lunedì 4 novembre 2024

Pontormo al Galluzzo sulle orme di Durer : la cena in Emmaus

 



 La Certosa del Galluzzo

Firenze, 1523.

L'ennesima epidemia di peste costringe le persone ad una vita appartata.

L'ombroso Pontormo rifugia alla Certosa del Galluzzo e nell'ambiente raccolto della comunità certosina trova serenità e ispirazione.

Qui , aiutato dall'allievo Bronzino, dipinge nel chiostro  cinque lunette con le scene della Passione di Cristo. 

E se fino ad allora la sua pittura si era mossa  sui binari di quella del suo maestro  Andrea del Sarto, ora, al Galluzzo  medita sulla lezione del gran tedesco Albrecht Durer.

Si veda per esempio l'affresco con la salita al Calvario , incentrato sull'episodio della Veronica che asciuga il volto di Gesù 


Pontormo, Andata al Calvario, 1523 ,affresco strappato

cm 300 x 292, Firenze, Certosa del Galluzzo


e lo si paragoni all'incisione di Durer dalla Piccola passione 


Albrecht Durer , Cristo  portacroce, 1511,
xilografia, cm 12,7 x 9,7 

Che Pontormo fosse curioso riguardo quanto Oltralpe si stava facendo, lo attesta anche il giudizio severo di Vasari che accusò il pittore di aver abbandonato  "la vaghezza della sua prima maniera tutta piena di dolcezza e di grazia " (giudizio che si trova nelle Vite di Giorgio Vasari) per ammiccare alla maniera dura dei tedeschi.

La peste scemava , si poteva tornare alla vita normale. Ma Pontormo , uomo solitario e tormentato, torna più e più volte nel silenzio dei chiostri. E per la foresteria della Certosa  dipinse nel 1525 questa splendida  Cena in Emmaus .


Jacopo Carucci detto il Pontormo, Cena in Emmaus, 1525,
olio su tela, cm 230 x 173, Galleria degli Uffizi, Firenze
Vediamola nel dettaglio
L'episodio è tratto dal Vangelo di Luca (24,13 -35) : Cristo si rivela a due discepoli in cammino verso Emmaus e costoro, se prima non lo avevano riconosciuto, al desco- allo spezzar del pane - ecco che lo vedono nella sua essenza  
28Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. 29Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro. 30Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. 31Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. 32Ed essi dissero l'un l'altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?». 33Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, 34i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!».

 35Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane. )

Nel dipinto  Pontormo inserisce i personaggi attorno ad un tavolo rotondo : Cristo è al centro, guarda verso di noi ,  benedice il pane. I due discepoli Cleopa e Simone ci volgono le spalle e sono colti uno mentre riempie il calice, l'altro pronto a spezzare il pane. Grazie ai colori cangianti ( come è cambiata la pittura dopo la volta della Sistina !) , alla scelta del tavolo rotondo che dà un senso di compiutezza e intimità  e alle due figure di spalle, anche noi spettatori siamo invitati al desco. In primissimo piano , al centro, compare il cartiglio con la firma dell'artista . Fanno capolino un cane e due gatti , pronti a cogliere il cibo caduto a terra. 

 Qui la luce gioca un ruolo fondamentale. Dietro Cristo tutto è ombra ma basta la benedizione per rivelare la luce vera. E Cristo bagnato di luce  , illumina tutta l'umanità , qui rappresentata dagli altri personaggi , i frati certosini. Le parole del vangelo di Giovanni  "veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo " (1,9) , qui si fanno luce grazie alla magia della pittura.

Si veda il dettaglio del desco 


Pontormo, particolare della Cena in Emmaus

Ombre, luce , trasparenza ... questa capacità di giocare con tenebre e luce era tipica dei dipinti fiamminghi che in quegli anni riportavano al nord Europa e dunque alla Riforma di Martin Lutero.

Ecco perchè Vasari - sempre fedele alla linea dettata dal potere- aborre queste scelte di Jacopo Carucci , che accusa - neanche poi tanto velatamente - di abbracciare l'eresia luterana. 

La similitudine con Durer è lampante 

Si osservi  la xilografia tratta dalla Piccola Passione che Durer aveva  pubblicato nel 1511 , quindi fresca di stampa e che sappiamo Pontormo aveva guardato.


