskij si stempera in paesaggi fantastici ed in linee diagonali che si ricongiungono all'orizzonte.

giovedì 8 maggio 2014

Boccioni e la doppia serie degli "Stati d'animo

Ognuno di noi ha avuto, ha , avrà un anno "speciale".
Bene, quello di Umberto Boccioni è stato il 1911.
Ha ventinove anni, ha finalmente trovato la città che sente sua, Milano, ha conosciuto l'esuberante Filippo Tommaso Marinetti che è pronto a proiettarlo nel firmamento artistico internazionale.
La pittura ormai  la mastica con successo, dopo aver seguito a Roma nei primi anni del Novecento gli insegnamenti di Giacomo Balla e a Milano i preziosi consigli di Gaetano Previati.
Tutti e due, seppur in maniera diversa, divisionisti.
Vende al musicista Ferruccio Busoni, proprio nel 1911 La città che sale, policromo inno alla vita e, fiducioso per i buoni riscontri di critica, si appresta a dipingere un trittico dedicato agli stati d'animo moderni.
Ne nasce la prima versione, quella conservata al Museo del Novecento a Milano.
Il trittico era "di moda" tra i divisionisti italiani : nel 1907 Previati aveva dipinto con una pennellata sfilacciata e con colori luminosi il Trittico del giorno (qui sotto riporto il pannello centrale, tutta l'opera è a Milano alla Camera di Commercio Industria Artigianato Agricoltura)

 e il solitario Segantini aveva dipinto il Trittico delle Alpi ,conservato a Saint Moritz, nel museo a lui intitolato

Quello di Boccioni però non vuole avere nulla di simbolico e stucchevole e l'ambientazione non sarà più la Natura benigna e immaginata ma il moderno: la stazione ferroviaria.
E così nascono i tre dipinti degli Stati d'animo prima maniera  che sono Gli addii al centro e ai lati Quelli che vanno e Quelli che restano.

Vediamoli.
Umberto Boccioni, Stati d'animo I.Gli addii, 1911, 58,4 x 86,4 cm, Milano Museo del Novecento
Con una pennellata memore delle tendenze espressioniste e della linea sinuosa e agitata di Munch (pittore molto amato dal Boccioni di questo periodo) , l'artista dipinge al centro dell'opera un abbraccio che a fatica si scioglie tra due persone. La visione è dall'alto e la ripetizione di altre due coppie, più piccole e decentrate rispetto alla prima, rende l'addio ancor più doloroso. Il colore, pastoso e filamentoso, contribuisce alla creazione di un clima di "angoscia da separazione".

Umberto Boccioni, Stati d'animo I. Quelli che restano, 1911, 71 x 96, Milano, Museo del Novecento
Ecco come immagina chi rimane mentre tu sei partito: fermo, piegato e chiuso nel dolore del distacco. Il colore? quello dell'equilibrio, della staticità: il verde. La pennellata? sempre "espressionista" e "fauve" (nel 1906 Boccioni era stato a Parigi ed aveva conosciuto Matisse, oltre che Picasso "rosa") con filamenti verticali, quasi lacrime copiose che annebbiano la vista.
Anche gli alberi, sagome stilizzate, sono spogli.


Umberto Boccioni, Stati d'animo I. Quelli che vanno, 1911, 71 x 95, Milano, Museo del Novecento
Il dinamismo, tema forte del futurismo, qui è reso grazie ad un'immagine vista dal finestrino di un treno in movimento: tutto sfugge veloce come le case in alto a destra ancora ben strutturate e in verticale che in alto a sinistra sono raffigurate in diagonale. Il treno acquista a poco a poco velocità ed il paesaggio diventa meno riconoscibili. Lo spettatore - noi sul treno che dal finestrino osserviamo- è rappresentato dal volto tagliato posto all'estrema sinistra del dipinto. Ecco come si fa a rappresentare la velocità!

