martedì 7 ottobre 2014

La "Deposizione" di Rogier van der Weiden , ovvero il dramma rappresentato.


Stabat Mater dolorósa
iuxta crucem lacrimósa,
dum pendébat Fílius.

Il commovente dipinto ad olio su tavola  (262 x220 cm.) di Rogier van der Weiden oggi si trova nelle sale fiamminghe del Prado a Madrid.
Ma l'artista di Tournai lo dipinse nel 1430-40 per la chiesa di Notre Dame fuori le mura di Lovanio , esattamente per la cappella sponsorizzata dalla Confraternita dei Balestrieri ( si noti la decorazione a finto intaglio posta a coronamento degli angoli, che riproduce  appunto delle balestre) e piacque così tanto che subito tante furono le copie.
Come mai è al Prado? Gli Asburgo di Spagna dalle Fiandre la portarono in dono a Filippo II , grande estimatore della pittura fiamminga, che la trasferì alla fine del Cinquecento all'Escorial. Poi . come è ovvio,passò alle collezioni del Prado.
E chi era Rogier? Allievo di Robert Campin, il grande iniziatore della pittura di Fiandra, divenne personaggio importante e Bruxelles e compì- era moda!- un viaggio in Italia, entrando in contatto con le corti di Milano, Mantova , Ferrara  e con Gentile da Fabriano e Beat Angelico a Firenze.

Ma qui a me interessa ammirare questo dramma sacro.
Il dipinto oggi è lacunoso: si presenta solo la tavola centrale di un trittico di cui si sono perse le tavole laterali (si richiudevano? chissà..) e raffigura , in uno spazio angusto  dieci personaggi. Nonostante la "scatola" lignea, troppo chiusa e occlusiva- quasi a voler simboleggiare il dolore compresso  che ognuno dei personaggi manifesta-tutta la composizione è regolata da precise regole simmetriche e armoniche.
Le morti e le crocifissioni di solito erano rappresentate in verticale : si veda la coeva "Deposizione" di Beato Angelico per santa Trinita a Firenze e oggi conservata al museo di san Marco 
E invece qui lo spazio innaturale e a fondo oro è sviluppato in orizzontale, quasi a voler dare ancor più enfasi al dolore terreno ; ecco in primo piano le ossa , le pietre ed il teschio di Adamo.
Il ritmo è spezzato da due diagonali date dal terreo corpo di Cristo cui fa da contraltare (passio/compassio) la Madonna svenuta e sorretta da Giovanni , posto all'estrema sinistra a cui risponde dalla parte opposta una pia   donna piangente. 
Tutte le altre figure, Giuseppe d'Arimatea che sorregge dalle ascelle Cristo, le pie donne, gli uomini hanno il compito di scandire lo spazio.
E il dolore , a differenza della pittura più dettagliata e naturale di van Eyck -l'altro vero protagonista della grande stagione quattrocentesca nordica!- qui è reso esplicito.
Le lacrime scorrono vere sui volti ; per la loro realizzazione Rogier ha utilizzato gocce di resina trasparente e lasciate  nel loro spessore:la tavola piange, il dipinto trasuda! 
Mai si era vista una Madonna così pallida e piangente e questo biancore è reso ancor più evidente dall'accostamento di colori complementari  della veste rossa di Giovanni con quella verde della pia donna. Il velo bianco copre a malapena i capelli e una ciocca ambrata fuoriesce dal copricapo mentre gli occhi che immaginiamo amorosi sono quasi "deformati" dalle profonde occhiaie. Si noti anche il particolare della mano sinistra di Maria accostato a quella destra e violata del figlio 
O ancora le labbra semiaperte di Maria Maddalena vestita di verde; è come se i singhiozzi fossero stati così laceranti da togliere il respiro
Le mani espressive, i panneggi cartacei, tutti questi dettagli passano poi a Mantegna. Forse Rogier van der Weiden passato a Mantova, qualcosa deve aver passato alla pittura dura del pittore italiano; la vergine piangente del "Cristo in scurto" eccola qua.
Ma qui il dolore ha cancellato con un colpo di spugna tutta la bellezza!

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