Albrecht Durer , Cena in Emmaus , 1511, xilografia

cm 12,7 x 9,7 , Londra, British Museum

La costruzione scenica è la stessa  e quella luce a stella che notiamo nella xilografia, in Pontormo si trasforma nell'aura divina . Si tenga presente che quell'occhio racchiuso nel triangolo e malamente dipinto, NON è opera di Pontormo ma un'aggiunta successiva . Analisi radiografiche hanno infatti mostrato che sotto l'occhio vi è un volto trifronte rappresentazione della Trinità , vietata dalla Controriforma.

Questo naturalismo che poi ritroveremo in tanti dipinti del nord Italia e che poi porterà alla rivoluzione caravaggesca e alle scene di genere dei Carracci , lo vediamo chiaramente nei volti di tutti i personaggi che fanno contorno a Gesù

Ecco Leonardo Buonafede, vecchio priore della Certosa, raffigurato dal pittore in piedi alla destra di Cristo


Pontormo, in Emmaus , particolare

E gli sguardi degli altri frati , tutti rivolti verso lo spettatore li ritroveremo in quelli drammatici e attoniti della Deposizione di santa Felicita 


Pontormo, Deposizione, 1526-28, tempera su tavola.cm 313 x 192,

Chiesa di santa Felicita , Firenze

La via del Nord  , e non più e non solo della "dolcezza e grazia" era tracciata.

martedì 9 agosto 2022

La luce nella Madonna delle ombre di Beato Angelico

 "Potette essere ricco, e non s ne curò, anzi diceva

la vera ricchezza essere il contentarsi di poco.

Possette comandare a molti e lo schifò, dicendo essere 

men fatica e manco errore ubbidire altrui"

(Giorgio Vasari, Vita di Fra Giovanni da Fiesole)


Beato Angelico, Madonna delle ombre, 1443 ca., affresco. 
cm193 x273,Firenze, Convento di san Marco

Il Convento di san Marco a Firenze- oggi splendido e silenzioso museo - fu edificato in zona centrale di Firenze dal 1436; i frati domenicani di Fiesole ebbero il placet da papa Eugenio IV e il cospicuo finanziamento da Cosimo de' Medici, da poco tornato dall'esilio padovano.
Michelozzo, architetto mediceo, costruì in semplici forme rinascimentali buona parte delle stanze, dalla biblioteca agli spazi di meditazione 

Michelozzo, Biblioteca del Convento di san Marco, terminata nel 1454

E se l'architetto preferito dei Medici è creatore di ampi spazi di preghiera , Angelico è decoratore di questi spazi.
Il programma decorativo ad affresco fu affidato a lui, frate domenicano proprio di quel convento  . Nell'impresa fu aiutato da maestranze che seguirono le indicazioni del frate pittore ,grazie ai disegni preparatori



Beato Angelico, Cristo in croce , inchiostro e 
acquerello su carta, cm. 29,3 x 19,
Vienna Albertina
Ancora oggi in tutto il convento possiamo ammirare la quieta semplicità dell'opera di Angelico, che offre forse le più interessanti novità nel dormitorio al primo piano .
Ogni cella ospita un affresco e i protagonisti sono sempre Cristo e un santo domenicano .
In tutte le  celle dei novizi è raffigurato  Cristo in Croce adorato da san Domenico ; cambiano le posture del santo ad indicare i diversi modi di preghiera 

Beato Angelico e aiuti, Crocifissione, 1442
affresco, cm 340 x 206 prima cella del dormitorio
Firenze, Convento di san marco

Nelle celle dei chierici, ormai giunti alla fine della formazione spirituale, nelle scene tutte della vita di Cristo , i santi domenicani raffigurati meditano quasi passivamente sul significato espresso , sapendo bene che la vita di un domenicano deve essere imitazione di quella di Cristo

Beato Angelico e aiuti, Cristo deriso tra la Madonna e san 

Domenico ,1439, affresco, cm 128 x 104

dormitorio del convento di san Marco, Firenze

Proprio perché le celle sono luogo di meditazione e preghiera, le decorazioni devono essere semplici, evocative , rigorose. 

E qui si nota come Beato angelico sia in bilico tra la grazia compositiva e cromatica della pittura di Gentile da Fabriano, ancora legato al gotico e la forza espressiva e dello spazio delle opere di Masaccio. Del resto lo stesso Vasari ricorda che alla Cappella Brancacci si formarono i pittori della nuova maniera e il primo ad essere menzionato è proprio il frate domenicano.

E l'adesione alla nuova prospettiva masaccesca è tutta da vedere nella Madonna delle ombre.


