domenica 22 febbraio 2015

Il ritratto romano

Prima o poi questo piccolo sogno di scrivere una storia dell'arte attraverso i ritratti devo realizzarlo.
E molto di questa idea parte da qui, dal ritratto nella Roma repubblicana.

Se il rilievo storico ha radici nell'arte plebea, il ritratto romano è di ambito patrizio (anche se verosimilmente i creatori del ritratto repubblicano furono artisti greci, ormai inseriti, loro malgrado, nella sfera geografica romana)

Intanto c'è da dire una cosa (non l'ho detta io, ma il grande Bianchi Bandinelli) : il ritratto realistico, con caratteristiche fisionomiche puntuali nasce dove la società è fortemente politicizzata.
In Grecia (anche se i ritratti , come le statue, non ci sono più, visto che erano in bronzo) è un genere poco usuale.
In Italia invece già nel IV sec. a.C., questo genere di ritratto si trova.

E partiamo da Polibio.
Lo storico greco giunse quarantenne  a Roma, prigioniero eccellente, nel 166 a.C. e qui rimase 17 anni ; rimase colpito dai costumi romani e il resoconto sulle esequie, lo si riporta qui sotto

"Quando qualche illustre personaggio muore, celebrandosi le esequie, è portato con ogni pompa nel Foro, presso i cosiddetti rostri ed ivi posto quasi sempre dritto e ben visibile, raramente supino.
Mentre tutto il popolo circonda il feretro, il figlio, se ne ha uno maggiorenne e se si trova presente, o in mancanza qualcuno ella famiglia, sale sulla tribuna, rammenta le virtù del morto e le imprese felicemente compiute in vita. Perciò tra la moltitudine non solo coloro che hanno preso parte a quelle imprese, ma anche gli estranei, gli uni richiamando alla memoria e raffigurandosi gli altri il passato del defunto, tutti si commuovono a tal punto che la perdita appare no limitata a coloro che sono in lutto, ma comune a tutto il popolo.
Dopo la laudatio funebris, il morto si seppellisce con gli usuali riti funebri e la sua immagine, chiusa in un reliquiario di legno, viene portata nel luogo più visibile della casa. L'immagine è una maschera di cera che raffigura con notevole fedeltà la fisionomia e il colorito del defunto. In occasione di pubblici sacrifici espongono queste immagini e le onorano con ogni cura; e quando muore qualche illustre parente le portano in processione nei funerali, applicandole a persone che sembrano maggiormente somiglianti agli originali per statura e aspetto esteriore. Costoro, se il morto è stato console o pretore, indossano le toghe  preteste (cioè orlate di porpora), se censore toghe di porpora, e ricamate in oro se ha ottenuto il trionfo o qualche altra onorificenza del genere"
                               Polibio, Storia,1 VI,53

Statua Berberini, I sec. a.C., Roma, Palazzo dei Conservatori

Insomma, il diritto di tenere le immagini (Ius imaginum) nel cortile interno della casa era solo patrizio ed era stimolo per altre più grandi imprese.
Dalle immagini di cera si passa alla riproduzione in marmo delle fattezze del morto in più esemplari, visto che ogni familiare voleva portare con sè l'albero genealogico.

A proposito di questo, sappiamo da testimonianze scritte (Plinio, Nat. hist. XXXV, 6) che le immagini erano conservate in armadietti, ognuna col nome e i titoli del defunto e legate tutte insieme da nastri rossi: ecco l'albero.
 Ecco che la statua Barberini mostra il significato di "casta": il personaggio togato- nel cui volto è leggibile una somiglianza coi due busti- esibisce con orgoglio le immagini di due suoi antenati.
Certo che questo è un ritratto privato, ma non nel senso in cui lo consideriamo noi oggi; ogni romano apparteneva alla famiglia e allo Stato.

Ed ecco che se il ritratto è espressione dell'aristocrazia senatoriale, sarà esaltato nei periodi più conservatori, come il quello di Silla, dopo le grandi paure delle riforme dei Gracchi.

Ritratto di ignoto, 80-70 a.C., marmo,h.31 cm
Osimo,Palazzo comunale
Si veda questo incredibile ed impietoso ritratto; l'uomo, certamente un patrizio romano, vuole mostrare attraverso le rughe profonde, veri e propri solchi che scavano il volto, come  la vita del patriziato romano sia dura e lontana dai piaceri. 
Un ritratto come questo, che enfatizza i "difetti" fisionomici, vuole quasi distaccarsi dalla mondana eleganza ellenistica , per celebrare l'austerità.
Ritratto di ignoto, I metà sec.a.C, marmo,h.35 cm
Roma, Museo Torlonia
Stesso vale per il ritratto qui sopra.

Ma se si è personaggi ricchi e famosi (leggi Cesare e Pompeo) , l'immagine impercettibilmente cambia. 
Ecco qui uno dei ritratti di Cesare
Ritratto di Cesare, metà I sec.a.C., narmo, h.52 cm
Roma, Musei vaticani
Il condottiero è effigiato con uno sguardo penetrante ed assorto, anche se le rughe sono appena accennate ; e , come ci racconta Svetonio Sopportava malissimo il difetto della calvizie per la quale spesso fu offeso e deriso, e per questo si era abituato a tirare giù dalla cima del capo i pochi capelli. 
                                                      (Svetonio, Cesare,44-45)
O Pompeo
Testa di Pompeo, 53 a.C, marmo, h.cm 26
Copenaghen, Ny Carlsberg Glyptothek
Immaginiamo questo ritratto posto in un luogo pubblico (del resto, anche la casa del ricco Pompeo era frequentatissima e pubblico luogo, dunque) ; e allora nel ritratto si riconoscono sì i tratti caratteristici del volto del triumviro, ma si aggiunge anche il vezzo del ciuffo al centro della fronte (l'anastolè di Alessandro di Macedonia !) per rimarcare il carattere vittorioso del personaggio.

Crasso, infine.
Uomo ricchissimo e "duro", viene così raffigurato nella testa del Louvre; non un sorriso, parti in ombra ancor più evidenziate dal plastico chiaroscuro 
Testa di Marco Licinio Crasso, metà I sec.a.C. marmo
Parigi, Museo del Louvre

Poi verranno gli imperatori.
Ma questa, anche se strettamente legata alle teste qui sopra, è altra storia.

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