La sconfitta, il disfacimento dell'Impero, la Repubblica di Weimar, il rancore.
Tutto questo si rivive nelle opere crude, oggettive e nonostante questo poetiche di Max Beckmann, Otto Dix e Georg Grosz, eredi, come detto nel post precedente ,del gruppo del Ponte.
Eccola la Germania sconfitta
- Max Beckmann, La notte,, 1918-19, Dusseldorf, Kunstamlung Nordrhein-Westfalen
Un uomo e una donna, nel chiuso di una stanza vengono torturati da presenze inquietanti e grottesche, che ricordano le figure allucinate di Bruegel. Il senso di angoscia è reso ancor più forte dalla compressione delle figure nello spazio. Ma chi si accorge di ciò che è accaduto, sta accadendo, accadrà? Nessuno. E' notte.
E gli aguzzini sono ritratti nella normalità; uno fuma la pipa, uno sorride. E'la banalità del male.
- O ancora il rancore dei reduci di guerra, è già scritto nel 1920 da Pragerstrasse di Otto Dix (Stoccarda, Kunstmuseum)
La via di Dresda, sede di molti negozi tenuti da ebrei, è popolata da una folla distratta (l'uomo che allunga l'elemosina e di cui vediamo solo la mano guantata, la donna formosa e caricaturale, di cui vediamo il fondo schiena a lo stivaletto) che a malapena si accorge dei due mutilati di guerra.
Le vetrine mostrano protesi, la carrozzella su cui è posizionato l'uomo in primo piano riporta un titolo di giornale su cui campeggia minacciosa la scritta "Juden raus", via i Giudei.
E' il 1920 ma il futuro terribile della Germania hitleriana è già qui.
- E infatti anche in I pilastri della società di Georg Grosz del 1926 (Berlino Neue Nationalgalerie) la svolta violenta è già davanti ai nostri occhi
Le colonne della Germania? Eccole qua : il magistrato grasso e togato che arringa la folla dalla finestra e che tiene gli occhi chiusi perché la legge è cieca per il comune cittadino, i militari in fondo che spietati brandiscono armi, l'industriale delle armi in primo piano col fermacravatta a svastica e la scatola cranica aperta per mostrarci i pensieri bellicosi , materializzati dal cavaliere nero.
O ancora il giornalista scribacchino col pitale rovesciato in testa e il grasso borghese con la bandierina della Germania e l'opuscolo "Socialismo e lavoro". Il suo cervello? escrementi fumanti
I colori lividi e plumbei accentuano il rosso del sangue sulla spada e le fiamme dalle finestre.
Inutile dire- e lo diciamo- che all'avvento del nazismo tutti questi artisti furono costretti a fuggire e che la loro arte, come quella delle avanguardie, fu considerata Arte degenerata.
Quale sarebbe stato lo sbocco? Anche questo dipinto magistralmente da Otto Dix nel suo Trittico della guerra del 1929-32 (Dresda, Museo di stato)
che si dipana e si apre alle atrocità che l'uomo sa compiere e che fa esplicito riferimento al polittico di Isenheim del fiammingo Matthias Grunewald del 1512-16.
Le due opere a distanza di secoli raccontano gli orrori che l'uomo compie e i sepolcri sventrati degli uomini stessi.
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