Beato Angelico, delle ombre, affresco, cm. 193 x 273

Già la  maggior dimensione dell'opera  ci dice che è collocata non in una cella ma nel primo corridoio est, tra le celle 25 e 26, dunque in uno spazio comune
Diverse le novità ( Carlo Bertelli parla di rivoluzione di velluto per la pittura del frate)
Intanto lo spazio architettonico, così semplice e classico da richiamare l'opera di Michelozzo.

Un muro bianco decorato dal lesene  corinzie ospita al centro una nicchia con un catino absidale dorato
In trono, leggermente più grandi rispetto agli otto santi, siedono la Vergine e il bambino.

Corridoio delle celle del dormitorio del convento di san Marco
(in fondo a dx l'affresco in questione)

La luce chiara e radente segue quella reale del corridoio ; è una fonte luminosa collocata a sinistra che  contribuisce al gioco di ombre portate dei capitelli. Ecco spiegato il perché del nome


Beato Angelico, Madonna delle ombre, particolare 
E qui , grazie proprio allo studio prospettico e alla luce, Angelico crea uno spazio reale; non più fondi oro che appiattiscono la composizione, ma luci e ombre che si proiettano anche sui volti dei santi e sulle aureole.
Per raggiungere questo luminismo, il pittore opta per una tecnica a secco, probabilmente osservata dalle opere dei fiamminghi, presenti nutriti a Firenze in quegli anni.

E poi questa è una delle prime sacre conversazioni .
Gli otto santi, simmetricamente quattro a sinistra e altrettanti a destra compiono gesti misurati e si cercano con gli sguardi e coi gesti.
I quattro santi a sinistra sono san Domenico, Cosma e Damiano - protettori dei Medici e san Marco evangelista


Gli altri, a destra sono san Giovanni Evangelista , il santo domenicano Tommaso d'Aquino, san Lorenzo con il suo strumento di martirio, la graticola e san Pietro martire da Verona, anch'egli domenicano e riconoscibile per la ferita sanguinante  sulla testa.
Al centro , amorevole e pensosa, la Madonna volge lo sguardo verso Gesù , vestito di bianco e con in mano un globo 


Qui, nel dipingere le due figure più importanti, Beato Angelico si "dimentica" per un attimo di applicare la prospettiva , invenzione dell'uomo e non degna del tutto di rappresentare la sacralità .

Ma il bambino che benedice e sorride colmo di speranza  a noi, è una delle più gioiose rappresentazioni di Cristo


Scopo di questa arte , di queste opere fruibili- non dimentichiamolo- solo ai confratelli era rasserenare nel silenzio dei chiostri e accompagnare alla preghiera.




lunedì 1 agosto 2022

Evviva la fratellanza ! La tabagie dei fratelli Le Nain


Fratelli Le Nain , La tabagie , 1643, olio su tela

cm.117 x 132, Parigi, Louvre

Tre fratelli pittori , di cui non tanto sappiamo. 

E questo depone a favore della loro fratellanza , del loro lavorare in sintonia e tranquillità.

Tutti e tre originari di Laon , in Piccardia ; tutti e tre  trasferiti a Parigi  nel 1630 (anno più, anno meno)

Il più anziano è Antoine , nato nel 1588 ; segue Louis (1593) e poi Mathieu , nato nel 1607 , colui che - alla morte di entrambi i fratelli nel 1648 erediterà l'atelier.

Nulla sappiamo della loro formazione, se non che  si stabilirono nel quartiere di Saint Germain des prés  a Parigi (ad alta densità artistica)  e frequentarono l'Académie Royale

Poi trovarono un genere che tanto andava di moda in quegli anni : le bambocciate , cioè dipinti nei quali si rappresentavano scene di strada con protagonisti umili personaggi. 

E qui c'è una fratellanza  tra i Le Nain e i Carracci.

I fratelli Agostino e Annibale , insieme al cugino Ludovico fondano a Bologna  nel 1582 l'Accademia dei desiderosi (poi degli Incamminati) e i tre parenti indirizzeranno i futuri pittori alla ricerca del vero attraverso modelli in carne e ossa e sdoganeranno la scena di genere. E- come faranno qualche decennio dopo i Le Nain - lavorano insieme in più occasioni : l'unione non solo fa la forza ma riduce i tempi di consegna delle opere!