Poi , verso fine anno Boccioni torna a Parigi.
Il giovane Picasso aveva ormai stupito il mondo col suo cubismo ; di questo periodo è il Ritratto di Ambroise Vollard (olio su tela, 92 x 65, Mosca, museo Puskin)

e Boccioni non resta insensibile alle scelte dello spagnolo. Quella "dislocazione e smembramento degli oggetti, sparpagliamento e fusione dei dettagli, liberati dalla logica comune e indipendenti gli uni dagli altri" riferiti alle opere  di Boccioni post 1911, sono esplicito riferimento alla scomposizione cubista.
Al ritorno a Milano ecco la seconda versione degli Stati d'animo , risciacquati nella Senna.

Umberto Boccioni,Stati d'animo II. Gli addii, 1912, 70,5 x 96,2, New York, MOMA
Ecco la scomposizione cubista a cui  Boccioni aggiunge il colore e il movimento.
Al centro la locomotiva, di cui riconosciamo il numero di serie, lo spoiler, i fari, sembra farsi spazio tra una mesta folla di persone che sono rimaste sulla banchina della stazione. Il colore della velocità è un'onda rossa con arcobaleni gialli e blu; il colore della staticità è il verde. L'abbraccio di nuovo ripetuto è reso grazie alla scomposizione dinamica dei volumi.
In secondo piano le arcate in ferro battuto della stazione (sicuramente quella Centrale  di Milano) ed un palo dell'elettricità delineano il nuovo paesaggio urbano.

Umberto Boccioni, Stati d'animo II. Quelli che restano, 1912, 71 x 96 cm., New York MOMA
La seconda versione è una variazione sul tema della prima: stesso colore, stessa malinconia resa da una "ferma" cascata di lacrime, stessi personaggi che si palesano a noi , dal più grande e vicino a sinistra al più piccolo e lontano in alto a destra.
Umberto Boccioni, Stati d'animo II. Quelli che vanno, 1912,  71 x 96 cm. , New York, MOMA
Stessi colori dell'opera gemella (blu e giallo, freddo e caldo per rendere con più vigore il contrasto tra chi resta e chi parte). I volti qui però sono già maschere, o per dirla "alla Boccioni" , degli Antigraziosi (simpatico neologismo per non utilizzare la parola "brutto") , mediate dalle opere cubiste di Picasso.
Umberto Boccioni, Antigrazioso 1913,Roma, galleria d'arte moderna.
La staticità, l'accademismo mascherato, l'incuranza del soggetto, tutte accuse mosse dai futuristi ai "cugini" cubisti, eccole superate.
Nel 1913 arriverà Forme uniche della continuità dello spazio.
Che è di nuovo altra storia.

lunedì 21 aprile 2014

Les demoiselles d'Avignon. La svolta radicale del Novecento

E' il 1907 e siamo a Parigi.
"Picasso e Fernande vennero a cena. Picasso era in quel tempo quel che una mia carissima amica e compagna di scuola, Nellie Jacot, chiamava un bel lustrascarpe. Era fosco e sottile, vivacissimo coi suoi occhi che parevano laghi, e un fare violento senza essere villano. Sedeva accanto a Gertrude Stein e Gertrude Stein prende un pezzo di pane. -E' mio questo pezzo,- dice Picasso, strappandoglielo con violenza. Lei scoppiò a ridere, e la faccia di Picasso si allungò.Così cominciò la loro intimità"

Così, giovane e sfrontato, lo ricorda la scrittrice americana nel suo romanzo Autobiografia di Alice Toklas, libro ispiratore del film di Allen Midnight in Paris del 2011.
 E con tutta l'energia dei 25 anni , il pittore di Malaga è pronto a stupire il mondo con la sua opera che aprirà al cubismo.
Certo, c'era stata proprio quell'anno al Salon d'Automne la retrospettiva dedicata a Cézanne e Picasso l'aveva vista, eccome!
Paul Cézanne, Le grandi bagnanti,1898-1905, Philadelphia, Museo di arte moderna
 Come era stato al museo etnografico del Trocadero ed incantato aveva meditato sul plasticismo e il sintetismo delle maschere tribali africane.
Come ancora aveva ammirato Le modelle di Seurat, opera del 1888.
Insomma, in quell'anno Picasso si chiuse nel suo studio di rue de Ravignan e cominciò a pensare ad una grande tela in cui la protagonista fosse la figura femminile. Anzi, il nudo classico.
Non arrivò subito così. In un primo momento la composizione doveva avere la presenza di due uomini e cinque donne, tutti all'interno di una casa chiusa del carrer de Avinyo (la via delle prostitute di Barcellona) come testimonia lo studio oggi conservato al museo di Basilea.

