Nello scenografico salone dell'ex Banca Commerciale Italiana, le protagoniste sono le tre Grazie
Esse si mostrano in tutta la loro sensualità e/o alterigia ai visitatori che possono godere - si, proprio godere- la loro bellezza , comodamente seduti in panchine poste ad anfiteatro.
Guardiamole più da vicino
Prima Canova
Antonio Canova, Tre Grazie, tra il 1812 e 1816, marmo
h: cm 182, Ermitage, San Pietroburgo
Il gruppo scultoreo fu commissionato a Canova da Giuseppina de Beauharnais, ex moglie di Napoleone. Nel maggio 1814 Giuseppina morì e non vide quindi l'opera che - terminata nel 1816- fu acquistata dal principe Eugenio, figlio di Giuseppina.
Dopo la disfatta di Napoleone e l'entrata a Parigi dello zar Alessandro I , molte opere in possesso della famiglia Beauharnais furono acquistate dai russi.
E così le Tre Grazie sono a San Pietroburgo .
Piacque così tanto l'opera che quando John Russel, 6° duca di Bedford visitò lo studio romano di Canova nel dicembre 1814 e vide l'opera in fieri, ne volle una anche lui ed è la seconda versione attualmente al Victoria and Albert Museum.
Antonio Canova, Tre Grazie, 1814-1817, marmo senza venature,
Victoria and Albert Museum, Londra
La differenza più evidente è nel basamento : squadrato nell'esemplare dell' Ermitage, cilindrico nell'altro.
Era relativamente facile per Canova replicare un'opera ,visto che nel suo studio conservava i gessi
Il suo metodo?
Prima schizzi
Antonio Canova, Schizzi per Le Grazie, inchiostro su carta, Bassano Musei civici
Poi modellini in terracotta
Penultima fase il modello in gesso a grandezza del definitivo
sul quale Canova inseriva piccoli chiodi di bronzo che segnavano le sporgenze delle statue e quindi erano spie per dove la luce avrebbe dovuto riflettere
Ora Thorvaldsen
Ora Thorvaldsen
Berthel Thorvaldsen, Le tre Grazie e Cupido, marmo, cm.172
1817-1819, Thorvaldsen Museum, Copenaghen
Thorvaldsen e Canova avevano studio a Roma e la rivalità tra i due artisti c'era eccome.
Qui lo scultore danese è come se volesse sfidare il collega ,utilizzando lo stesso soggetto ma inserendo in più il piccolo Cupido con la cetra , forse per bilanciare la composizione che appariva vuota a sinistra.
Anche lui accetta la nuova iconografia scelta da Canova; fino ad allora le tre ancelle di Venere erano rappresentate due rivolte verso lo spettatore e quella centrale di spalle per rappresentare il gesto del saper donare, ricevere e contraccambiare.
Raffaello, Tre Grazie, 1503-4 , olio su tavola, cm.17 x 17
Museo Condé, Chantilly
Le differenze tra le due opere vanno però al di là delle piccole variazioni iconografiche.
E' la luce che è diversa!
Perché la lavorazione del marmo è diversa
Canova conosceva a fondo il materiale e aveva visto i marmi del Partenone . Il biancore "cimiteriale " del marmo di Carrara doveva essere stemperato , per somigliare di più al caldo marmo del Pentelico
Sappiamo che Antonio Canova attenuava il color bianco , cercando di chiudere tutti i pori del marmo, materia più assorbente delle spugne, con strati di cera appena colorata per offrire alla luce una superficie compatta su cui riflettersi.
Se osserviamo da vicino le sue sculture - e la mostra di Milano ce ne dà la possibilità- ci accorgiamo che i corpi sinuosi, le curve , le zone chiare e scure concorrono a rendere caldo il marmo.
E girare intorno alle statue, guardarle dal basso verso l'alto, di scorcio ci permette di capire come possa essere versatile una statua che di per sé noi consideriamo immobile, ieratica.
Così non è in questo caso
Antonio Canova, dettaglio delle Tre Grazie
Il metodo Thorvaldsen è differente.
Egli lasciava la superficie del marmo più ruvida e la luce riflette in modo diverso e trova piccoli cristalli luminosi sui corpi dalle forme più nette e geometriche.
Egli lasciava la superficie del marmo più ruvida e la luce riflette in modo diverso e trova piccoli cristalli luminosi sui corpi dalle forme più nette e geometriche.
Anche qui ci si deve avvicinare alla scultura per godere di questi giochi .
Berthel Thorvaldsen , dettaglio delle Tre Grazie
Qui nessun giudizio, nessuna preferenza tra l'una e l'altra
E poi la percezione dell'opera d'arte cambia in noi a seconda dei nostri umori, della nostra vita in quel momento.....
Francesco Chiarottini, Lo studio di Canova a Roma, disegno a penna acquarellato
grigio e seppia, cm.47 x 62 , 1786, Udine Musei Civici