Un esempio di scena di genere di Annibale Carracci è La bottega del macellaio  (si veda  il post di agosto 2020 sul blog) 



Annibale Carracci ,La bottega del macellaio , 1585, olio 

su tela , cm. 190 x 272, Oxford , Christ Church

La bottega è descritta minuziosamente , tanto da riuscire a distinguere i tagli di carne, ma il tutto è riveduto e corretto secondo i canoni del bello ; questa la differenza tra il vero caravaggesco e il verosimile carraccesco
E la stessa cosa riusciamo a leggerla nei tanti dipinti dei Le Nain in cui trapela il realismo nordico mescolato però alla " gentilezza italica 

Fratelli Le Nain, Il pasto paesano, 1642, olio su
tela, cm. 97 x 122, Parigi, Louvre

In questa tela, come in tante altre dei Le Nain , gli storici dell'arte francesi hanno voluto ribadire il carattere nordico, fiammingo insomma , dei tre pittori. 
Ma Louis nella sua epoca era chiamato "il romano" perché a Roma soggiornò negli anni Venti del Seicento e sicuramente ebbe la possibilità di vedere le opere dei Carracci ( non solo l'Annibale della Galleria Farnese) e quelle di Caravaggio.

Insieme ad Antoine e al giovane Mathieu , a Parigi portò un genere pittorico che è esattamente a metà strada tra i ritratti collettivi olandesi (vedi le opere di Hals o Rembrandt)


Frans Hals, Banchetto degli ufficiali della milizia civica di san Giorgio
a Harlem, 1616, olio su tela, cm.175 x 324, Harlem, Frans Hals Museum

e scene di genere caravaggesche : si veda I  giocatori di carte dei tre fratelli 

Le Nain, I giocatori di carte, 1635-40 , olio su tela
Aix en Provence, Museo di belle arti

quanto sia debitore del dipinto di Caravaggio

Caravaggio, I bari, 1594, olio su tela, cm.94 x 131 ,
Fort Worth, Kimbell Art Museum

E adesso torniamo alla Tabaccheria.
Siamo in una stanza senza alcuna finestra : le due fonti di luce sono la candela posta al centro del tavolo rotondo e a destra in secondo piano un chiarore dato da un fuoco scoppiettante, curato a vista da un uomo chino di spalle 


Tutta la scena è occupata da sette personaggi.
Sei di questi sono attorno al tavolo ; sulla sinistra in primo piano il giovane ammantato di nero dorme placido e poggia la testa sul piano d'appoggio, altri invece fumano la pipa e guardano verso di noi o conversano col personaggio al loro fianco
 

Le Nain, La tabagie , particolare
E poi, incorniciato da un arco, davanti a una tenda bianca , guarda fisso lo spettatore un giovane di colore, elegantemente vestito e forse servitore di uno dei personaggi raffigurati. 

E poi il tabacco era da poco arrivato dalle Americhe in Europa e qui i Le Nain sfruttano la novità e lo rendono oggetto "alla moda" per i signorotti dell'epoca.

Nulla sappiamo riguardo alle persone qui raffigurate ; non è detto siano ritratti collettivi alla maniera delle opere di Hals o Rembrandt, tanto è vero che la reflettografia a infrarossi ha evidenziato diversi cambiamenti nell'opera. 
Al posto della figura maschile in piedi all'estrema sinistra vi era una figura femminile e sempre questa figura mostra evidenti somiglianze con il san Giovanni della Deposizione di Darmstadt  https://www.hlmd.de/museum/kunst-und-kulturgeschichte/malerei-16-18-jahrhundert.html ( si rimanda alla scheda del museo)
Probabilmente - questa l'ipotesi più accreditata dagli storici dell'arte- l'opera venne iniziata da Louis ma alla sua morte Mathieu ,che eredita l'atelier, l'ha "riveduta e corretta" per farne una scena di genere .Diverse le ridipinture, compreso l'inserimento in basso a destra di una cesta con due bottiglie

Insomma, i tre talentuosi fratelli dimostrano qui di saper cavalcare il genere fiammingo e pure quello italiano (la luce, non c'è nulla da fare, è marchio di fabbrica di Caravaggio ) 
Senza colpi di genio mostrano tutta la loro bravura e si immortalano  in questa tela incompiuta oggi conservata alla National Gallery

 
 Fratelli Le Nain, Tre uomini e un ragazzo, 1647-48,
olio su tela, cm.54 x 64,5, Londra, National Gallery







domenica 26 giugno 2022

I dettagli fan la differenza :Botticelli e la Pala di san Barnaba

 

Sandro Botticelli, Pala di san Barnaba, 1488

tempera su tavola, cm 268 x 288

Firenze , Galleria degli Uffizi


Quale il nesso tra un santo del primo secolo - Barnaba - e la battaglia di Campaldino del  1289 ?