La posa di alcune figure femminili si ritroverà nel definitivo. Qui però sono presenti i due uomini vestiti e un tendaggio rosso che ci introduce allo spazio. Al centro un tavolo con una natura morta, omaggio a Cézanne.
Natura morta con brocca e frutta, 1900, Washington, Averell Harrimann foundation
Ma così la composizione risultò a Picasso poco bilanciata.
Seguirono disegni preparatori nei quali è visibile come la semplificazione della forma operata da Cézanne fosse punto di partenza; ecco lo studio del 1907 conservato a Parigi al museo Picasso

La strada intrapresa l'anno prima nel ritratto alla Stein ormai è tracciata.
E così alla fine dell'anno la grande tela è conclusa.
I pareri? Tutti scettici, se non negativi.
L'amico  Wilhem Uhde, collezionista d'arte tedesco, definì il dipinto come "un quadro molto strano, qualcosa di assiro" e Braque affermò :"Malgrado le tue spiegazioni, sulla tua pittura, è come se tu volessi farci mangiare stoppa o bere petrolio per sputare fuoco"
Lo stesso artista spagnolo, consapevole della novità scardinante dell'opera, la tenne nascosta per più di dieci anni.
Ma guardiamola più da vicino.
In una superficie composta da piani taglienti si mostrano a noi cinque donne che in realtà sembrerebbero sempre la stessa vista in posizioni differenti (proprio come Le modelle di Seurat). La tenda , i personaggi, il muro di fondo annullano ogni affondo spaziale.
La lettura dell'opera parte dalla prima figura a sinistra per terminare con l'ultima di spalle a destra; se le prime tre  figure sono ben definite, statuarie e  "classiche" (quella al centro è la trasposizione pittorica dello schiavo morente di Michelangelo conservato al Louvre e anche questo osservato da Picasso), le ultime due sono la sintesi già cubista.
Quella in piedi ha il volto simile a quello di maschere tribali ed una pennellata cézanniana "a pettine" ; quella di spalle ha il volto girato verso di noi , perché " non bisogna dipingere quello che si vede ma quello che si sa"
La molteplicità e la simultaneità dei punti di vista che saranno il marchio di fabbrica del cubismo analitico , sono già qui.
Nonostante il linguaggio nuovo, si è visto come Picasso sia legato all'Antico.
La composizione riprende la visione dell'Apocalisse di san Giovanni del 1608-14 dell'amato El Greco, opera ammirata al Prado (quante relazioni tra le due figure a braccia alzate poste sulla sinistra !)

E ultimo appunto: Picasso NON dimentica mai che un pittore deve stendere il colore con garbo e attenzione.
In questo particolare ingrandito si nota come la stesura cromatica segua non solo la linea di contorno ma anche il verso del disegno; in questo lo spagnolo è lontanissimo dai suoi colleghi fauves.
Ma sul confronto Matisse Picasso ci si aggiorna.

giovedì 17 aprile 2014

Verso Santiago - Tutte le strade, nel medioevo, portavano lì. Introduzione al Romanico

E' l'813, anno più, anno meno.
Un eremita di nome Pelagio viene attirato da alcune luci a forma di stelle sul monte Libredon, ai confini della terra di Spagna.
Teodemiro, vescovo di quei luoghi, guidato da quelle apparizioni, trova una tomba con tre corpi, uno con la testa mozzata e la scritta "qui giace Jacobus, figlio di Zebedeo e Salomè".
E'nato il culto delle reliquie. E' nata Santiago  in campus stellae, Compostela per noi.
E così nell'893  alcuni monaci benedettini della casa madre di Cluny  fissano in queste terre la loro residenza. La chiesa è distrutta dai musulmani nel 997 e poi ricostruita in forme romaniche . Nel 1075 è terminata.
Nasce il viaggio dei pellegrini , che dobbiamo immaginare come la vita stessa per molti di loro.
Tante le vie che portavano a Compostela.