Presto detto : la data

Barnaba è festeggiato l'11 giugno e proprio  in quella data nel 1289 i Guelfi fiorentini sconfissero i Ghibellini di Arezzo e gettarono solide radici per la supremazia su tutta la Toscana.

E proprio in via Guelfa a Firenze la Repubblica fiorentina decise di edificare nel 1309 una chiesa- san Barnaba appunto - che ricordasse la battaglia 

Chiesa di san Barnaba, Firenze

Per  questa chiesa agostiniana , che era spoglia  e ampia, nel 1487 Botticelli fu incaricato dall'Arte dei Medici e degli Speziali di dipingere questa splendida tavola , collocata sull'altare maggiore e oggi conservata agli Uffizi.

A questa data Botticelli aveva già dipinto le sue più celebri allegorie medicee e tante aggraziate Madonne (ognuno si scelga la preferita) 
 Guardiamo un po' più da vicino questa sacra conversazione
Al centro la Vergine e il bambino sono posizionati su un classico trono marmoreo ( Botticelli era da poco tornato da Roma , chiamato da Papa Sisto IV per la decorazione della Sistina
A differenza di altre Madonne botticelliane che abbassano lo sguardo verso il bimbo, questa guarda dritto verso il fedele 



Botticelli, particolare della Pala di san Barnaba


Fanno corona alla Vergine Maria  alla sua destra santa Caterina d'Alessandria , sant'Agostino e san Barnaba; a sinistra san Giovanni Battista, sant'Ignazio e infine un aitante san Michele.
Inoltre quattro angeli volano all'altezza di Maria : due aprono un  ricchissimo tendaggio, altri due
 offrono al bambino gli strumenti del martirio, la corona di spine e i chiodi della croce
Botticelli, Pala di san Barnaba, particolare

Ognuno dei santi è riconoscibile  per gli attributi . 
Santa Caterina ha un'aureola particolare ,che rimanda alla ruota chiodata del suo martirio , sant'Agostino, dottore della Chiesa ha ricche vesti vescovili e redige le Confessioni , san Barnaba -che è tra i primi a seguire Gesù tanto che viene chiamato apostolo - tiene nelle mani il Vangelo  e un ramoscello d'olivo , simbolo di martirio e di pace

Botticelli, di san Barnaba , particolare

Gli altri tre santi completano la composizione
Intanto san Giovanni Battista è la figura posizionata più avanti rispetto a tutto gli altri. E' , non dimentichiamolo , il santo patrono di Firenze.
 Dietro di lui si trova un meditabondo sant'Ignazio vescovo di Antiochia agli inizi del II secolo  ; ultimo ecco un giovane san Michele, capo degli strateghi celesti , con in mano un globo e la lancia.

Botticelli , Pala di san Barnaba, particolare
E poi in basso vi è la predella  oggi mancante di tre pannelli 
Queste le scene a noi rimaste 
La visione di sant'Agostino del fanciullo, episodio sull'impossibilità di scandagliare il mistero trinitario

Botticelli, particolare della predella della  Pala di san Barnaba
cm. 20 x 38
Poi un Cristo in pietà , dalla tipica iconografia fiamminga 


Botticelli, particolare della predella della  Pala di san Barnaba
cm. 21 x 41
E ancora Salomè con la testa del Battista , raffigurata in un paesaggio collinare spezzato da un muro  a mattoni merlato



Botticelli, particolare della predella della  Pala di san Barnaba
cm. 21 x 41
L'ultima rappresenta l'estrazione del cuore di sant'Ignazio, martirizzato sotto Traiano e per questo portato da Antiochia a Roma dove morì sbranato dai leoni nel 107

Botticelli, particolare della predella della  Pala di san Barnaba
cm. 21 x 41


Gli altri pannelli , che a logica  dovevano rappresentare episodi della vita  di Caterina, Barnaba e Michele , probabilmente andarono perduti nell'ammodernamento barocco che la pala subì nel Settecento ; solo dal 1919 l'opera trovò posto agli Uffizi

Torniamo solo un attimo allo sguardo di Maria 


E' uno sguardo intenso e bellissimo , che deve tanto all'immagine che Dante ci dà di Maria.
 Sul gradino del trono sono riportate le famose parole che san Bernardo rivolge alla Madonna 
"Vergine madre, figlia di tuo figlio"
(Paradiso XXXIII, 1)
ma poi alla fine della preghiera  (Par. XXXIII , 40-43) Dante  descrive lo sguardo 
"li occhi da Dio diletti e venerati,
fissi nell'orator, ne dimostraro
quanto i devoti prieghi le son grati"

Botticelli del resto conosceva l'opera di Dante molto bene , viste le illustrazioni per la Commedia che a lui erano state commissionate da Lorenzo di Pierfrancesco de' Medici , dunque ben sapeva che alla battaglia di Campaldino Dante aveva partecipato.
I versi sopra riportati spiegano come la Vergine tenga gli occhi fissi su chi la invoca  e evocano l'altrettanto famosa preghiera con cui si conclude il Canzoniere di Petrarca
Vergine, que' belli occhi
che vide tristi la spietata stampa
ne' dolci membri del tuo caro figlio
volgi al mio dubio stato
che sconsigliato a te ven per consiglio
( Canzoniere CCCLXVI, 22,26)
E non si dica che Botticelli fosse solo il pittore della bellezza ....



sabato 16 aprile 2022

Andrea del Sarto nel nome di Giovanni : dal Battista all'Evangelista

Il patrono di Firenze ? Giovanni Battista

L'altro santo amatissimo nella Firenze rinascimentale? Giovanni Evangelista

C'è un pittore che con grazia e fermezza ha immortalato più e più volte i due santi ed è  "il pittore senza errori", Andrea del Sarto 

Il ciclo più famoso dedicato al Battista è quello al Chiostrino degli Scalzi , in via Larga (l'attuale via Cavour) .

                                                      Chiostrino dello scalzo, Firenze

 Qui in affreschi a monocromo (Vasari dice "in quadri di chiaro e scuro, ciò è di terretta in fresco") si dipana la vita del santo



Andrea del Sarto, Il battesimo delle genti, affresco, 1517, Firenze

Chiostro dello Scalzo

Ma qui vorrei guardare due opere diverse.

La prima in ordine cronologico è la Madonna delle arpie Eccola


Andrea del Sarto, Madonna delle arpie, 1517, olio su tavola, cm 207 x 178,

Firenze, Galleria degli Uffizi


E' una sacra conversazione un po' particolare

Al centro la Madonna e il bambino e ai loro piedi due angeli. Alla destra di Maria san Francesco , alla sinistra san Giovanni evangelista. Tutte le figure sono compresse in uno spazio semplice , uno sfondo quasi neutro. 

L'opera  firmata e datata fu commissionata  da Antonio di Ludovico Sassolini, all'epoca ministro dei Francescani conventuali della Toscana , e avrebbe dovuto essere posta nella chiesa  del convento femminile di san Francesco in via de' Macci.

Nel  contratto siglato col pittore, si chiedeva un'opera dal costo contenuto e al posto di Francesco avrebbe dovuto esserci san Bonaventura. Poi Antonio Sassolini cambia idea.

E il perché è da ricercare nella figura di san Giovanni

Sappiamo che Andrea del Sarto era andato a bottega da Piero di Cosimo, pittore "stravagante" che aveva trovato fortuna presso famiglie antimedicee . Inoltre su Andrea e su molti fiorentini aveva fatto breccia il pensiero di fra' Gerolamo Savonarola e l' Apocalisse aveva avuto rinnovata fortuna.

E allora vediamola questa Madonna dell'Apocalisse.

La Vergine ha abiti dai colori cangianti (ecco Michelangelo ! ) e non solo blu e rossi ma gialli, rosa, un tenue azzurro  per il velo sul capo . E' in piedi su in piedistallo, regge un inquieto Gesù  e guarda verso il basso ,proprio da dove spunta un sottile fumo (il restauro recente ha riportato alla luce quel  fumo di nuvoli trasparenti descritto da Vasari) ; due angioletti si abbarbicano a lei, come per trovare protezione.

Proprio il piedistallo rimanda alle locuste e al pozzo dell'abisso dell' Apocalisse