  • quella Turonese , da Parigi, per Tours, Poitiers, Bordeaux e Roncisvalle
  • quella Lemovincese , da Vézelay a Limoges, Periguex e Roncisvalle
  • quella Podense da Puy,  Conques, Moissac e Roncisvalle
  • e poi la Tolosana, da Arles, Narbona, Tolosa, Carcassonne e Puente la Reina
Poi tutte si congiungevano per toccare Burgos, Leon e Santiago.

In questo percorso ne considereremo solo alcune, funzionali al Romanico, primo stile davvero europeo.
Le chiese del percorso turonese sono state distrutte e rifatte in stili tra i più eclettici e bizzarri.
Quindi non ci interessano
Vézelay è diversa!
La Basilica de La Madelaine fu compiuta nel 1104 in forme splendide.
La facciata (che è sempre l'ultima a compiersi in una chiesa) , duecentesca, venne pesantemente rimaneggiata in forme neogotiche da Eugèn Viollet Le Duc. Svetta il campanile di san Martino. La seconda torre, che  è ricordo del Westwerk, non fu mai realizzata.
Ma la bellezza di questa abbazia benedettina si basa sull'armonia delle proporzioni spaziali e sulla plasticità della divisione armoniosa della parete nella navata centrale per mezzo di un robusto cornicione.
E poi il capolavoro , la lunetta del portale principale, con la rappresentazione della Pentecoste.
Al centro Cristo. Le dita delle sue mani si allungano in raggi che colpiscono gli apostoli.
Magro, lungo e slanciato, gerarchicamente occupa la parte centrale; nell'architrave e negli scomparti radiali e nei piccoli clipei dell'archivolto sono scolpiti i segni dello Zodiaco e il lavori dell'uomo.
Il panneggio è mosso e rende ancor più vivace la narrazione.
Altro capolavoro di Vézelay è dato dai capitelli della navata, ognuno diverso dall'altro, vera Bibbia scolpita con commistioni pagane.
Si veda, per esempio il capitello sul pilastro della prima arcata da ovest con la raffigurazione del ratto di Ganimede da parte dell'aquila.
Ganimede, abbigliato in vesti medievali, è raffigurato a testa in giù. Il suo volto esprime orrore. L'aquila, con gli artigli afferra il cane, attributo del giovane cacciatore. Un servitore porta le braccia in alto ma non può opporsi alla cattura. Alle spalle dell'aquila un demone si porta le mani alla bocca, ad amplificare una smorfia.
Il significato? Forse un monito  dell'ordine benedettino all'omosessualità presente tra i monaci e un ammonimento a quegli ecclesiastici che corrompono i propri discepoli.

Poi Limoges
La chiesa di san Marziale, quella romanica, si intende, è andata distrutta.
E' rimasta solo la cripta, scoperta nel 1960, che conservava la tomba di santa Valeria e il sarcofago di san Marziale.
San Marziale a Limoges, sainte  Foy  a Conques, saint  Sernin a Tolosa e Santiago a Compostela ripetono tutte il sistema del corpo longitudinale nel transetto, concepito  a sua volta come chiesa a sala a triplice navata e con matronei  sulle navate laterali. La copertura? nella navata centrale splendide volte a botte, in alcune chiese nelle navate laterali già un sistema a crociera.

Conques Sainte Foy
Fondata in epoca carolingia, l'attuale chiesa risale al 1041-52, quando le reliquie della giovane martire Foy furono traslate e portate qui.
L'interno della chiesa a tre navate, è semplice e voltato a botte; si apre in fondo cin un ampio deambulatorio che doveva permettere ai pellegrini che qui transitavano, diretti a Santiago, di fare il giro dei "corpi santi", le reliquie che nell'immaginario collettivo avevano doni miracolosi.
Datato attorno al 985 questo oggetto ha il corpo di epoca medievale; la testa in oro ma di fattura diversa, proviene da un ritratto tardoimperiale romano. Il reimpiego, eccolo servito!
 E poi il portale, splendido anch'esso, raffigurante il giudizio universale
Il Cristo in maestà fa da spartiacque, pronto a giudicare dannati ed eletti; la policromia rendeva ancor più dinamiche e concitate le scene, soprattutto quelle infernali.