Andrea del Sarto, Madonna delle arpie, dettaglio

Ecco il passo in questione

Apocalisse capitolo 9

Poi sonò il quinto angelo, e io vidi una stella caduta dal cielo sulla terra; e ad esso fu data la chiave del pozzo dell’abisso.
Ed egli aprì il pozzo dell’abisso; e dal pozzo salì un fumo simile al fumo di una gran fornace; e il sole e l’aria furono oscurati dal fumo del pozzo.
E dal fumo uscirono sulla terra delle locuste; e fu dato loro un potere pari al potere che hanno gli scorpioni della terra.
E fu loro detto di non danneggiare l’erba della terra, né alcuna verdura, né albero alcuno, ma soltanto gli uomini che non aveano il suggello di Dio in fronte.
E fu loro dato, non di ucciderli, ma di tormentarli per cinque mesi; e il tormento che cagionavano era come quello prodotto da uno scorpione quando ferisce un uomo.
E in quei giorni gli uomini cercheranno la morte e non la troveranno, e desidereranno di morire, e la morte fuggirà da loro.
E nella forma le locuste eran simili a cavalli pronti alla guerra; e sulle teste aveano come delle corone simili ad oro e le loro facce eran come facce d’uomini.
E aveano dei capelli come capelli di donne, e i denti eran come denti di leoni.
E aveano degli usberghi come usberghi di ferro; e il rumore delle loro ali era come il rumore di carri, tirati da molti cavalli correnti alla battaglia.
10 E aveano delle code come quelle degli scorpioni, e degli aculei; e nelle code stava il loro potere di danneggiare gli uomini per cinque mesi.
11 E aveano come re sopra di loro l’angelo dell’abisso, il cui nome in ebraico è Abaddon, e in greco Apollion.

Quindi non arpie ma locuste simili a cavalli pronti alla guerra , con code come quelle degli scorpioni, con facce umane e usberghi di ferro.

Solo coloro che avranno il suggello di Dio in fronte saranno preservati. 

Ed ecco il perché della figura di san Francesco. 

Proprio san Bonaventura di Bagnoregio, biografo del santo di Assisi, ci dice che le stimmate di Francesco avevano la forma del tau , il suggello della passione di Cristo. Così Andrea del Sarto inserisce la figura nervosa di Francesco, che repentinamente si torce ( con un girar di pieghe molto ricco e con alcune ammaccature dolci , come scrive Vasari) verso di noi .

E un efebico Giovanni, dall'altra parte (anche qui, che lucentezza nelle vesti ! ) regge  con mani salde proprio l'Apocalisse 



Andrea del Sarto, Studio di mano per san Giovanni, disegno a carboncino, 

cm. 27 x 21 , Firenze, , Uffizi, Gabinetto dei Disegni

Nello studio preparatorio si percepisce tutta la maestria e quel "primato del disegno" che è cardine della nuova Maniera.


E poi, qualche anno dopo, questo piccolo gioiello ...


Andrea del Sarto, San Giovanni Battista, 1523, cm. 94 x 68, olio su tavola, 

Firenze , Palazzo Pitti 

Il piccolo formato ci fa capire che era un'opera "casalinga" e infatti il committente, il banchiere fiorentino Giovanni Benintendi chiese ad Andrea una tavola raffigurante il suo santo omonimo . Avrebbe dovuto essere collocata - insieme ad altre opere-  in una spalliera lignea nell'anticamera del suo palazzo 

"Venne un uomo chiamato da Dio e il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Egli non era la luce, ma doveva render testimonianza alla luce" (Giovanni,1 , 6-8)

San Giovannino, a mezzo busto, emerge dalle tenebre , ha sguardo languido e pensoso e  tiene nella sinistra il cartiglio -allusione alla scritta canonica Ecce agnus Dei- mentre nella destra la ciotola rimanda al battesimo.


Poggiata sulla roccia , che evoca il duro eremitaggio, c'è in equilibrio precario una semplice croce ottenuta con due rametti di canne ; le vesti del giovane santo sono un semplice panno rosso dalle pieghe cartacee e la classica pelle di cammello che copre le nudità.

Ma il vero capolavoro è il volto , in cui Andrea del sarto riesce a sintetizzare i modi dei tre grandi maestri.


La mascella squadrata e la posa di tre quarti : ecco il David di Michelangelo

Lo sfumato - la linea di contorno qui abolita- rimanda a Leonardo.

E la grazia nelle fattezze adolescenziali è quasi copia conforme del San Giovannino di Raffaello


Raffaello Sanzio, San Giovannino, 1518 , olio su tela , cm163 x 147

Firenze, Uffizi

Nell'opera di Raffaello c'è più eleganza nella scelta della pelle di leopardo che cinge il corpo del santo e nella sua posa a chiasmo. Ma lo sguardo corrucciato verrà ripreso proprio da Andrea del Sarto che aggiungerà una malinconia negli occhi così ben studiata da far pensare ad una copia dal vero.

Verranno altri Giovannini - la storia dell'arte ne è piena- ma questo di Andrea  è uno dei più "familiari" e teneri...

venerdì 1 aprile 2022

Gustave Caillebotte . Com'è bella la città, com'è allegra la città

Il vero pittore sarà colui che saprà cogliere il versante epico della vita attuale e farci capire, con il colore e il disegno, come siamo grandi e poetici con le nostre cravatte e i nostri stivali
 
Charles Baudelaire, Dell'erotismo della vita moderna, in Salon 1846 


Gustave Caillebotte, Parigi in un giorno di pioggia, 1877, olio su tela, cm 212 x 276. Chicago Art Institute

Parigi, aprile 1877

In un appartamento di rue Le Peletier si inaugura la terza mostra impressionista ,quella che a volte è chiamata la Esposizione Caillebotte.

Il perché è semplice; questo ricchissimo giovane borghese parigino finanzia in buona parte la mostra e successivamente aiuterà più di una volta l'amico Monet in difficoltà.

In questa mostra Caillebotte espone la sua più grande tela ,oggi conservata all'Art Institute di Chicago .

Siamo non lontano dalla stazione Saint Lazare e non distante dall'abitazione di Caillebotte ; è la Parigi del barone Hausmann  quella che qui - con perizia fotografica- è stata dipinta  e noi spettatori è come se stessimo percorrendo Rue de Turin (completata nel 1869) , dopo aver incrociato Rue de Moscow e Rue de Saint Petersbourg , entrambe recenti creazioni urbanistiche. La scelta dell'artista qui suggerisce la sua passione per gli studi prospettici: prima minuziosamente definisce le architetture , grazie all'uso della fotografia, poi a poco a poco inserisce le figure.

Il dipinto è preceduto da numerosi disegni preparatori e questo denota gli studi accademici e l'adesione al realismo di Caillebotte, che in questo è molto più vicino alla pittura di Degas che non a quella di Monet.


Gustave Caillebotte, Studio per Parigi in un giorno di pioggia, 1877, grafite e

tocchi di carboncino su carta, cm 30 x 45, Chicago Art Institute

Il disegno qui sopra mostra l'attenta definizione spaziale e la linea ad arco al centro corrisponde all'ingombro delle tre figure in primo piano, mentre le linee verticali a cui si attorciglia una spirale, corrispondono all'ingombro degli altri personaggi 


Gustave Caillebotte, studio per la coppia in primo piano, grafite e gesso, cm 47 x 31

collezione privata


Gustave Caillebotte , studio di donna con largo ombrello, 1877, grafite su carta 

cm 47 x 31, collezione privata 

Eccoli i personaggi disegnati in ogni dettaglio , per poi essere inseriti nel contesto urbano


Gustave Caillebotte , Schizzo per Parigi in un giorno di pioggia, 1877,

olio su tela cm.54 x 65, Parigi Museo Marmottan - Monet

Nel piccolo studio qui riprodotto , l'opera comincia a prendere forma .  L'elegante coppia in primo piano viene verso di noi, mentre a destra un uomo di spalle e fotograficamente tagliato si dirige verso rue de Moscow . e qui fa capolino l'altra indiscussa protagonista del dipinto : la luce  (e in questo sì che è degno amico di Monet!)

Deduciamo che stia piovendo - in maniera leggera - perché ognuna delle figure ha un ombrello , ma forse il sole tra le nuvole fa capolino e riflette sul pavé i suoi raggi e crea ombre color grigio e giallo

Gustave Caillebotte, Studio per Parigi in un giorno di pioggia
Proprio come Degas , Caillebotte costruisce minuziosamente la sua opera definitiva: non esiste approssimazione ma studio, tecnica, lavoro. 

Il definitivo eccolo , in tutta la sua luce cangiante



 Caillebotte ha catturato in modo sorprendente la Ville lumière coi nuovi palazzi e giovani borghesi vestiti alla moda . Per molti , questa visione cristallizzata anticipa la Grande Jatte  di Seurat, del 1884. Anche qui la gioia di vivere nella Parigi di fine Ottocento è "congelata" nella luce 


Georges Seurat, Una domenica pomeriggio sull'isola della Grande Jatte, 1884-86, 

olio su tela, cm.207 x 308 , Chicago Art Institute 

Oggi i due capolavori sono entrambi a Chicago, a pochi metri l'uno dall'altro , quasi in una muta conversazione sulla bellezza di Parigi e su una nuova pittura auspicata fin dal 1845 da Baudelaire.


Fotografia del 1892 scattata da Martiale Caillebotte che rappresenta

il fratello Gustave in Place du Carrousel a Parigi