Tolosa Saint Sernin
Anche questa chiesa a croce latina , doveva avere al suo interno uno spazio dilatato, pensato in funzione sia delle esigenze liturgiche sia di movimenti di grandi masse di pellegrini.
Il coro profondo e l'ampio deambulatorio consentivano un rapido deflusso dei pellegrini attorno al presbiterio, sotto il quale, in cripta , so conservavano le spoglie del santo.
E poi, alla fine del viaggio che era durato una vita, ecco 
Santiago
Santiago matamoros (si dice avesse ucciso lui solo, comparso miracolosamente in battaglia, centinaia di Mori) ebbe degna sepoltura. 
La chiesa attuale poco ha a che vedere con quella romanica, soprattutto in esterno, ridondante e barocco.
L'interno è più vicino ai modi del romanico
Pende sull'altare l'enorme turibolo (il Botafumeiro) che un tempo, con il suo forte odore di incenso, doveva ricoprire gli olezzi dei pellegrini. Oggi, in occasioni particolari, viene fatto oscillare pericolosamente quasi a sfiorare il soffitto delle navate e a raggiungere i 70 km/h
Ma qui rimandiamo al film di Emilio Estevez del 2010, Il cammino per Santiago.

venerdì 11 aprile 2014

La seconda stagione espressionista in Germania

Germania, primo dopoguerra.
La sconfitta, il disfacimento dell'Impero, la Repubblica di Weimar, il rancore.
Tutto questo si rivive nelle opere crude, oggettive e nonostante questo poetiche di Max Beckmann, Otto Dix e Georg Grosz, eredi, come detto  nel post precedente ,del gruppo del Ponte.
Eccola la Germania sconfitta

  • Max Beckmann, La notte,, 1918-19, Dusseldorf, Kunstamlung Nordrhein-Westfalen

Un uomo e una donna, nel chiuso di una stanza vengono torturati da presenze inquietanti e grottesche, che ricordano le figure allucinate di Bruegel. Il senso di angoscia è reso ancor più forte dalla compressione delle figure nello spazio. Ma chi si accorge di ciò che è accaduto, sta accadendo, accadrà? Nessuno. E' notte.
E gli aguzzini sono ritratti nella normalità; uno fuma la pipa, uno sorride. E'la banalità del male.


  • O ancora il rancore dei reduci di guerra, è già scritto nel 1920 da Pragerstrasse di Otto Dix (Stoccarda, Kunstmuseum)

La via di Dresda, sede di molti negozi tenuti da ebrei, è popolata da una folla distratta (l'uomo che allunga l'elemosina e di cui vediamo solo la mano guantata, la donna formosa e caricaturale, di cui vediamo il fondo schiena a lo stivaletto) che a malapena si accorge dei due mutilati di guerra.
Le vetrine mostrano protesi, la carrozzella su cui è posizionato l'uomo in primo piano riporta un titolo di giornale su cui campeggia minacciosa la scritta "Juden raus", via i Giudei.
E' il 1920 ma il futuro terribile della Germania hitleriana è già qui.

  • E infatti anche in I pilastri della società di Georg Grosz del 1926 (Berlino Neue Nationalgalerie) la svolta violenta è già davanti ai nostri occhi
Le colonne della Germania? Eccole qua : il magistrato grasso e togato che arringa la folla dalla finestra e che tiene gli occhi chiusi perché la legge è cieca per il comune cittadino, i militari in fondo che spietati brandiscono armi, l'industriale delle armi in primo piano col fermacravatta a svastica e la scatola cranica aperta per mostrarci i pensieri bellicosi , materializzati dal cavaliere nero.
O ancora il giornalista scribacchino col pitale rovesciato in testa e il grasso borghese con la bandierina della Germania e l'opuscolo "Socialismo e lavoro". Il suo cervello? escrementi fumanti
I colori lividi e plumbei accentuano il rosso del sangue sulla spada e le fiamme dalle finestre.
Inutile dire- e lo diciamo- che all'avvento del nazismo tutti questi artisti furono costretti a fuggire e che la loro arte, come quella delle avanguardie, fu considerata Arte degenerata.

Quale sarebbe stato lo sbocco? Anche questo dipinto magistralmente da Otto Dix nel suo Trittico della guerra del 1929-32 (Dresda, Museo di stato) 
che si dipana e si apre alle atrocità che l'uomo sa compiere e che fa esplicito riferimento al polittico di Isenheim del fiammingo Matthias Grunewald del 1512-16.
Le due opere a distanza di secoli raccontano gli orrori che l'uomo compie e i sepolcri sventrati  degli uomini stessi.

Essere espressionisti. La Germania

"La pittura è l'arte che rappresenta su di un piano un fenomeno sensibile.Il mezzo della pittura è il colore, come fondo e linea. Il pittore trasforma in opera d'arte la concezione sensibile della sua esperienza. Per mezzo di un continuo esercizio impara ad usare dei suoi mezzi. non ci sono regole fisse per questo. Le regole per l'opera singola si formano durante il lavoro, attraverso la personalità del creatore, la maniera della sua tecnica e l'assunto che si propone. Queste regole si possono cogliere nell'opera compiuta, ma mai si può costruire un'opera sulla base di leggi o modelli."
                                                                             Ernst Ludwig Kirchner, Cronaca dell'unione artistica                                                                                Die  Brucke, 1913

E così un manipolo di studenti di architettura di Dresda, nel giugno1905 si riuniscono per dare vita alla prima avanguardia storica del Novecento, Il Ponte.

  • I loro nomi? Ernst Ludwig Kirchner, Erich Heckel, Fritz Bleyl, Karl Schmidt Rottluff, a cui si aggiunse successivamente il poetico Emil Nolde.
  • La loro arte? Violenta nei colori e nelle scelte pittoriche, arte contro la società e la cultura borghese, arte pronta a far cadere le vecchie barriere fra chi produce e chi fruisce l'arte: l'esperienza avrebbe dovuto essere comune e totalizzante!
  • I loro modelli? Certo Van Gogh, certo Munch, ma  certo anche  i duri e realisti fiamminghi. Passando per l'amato Rembrandt...
  • Il loro scopo? semplicemente"cambiare il mondo"....
Il gruppo è aperto, le esperienze pittoriche da condividere, i tratti comuni sono la predilezione di colori acidi e violenti, come si può notare nel Ritratto di Rosa Schapire di Schmidt Rottluff del 1911, oggi a Berlino, Brucke -Museum
o in Marcella di Kirchner, del 1910, nello stesso museo
in cui il colore dominante, un verde acido, stempera la dolcezza delle linee curve del gatto bianco acciambellato e della schiena della triste ragazza pensosa. La voluta instabilità è sapientemente ottenuta dalla prospettiva innaturale del pavimento in fondo al quale, ad accentuare l'idea di squallore, il pittore posiziona quattro bottiglie.
  • Altro tema  è quello della città, odiata e amata, tentacolare e incline alla solitudine, affollata  e distorta.
Come in Nollendorfplatz, opera di Kirchner del 1912 Berlino Stiftung Stadtmuseum, opera tutta giocata su due colori, blu e giallo la cui mescolanza dà il verde e sulle diagonali create dagli autobus
o ancora in Potsdammerplatz del 1914, Berlino Neue Nationalgalerie in cui l'eleganza delle due magre donne è "esposta" grazie all'isola circolare su cui loro sono posizionate. 
E il motivo elegante e compiuto del cerchio è ripetuto nella veletta della donna di profilo, nel palazzo dietro di lei, nell'orologio sui portici


Caso diverso è quello di Emil Hansen, che scelse come pseudonimo il nome della sua città natale, Nolde appunto.
L'amore per Gauguin, Van Gogh, Munch è per Nolde un mix di misticismo e visioni. La protagonista assoluta è la Natura in cui la presenza dell'uomo è assente
Emil Nolde, Sole tropicale,1914, Seebull, Fondazione Ada e Emil Nolde
E qui è il colore, non il disegno, a creare la forma.
Ormai è il 1914, scoppia la guerra, molti di loro partiranno per il fronte.
L'esperienza del Ponte è terminata, ma la violenza espressiva sarà raccolta dalla seconda generazione dei tedeschi.